Magistratura compatta contro Davigo

 Angela Stella UNità 15 dicembre 2023

 

Magistratura compatta contro le dichiarazioni dell’ex toga di Mani Pulite Piercamillo Davigo in merito ai suicidi di indagati e detenuti. Ospite del podcast di Fedez, parlando della stagione di Tangentopoli, alla domanda del conduttore su come si fosse sentito quando alcuni indagati si tolsero la vita ha risposto: “Purtroppo, per quanto sia crudo quel che sto dicendo, in questo mestiere capita che gli imputati si suicidino”. L'ex magistrato del Pool poi aveva aggiunto: “Lo so che è una cosa spiacevole quella che sto per dire, ma è la verità: le conseguenze dei delitti ricadono su quelli che li commettono, non su coloro che li scoprono e li reprimono”. Al termine, quando gli viene chiesto se gli fosse dispiaciuto quando qualcuno dei suoi indagati, ad esempio Raul Gardini, si tolse la vita, l’ex pm ha replicato: “Ma certo che dispiace» però «prima di tutto, se uno decide di suicidarsi lo perdi come possibile fonte di informazioni”. Abbiamo raccolto il commento di Giuseppe Santalucia, Presidente dell’Anm: “L’ex collega Davigo parla a titolo personale e le sue opinioni non possono essere confuse con le idee della magistratura italiana. La magistratura e l’ANM hanno con piena convinzione radicata l’idea della centralità dei valori della persona, della vita umana sia nell’accertamento penale che durante l’esecuzione della pena. Per noi il suicidio in carcere rappresenta un dramma collettivo, che non ci può lasciare indifferenti, interroga tutti, a partire da noi magistrati. Quindi prendo le distanze dalla prospettiva di Davigo. Quello che ha detto Davigo è a noi estraneo e preciso che non è la posizione della magistratura italiana che è fortemente convinta della centralità dei valori della persona, perché crediamo nella Costituzione che tutela la vita e la dignità umana. Si figuri se la magistratura può accettare la compressione di questi valori assoluti”. Guardando ai dati degli ultimi 10 anni, si sono verificati 589 suicidi, di cui 210 in attesa di primo giudizio. Al 30 novembre 2023, secondo i dati del Ministero della Giustizia, in carcere ci sono 9486 reclusi in attesa di primo giudizio e 6.343 condannati non definitivi. Questo dovrebbe interrogare sull’uso della custodia cautelare: “ la custodia cautelare è una disciplina di stretta interpretazione – sostiene ancora il vertice dell’Anm -, non riesco a ragionare in termini di eccessività o meno perché bisognerebbe avere a disposizione molti altri dati, anche sulle posizioni singole dei detenuti. Comunque c’è piena consapevolezza che la misura cautelare va utilizzata come extrema ratio: per questo i processi si stanno accelerando, questo è quello che posso dire dati statistici alla mano. Lo sforzo per una abbreviazione dei tempi di giudizio c’è. Dopo di che è chiaro che la pena va scontata dopo e le misure cautelari non rispondono a questo tipo di finalità. Devono essere contenute”. Anche per Maria Rosaria Savaglio, Segretario nazionale Unicost, “le dichiarazioni di Davigo sul tema dei suicidi in carcere sono da intendersi come rilasciate a titolo personale e non possono essere riferite alla collettività dei magistrati. Ogni suicidio in carcere è una sconfitta per lo Stato e i dati sono allarmanti, richiedono una riflessione seria e l'adozione di misure di contrasto.  La questione non si può liquidare certo con una battuta”. Sulla stessa scia, Giovanni Zaccaro, Segretario di AreaDg: “I suicidi sono sempre un dramma, se avvengono in carcere sono una vergogna nazionale”. Idem Andrea Natale, dell’esecutivo di Magistratura Democratica: “trovo davvero molto gravi le parole di Davigo, sotto diversi profili. Anzitutto, viene in rilievo un profilo umano: colpisce la difficoltà a vedere il dramma che investe la persona che decide di togliersi la vita.  Le trovo poi gravi sotto un altro profilo: dire che il suicidio è un danno per le indagini, ‘perché si perde una fonte di informazioni’ è un’affermazione che, forse volendo sembrare arguta, si pone in contraddizione con elementari principi di cultura giuridica e con il principio personalistico chiaramente scritto nella nostra Costituzione. La persona umana non è semplice ‘mezzo’; la persona umana è, kantianamente, fine in sé. Se è tollerabile per l’ordinamento che si privi qualcuno della libertà personale, ciò deve avvenire per tutelare esigenze cautelari o per eseguire una pena (che deve essere volta al reinserimento sociale, oltre che alla retribuzione); non per usare quella persona come strumento volto ad altri fini (ossia come fonte di informazioni per le indagini). Le dichiarazioni di Davigo sembrano dire l’esatto contrario e alimentano la sfiducia verso la giurisdizione. Battuta arguta? O pessimi risultati di una battuta che non fa ridere? Ascoltando Davigo mi ha colpito anche un’altra cosa. Ha affermato che ‘purtroppo la mortalità nelle carceri per suicidio è più alta che fuori dalle carceri’. Un’affermazione tragicamente vera, come dimostrano alcuni studi statistici. Di fronte ad un dato simile, gli attori istituzionali non possono limitarsi a prendere atto del dato statistico, accettandolo come una tragica fatalità. Io credo che sia responsabilità delle istituzioni (anche di quelle giudiziarie) cercare di incidere su quei fattori che, statisticamente, rendono più probabile che una persona decida di togliersi la vita”. Bocciatura anche da parte di Angelo Piraino, Segretario di Magistratura Indipendente: “Un anziano e autorevole magistrato che ho incontrato agli inizi della mia carriera mi insegnò che per fare bene questo mestiere bisognava prima aver sperimentato per sei mesi il lavoro dell’avvocato e per un paio settimane il carcere, per comprendere appieno le conseguenze delle nostre decisioni. Mi riconosco in questo modello di magistrato, non in quello rappresentato dal dr. Davigo, e come me penso la quasi totalità dei magistrati italiani”. 

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