Riccardo De Vito trasferito

 di Angela Stella Il Riformista 16 novembre 2021

Il dottor Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e ex Presidente di Magistratura Democratica fino a qualche mese fa, è stato trasferito dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari in un altro ufficio del settore civile a  Nuoro. A darne notizia è stata l'Unione Sarda: all'origine di tutto una telefonata intercettata tra lui e un avvocato penalista sotto indagine, con un trojan inoculato nel telefono. Non si conoscono i dettagli della conversazione ma appena il CSM è stato informato del contenuto dell'intercettazione ha disposto il trasferimento per «incompatibilità ambientale» e aperto un procedimento disciplinare nei confronti di De Vito. Come è noto il Tribunale di Sorveglianza di Sassari è competente per le richieste di benefici dei reclusi nel carcere di Bancali, che ospita molti detenuti al 41-bis. Secondo l'Unione Sarda, essendo l'avvocato intercettato legale di alcune persone rinchiuse al carcere duro, probabilmente l'oggetto della chiamata potrebbe riguardare una richiesta di differimento pena o di altri benefici. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Quello che si è appurato fino ad ora è che è stato lo stesso dottor De Vito a richiedere il trasferimento a Nuoro appena interpellato dal Csm.  Ha già dato mandato ad un suo collega che lo assisterà dinanzi alla sezione disciplinare e ha fatto sapere che non ha concesso favoritismi, anzi in passato ha respinto anche delle richieste del legale. Comunque parlerà a tempo debito a Palazzo dei Marescialli. Le persone che lo conoscono si dicono profondamente dispiaciute per lui sul piano umano e professionale e confermano la stima verso di lui. L'associazione radicale Nessuno tocchi Caino «conosce de Vito e gli manifesta piena fiducia e stima.  Ha partecipato al nostro ultimo Congresso nel carcere di Opera a Milano e lo abbiamo invitato anche al prossimo del 17 e 18 dicembre. È un magistrato che rivendica autonomia e indipendenza della magistratura dal potere politico ma non accetta che la giurisdizione si spinga  oltre i suoi confini, sconfinando in ambiti non propri. In uno splendido intervento ha spiegato come "solo un magistrato di sorveglianza vicino ai detenuti può essere in grado di agire come vero mediatore tra il potere che punisce e l'essere umano che cerca di rieducarsi". Insomma un magistrato che se chiamato a decidere la scarcerazione di un boss per motivi di salute non ha dubbi: al cupo e maldicente mormorio delle Erinni preferisce l'ascolto della sua coscienza specchio della legge fondamentale che considera sacro il diritto alla salute di ogni individuo». Quello che viene da pensare, anche se non lo si può dimostrare, è che il dottor De Vito sia stato in qualche modo punito per il modo in cui ha gestito il caso di Pasquale Zagaria. Come vi abbiamo raccontato da queste pagine De Vito l'anno scorso, durante i mesi più difficili della pandemia, ha autorizzato la detenzione domiciliare per motivi di salute a Pasquale Zagaria, fratello del capoclan dei casalesi. Ne sono nate polemiche feroci, soprattutto da parte di alcuni magistrati requirenti antimafia che sono andati in televisione a demonizzare questa scelta che invece era rispettosa dei principi costituzionali. Anzi, come ha stabilito un gip nei mesi successivi, Zagaria ha trascorso in carcere più mesi del dovuto, per un errato calcolo della pena. De Vito inoltre, insieme ad altri colleghi, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti del decreto Bonafede anti-scarcerazioni. Ma Riccardo De Vito è anche colui che, in una delle numerose interviste su questo giornale, ha detto: « Non vi è dubbio che il paradigma culturale del buttare la chiave costituisca la questione da affrontare. [...] Sarebbe importante raccontare come mettere da parte gli strumenti dell’umanità della pena sia il più grande regalo che si possa fare, in termini di consenso, ai sodalizi criminosi. Ad agire così, poi gli si consegna il carcere in mano. Per questo, devo dire, mi ha fatto una certa impressione  sentire autorevoli commentatori dire che “la legge è la legge, ma i mafiosi sono mafiosi”. Lo Stato di Diritto ha una sola parola e una sola legge per tutti, altrimenti si degrada, diventa meno credibile e più aggredibile». A qualcuno non sono piaciute queste parole? 

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