Box responsabilità civile magistrati

 di Valentina Stella Il Dubbio 21 giugno 2021

Uno dei quesiti referendari promossi dal Partito Radicale e dalla Lega riguarda la responsabilità civile dei magistrati. La norma vigente prevede che il cittadino danneggiato non può chiamare direttamente in causa il magistrato ma può rivolgersi allo Stato, il quale poi, in caso di esito positivo, si rivarrà in parte sul magistrato. I proponenti invece chiedono l’eliminazione di questa preclusione e la possibilità per il cittadino di chiedere il risarcimento dei danni direttamente al magistrato. «L'obiettivo politico - sostengono i promotori del quesito - è ridurre la specialità della disciplina della responsabilità dei magistrati. Questi ultimi, cioè, dovrebbero avere le stesse responsabilità di qualsiasi pubblico funzionario e non un regime che finisce per essere di privilegio. Contrariamente a quanto previsto dall'art. 28 della Costituzione (I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti) per i magistrati vige un regime di responsabilità esclusivamente indiretta, tranne che il caso di responsabilità da reato. Il cittadino leso, cioè, non può chiamare direttamente in giudizio il magistrato ma può rivolgersi solo allo Stato». Inoltre, i dati sul numero scarsissimo di  processi per responsabilità civile che si sono conclusi positivamente dimostrano quanto sia inefficace la disciplina attuale. Lo ha confermato ultimamente l'onorevole di Azione, Enrico Costa: «dal 2010 al 2021 sono state depositate 544 cause contro lo Stato per responsabilità civile dei magistrati. Su 129 sentenze emesse finora, solo 8 sono di condanna». La responsabilità civile dei magistrati è stata già oggetto di un famoso referendum. Nel 1987, sulla scia del caso Tortora,  Partito Radicale, Partito Socialista e Partito Liberale presentarono la richiesta di tre referendum, tra cui uno appunto per ottenere la responsabilità civile dei magistrati: superò il quorum con il 65% dei voti, l'80% dei quali favorevoli all'estensione anche alle toghe del regime in vigore per gli altri dipendenti pubblici. Tuttavia, l'anno successivo il Parlamento tradì la volontà popolare: fu infatti approvata la legge Vassalli, che introdusse un regime di responsabilità dei magistrati - quello ancora oggi vigente - di tipo indiretto. Nel 2015, poi, fu approvata la proposta di legge a prima firma dell'allora senatore Enrico Buemi, capogruppo Psi in commissione Giustizia a Palazzo Madama, che apportava due novità alla disciplina: eliminazione del filtro di ammissibilità dei ricorsi – il cui inserimento, all’ultimo momento, – aveva impedito la piena applicazione della legge Vassalli – e puntualizzazione della definizione della colpa grave di cui il magistrato può esser chiamato a rispondere. Sul tema è intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza n.18/1989 per cui non sarebbe ammissibile la proposta di abrogare l'articolo 2, comma 2 della legge Vassalli, limitatamente alle parole «non può far luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove». Però La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sintetizzando e sviluppando un orientamento giurisprudenziale avviato a partire da una  sentenza del 2003, ha affermato nel 2011 il principio secondo cui la normativa nazionale non può escludere la responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli quando si ravvisasse una violazione manifesta del diritto che «risulti da un’attività di interpretazione di norme di diritto ovvero di valutazione dei fatti e delle prove».

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