Violenza di genere: scricchiola la norma Cartabia

 di Valentina Stella il Dubbio 5 novembre 2021

La riforma del processo penale di mediazione Cartabia comincia a scricchiolare a pochi giorni dall'entrata in vigore e su un tema di grande rilevanza sociale: la violenza di genere. Vediamo perchè: come noto, l'articolo 2 della riforma è direttamente applicabile, senza il passaggio dei decreti attuativi. Oltre a prevedere il nuovo istituto dell'improcedibilità, interviene anche su altri aspetti, tra cui appunto meccanismi per arginare la violenza contro le donne. Infatti, andando a modificare l'articolo 380 del cpp, introduce l'arresto obbligatorio anche per i reati di «violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dagli articoli 387 -bis , 572 e 612 -bis del codice penale». La norma ha recepito un emendamento dell'onorevole di Italia Viva Lucia Annibali, pensato affinché uomini violenti, stalker, ex mariti e fidanzati possano essere arrestati sul fatto se non rispettano il  divieto di avvicinamento alla vittima. Prima infatti dell'entrata in vigore della nuova normativa, anche se le forze dell'ordine coglievano sul fatto l'uomo che si avvicinava alla vittima, eludendo il divieto, non potevano arrestarlo. Tuttavia, ci spiega la professoressa Antonella Marandola, Ordinaria di Diritto processuale penale all'Università degli studi del Sannio e curatrice insieme al professore Bartolomeo Romano del libro "Codice rosso. Commento alla l. 19 luglio 2019 n. 69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere", «questa norma è irrazionale posto che, ai sensi dell’art. 387 bis c.p.,  chi viola un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, per cui nei confronti dell’arrestato non può essere applicata una  misura coercitiva, ammessa  solo a fronte di una pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione». In pratica, ci sta dicendo la professoressa Marandola, la nuova norma crea un paradosso:  la polizia ha l'obbligo di arrestare l'uomo che si avvicina alla vittima, ma contemporaneamente il P.M. ha l'obbligo di rilasciarlo perché, in base alla vecchia norma ancora vigente,  non può chiedere, e il giudice della convalida applicare, una misura cautelare. «Certo, il vincolo edittale  - prosegue la professoressa Marandola - può essere superato quando ricorre la circostanza aggravante prevista all'art. 61, n. 5 c.p.; ma l’irrazionalità aumenta tenuto conto che per alcuni reati, per i quali è previsto l'arresto facoltativo, quel limite può essere derogato e la  misura cautelare può essere applicata». Come rimediare?  «La ratio dell'emendamento dell'onorevole Annibali ha sicuramente un obiettivo condivisibile, ma il legislatore deve intervenire per sanare questo vulnus. Certamente si potrebbe pensare, come indicato dalla  magistratura, ad un sistema di controllo fondato sul braccialetto elettronico, ma sarebbe necessario il consenso del soggetto e della donna; oppure si potrebbe inserire una deroga espressa per il caso in questione». Le soluzioni legislative, conclude la professoressa Marandola, «richiedono tempo per il doveroso passaggio parlamentare.  Certo è che, ancora una volta, così come accadde con l'introduzione delle condotte riparatorie  che rese necessario uno specifico emendamento, si è intervenuti in maniera frettolosa e frammentaria su un tema che impegna gli organi di pubblica sicurezza e una materia, qual è quella della violenza di genere, che meriterebbe maggiore riflessione,  tenuto conto della pericolosità ed importanza che nella prassi tali fenomeni manifestano e del dispendio dell'attività processuale (udienze di convalida)». «Questa mia iniziativa - ci spiega invece l'onorevole Annibali - è nata dalla necessità di rispondere ad alcune carenze del Codice Rosso, come ulteriore forma di tutela per le donne soprattutto nella fase delle indagini preliminari, come previsto anche da una proposta di legge elaborata in seno alla Commissione sui femminicidi che mette in evidenza come non sia previsto l'arresto in flagranza, anche in deroga ai limiti di pena dell'articolo 380 cpp. L'obiettivo di entrambe le iniziative è proprio quello di derogare alla regola generale prevedendo l'arresto in flagranza». Per le senatrice dem Valeria Valente, presidente della Commissione d'inchiesta sul femminicidio: «purtroppo è mancato il coordinamento tra due norme che rischiano di elidersi a vicenda. Come Commissione lo abbiamo sottolineato all'ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, apprendendo subito della volontà del Governo di rimettere mano alla norma per modificarla in maniera coerente con il sistema. Le strade per risolvere questo mancato raccordo sono diverse: o si aumentano le pene edittali oppure si prevede una esplicita eccezione. Qualunque sia la strada scelta, l'obiettivo è quello di mantenere e rendere efficace la ratio dell'emendamento della collega Annibali, altrimenti si rende vano lo sforzo del legislatore, si mortifica il lavoro delle forze dell'ordine e si mettono in difficoltà i giudici chiamati ad applicare la norma». Quando sarà possibile effettuare la modifica? «Essendo una norma di rango primario va trovata un'altra norma di rango primario all'interno della quale inserirla per apportare la modifica. Quindi credo che l'ufficio legislativo stia semplicemente aspettando il veicolo più opportuno per agire», conclude la senatrice Valente. 

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