Il gip: nelle celle 'una orribile mattanza'

 di Angela Stella Il Riformista 29 giugno 2021


Torture pluriaggravate, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio:  questi i reati dei quali a vario titolo dovranno rispondere i 52 destinatari dell'ordinanza emessa ieri dal gip di Santa Maria Capua Vetere nell'ambito dell'inchiesta della Procura sammaritana sulle violenze subìte da numerosi detenuti nel carcere campano ad aprile 2020. «Ferma restando la presunzione di innocenza degli indagati fino ad una sentenza irrevocabile di condanna», si legge in un comunicato della procura, sono state disposte: 8 misure cautelari in carcere, 18 agli arresti domiciliari, 3 con obbligo di firma, e 23 interdittive della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio,tra cui quella per il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone. Le indagini, originate dal un esposto del Garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello, riguardano gli eventi del 6 aprile dello scorso anno, successivi a delle manifestazioni di protesta del 9 marzo e del 5 aprile di alcuni reclusi sia per la limitazione dei colloqui sia per la paura del contagio da covid 19 conseguentemente alla positività di un detenuto. Seppur tutto fosse rientrato, il 6 aprile veniva organizzata «una perquisizione straordinaria, generalizzata, nei confronti della quasi totalità dei detenuti ristretti nel reparto Nilo» e condotta da circa 283 unità appartenenti al carcere e al 'Gruppo di supporto agli interventi', istituito alle dipendenze del Provveditore regionale per la Campania. «Nonostante un tentativo di ritardare o impedire l'acquisizione delle immagini» l'11 aprile l'impianto di videosorveglianza del carcere viene sequestrato e si scopre che quel giorno è avvenuto, come ha scritto il gip nell'ordinanza, «uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni di detenuti in uno dei più importanti penitenziari della Campania», «una orribile mattanza». La perquisizione, spiega la Procura, «risultava di fatto eseguita senza alcuna intenzione di ricercare strumenti atti all'offesa ovvero altri oggetti non detenibili, ma, per la quasi totalità dei casi, le immagini della videosorveglianza rendevano una realtà caratterizzata dalla consumazione massificata di condotte violente, degradanti ed inumane, contrarie alla dignità ed al pudore delle persone recluse». In particolare «emergeva che gli sfollagenti erano stati usati sistematicamente per percuotere un numero considerevole di detenuti» con violenza e in varie parti del corpo. Addirittura «il personale di Polizia penitenziaria aveva formato un 'corridoio umano' al cui interno erano costretti a transitare indistintamente tutti i detenuti dei singoli reparti, ai quali venivano inflitti un numero impressionante di calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello». Inoltre «gli agenti costringevano i detenuti ad un prolungato inginocchiamento sotto i loro ripetuti colpi. In alcuni casi poi le plurime percosse inflitte ai detenuti si sono trasformate in prolungati pestaggi». Anche un detenuto sulla sedia a rotelle è stato preso a manganellate. I carcerieri così comunicavano in chat prima e dopo i terribili fatti: «Apposto domani chiave e piccone in mano, li abbattiamo come vitelli - Ok domate il bestiame - Spero che pigliano tante di quelle mazzate - Ke spettacolo - Aho ci siamo rifatti, 350 passati e ripassati». Dalle indagini è emerso anche che a tutti i detenuti del reparto Nilo «è stato impedito il ricorso alle cure mediche e terapie» ed inoltre, per occultare le violenze, «era stata illecitamente impedita ogni forma di comunicazione con l'esterno». In quadro si completa con la redazione di false informative di reato nei confronti di 14 detenuti per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, una pluralità di condotte di falsificazione e depistaggio volte a simulare il rinvenimento di strumenti atti ad offendere, alterazioni di immagini e video. Numerose le reazioni.  Il ministero della Giustizia ha fatto sapere di seguire con «preoccupazione gli sviluppi dell'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, che ha portato a numerose misure cautelari. La ministra, Marta Cartabia, e i vertici del Dap rinnovano la fiducia nel corpo della polizia penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati». Per Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, «se le proporzioni fossero davvero quelle che sembrano emergere, quanto accaduto confermerebbe che il sistema complessivo non funziona, che l’esecuzione carceraria va reingegnerizzata e che l’Amministrazione penitenziaria va rifondata». Matteo Salvini ha annunciato invece che giovedì sarà a Santa Maria Capua Vetere «per portare la solidarietà, mia, della Lega e di milioni di italiani, a donne e uomini della Polizia Penitenziaria». Stesso parere Giorgia Meloni: «Fratelli d'Italia ha piena fiducia nella Polizia Penitenziaria, negli agenti e nei funzionari del Dap intervenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per reprimere la gravissima rivolta organizzata dai detenuti durante il lockdown». Per il deputato Pd Walter Verini, «è interesse del sistema carcerario e della stessa Polizia Penitenziaria che sia fatta piena luce». Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone: « nei giorni immediatamente successivi, ricevemmo diverse lettere e telefonate da detenuti e famigliari dove si denunciava quello che, dal racconto, sembrò essere una vera e propria rappresaglia contro i detenuti che avevano partecipato alle proteste - ormai spente - nei giorni precedenti».  Per Riccardo Polidoro, co-responsabile Osservatorio Carcere Unione Camere Penali «come sempre rispettiamo il principio d'innocenza. C'è da dire che il comunicato stampa della Procura è agghiacciante. Direi di far lavorare i Giudici con serenità». Maurizio Turco e Irene Testa, segretario e tesoriere del Partito Radicale: « Non cadremo nell'errore di partecipare al gioco tra giustizialisti e garantisti, restiamo quelli del diritto e della giustizia. Dalla parte degli agenti e dei detenuti. Riconoscendo coloro che fanno il loro dovere dagli altri che lo tradiscono».


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