Caro Gramellini il diritto di difesa esiste ancora

 Valentina Stella Dubbio 19 dicembre 2023

Ci risiamo: caso di presunta violenza sessuale, a difendere uno degli imputati c’è un avvocato donna, la vittima viene definita ‘presunta vittima’ e la tempesta mediatica e social perfetta è servita. Questa volta a finire nel mirino è Antonella Cuccureddu che difende in aula a Tempio Pausania Francesco Corsiglia, accusato insieme a Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una studentessa italo norvegese. La legale è diventata oggetto di pesanti minacce da parte di odiatori social ed è stata bersagliata da Massimo Gramellini sia sul Corriere della Sera con un articolo dal titolo “Perché non ha urlato?” che nella sua trasmissione su La7. « Voglio illudermi – ha scritto il giornalista -  che si possa raggiungere lo scopo di sondare la sincerità di una persona in un processo per stupro senza essere costretti a chiederle le cose che l'avvocata ha chiesto a quella ragazza: come mai non avesse urlato e usato i denti, come avessero fatto a toglierle gli slip, e perché non fosse lubrificata. Esisteranno parole e toni meno diretti, cioè più rispettosi di chi è comunque reduce da un trauma?» E ancora: «L'avvocata penserà che per vincere una causa sia tutto lecito, ma forse non si è accorta che il mondo fuori dai tribunali sta finalmente cambiando e potrebbero essere proprio quelle domande a fargliela perdere». Proviamo a rispondere per semplici punti a Gramellini. Primo: i difensori degli imputati, compresa l’avvocato Cuccureddu, diversi giorni prima dell’udienza fissata per l’esame della persona offesa hanno manifestato a tutte le altri parti del processo la disponibilità alla acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dalla ragazza nel corso delle indagini preliminari, evitandole la deposizione in udienza. Tale condizione si sarebbe potuta realizzare solo con il consenso di tutte le parti. Se fossero state necessarie pochissime domande residuali o del pm, o dei difensori, o delle parti civili o del tribunale, sarebbero state poste alla ragazza. Questa richiesta viene ribadita anche al termine dell’esame della ragazza, prima di un possibile controesame. Però, è stato il pm a dichiarare che «in un processo dove l’oralità dovrebbe prevalere su tutto, anche per dare la possibilità al Tribunale stesso di sentire con la viva voce la versione della parte offesa, ritengo sia necessario sentirla nel contraddittorio delle parti». Idem l’avvocato della ragazza, Giulia Bongiorno: «credo che l’unica sede dove si debba parlare è l’Aula di Tribunale. La nostra assistita ha fatto una denuncia, è assolutamente a disposizione del tribunale». La stessa parte offesa ha dichiarato: «ho aspettato quattro anni per dire qualcosa e sinceramente vengo qui a raccontare la mia storia». Altresì il presidente del collegio: «io instaurerei il contraddittorio». Secondo: sulle domande che hanno fatto scandalo, le stesse sono state inizialmente poste sia dai carabinieri che dai pm. Persino l’avvocato Bongiorno chiede alla sua assistita: « Lei era lubrifica?». «No». «Lui ha eiaculato?». «No». «Lei perché non urlava?». «Non mi usciva proprio la voce». Quindi Gramellini voleva criticare anche la Bongiorno e ha avuto una dimenticanza mentre scriveva il suo editoriale? Terzo: L’avvocato Cuccureddu è tornata sugli stessi argomenti e posto successivamente quelle medesime domande in relazione a divergenze tra le dichiarazioni rese in indagine e l'esame diretto in dibattimento. L’obiettivo del difensore in controesame è quello di far emergere o tentare di far emergere con le contestazioni queste divergenze. Che sarebbero effettivamente emerse. Lo prevede, se Gramellini non lo sapesse, il codice di rito che dà all’avvocato il diritto-dovere di testare la credibilità della parte offesa. Quarto: ricordiamo a Gramellini che non è “il mondo fuori dai tribunali” ad emettere la sentenza, ma un collegio di magistrati  - in questo caso un presidente e due giudici a latere –:  sono lì appositamente per valutare le circostanze. Se no, ci dica Gramellini, che possiamo fare a meno del giudice. «E, al suo posto, metterci un juke-box», come disse ironicamente, ma non tanto, un giudice che diede ‘solo’ 30 anni ad un femminicida e non l’ergastolo, scatenando le solite polemiche. Sulla vicenda si sono espressi compatti i presidenti dei Coa della Sardegna: « ciò non è degno di un paese civile, nel quale il processo penale rimane, innanzitutto, il luogo di protezione di un accusato, presunto innocente, dal rischio di errori giudiziari, e non il luogo in cui celebrare un rito di afflizione degli imputati e di conforto per le presunte vittime; gli accusati e i loro difensori devono avere il diritto, riconosciuto dalla Costituzione e dalla legge e disciplinato in udienza dal giudice, di condurre il controesame nel modo che ritengono più utile per la difesa; le presunte vittime devono avere il diritto di essere protette e tutelate nei luoghi e nelle forme a ciò destinati, senza la trasformazione del processo penale in improprio strumento di tutela e di contrasto ai fenomeni; i giudici devono essere rispettati quando ammettono, consentono ovvero propongono direttamente domande che, per quanto poco piacevoli, sono ritenute necessarie per l’accertamento della verità». Critiche anche dal Consiglio Direttivo della Camera Penale di Torino in particolare su Gramellini: « Affermare come si legge nel pezzo intitolato “Perché non ha urlato?” che il difensore di uno degli avvocati avrebbe fatto alcune domande alla persona offesa pensando che per vincere una causa tutto sia lecito, come se le domande poste fossero “grossolane stonature” figlie del “cinismo” degli avvocati, significa non aver ben chiaro a che cosa serva un processo, quali siano le sue regole e quale sia l’essenza del diritto di difesa, pilastro inamovibile di ogni Stato liberale». Infine abbiamo raccolto il commento di Giovanna Ollà, Segretario del Cnf: «inevitabilmente in un processo penale dibattimentale viene fatta una rievocazione dei fatti. E chi la fa per prima è il pm per forza di cose. Quindi che l’avvocato in controesame faccia delle domande su quei fatti che devono essere oggetto di ricostruzione è fisiologico. Le domande poste dal difensore, oggetto di critiche pubbliche, ricordiamo che sono state rese ammissibili dal giudice che fa da filtro. Infine per me è assurdo che si contrapponga la giusta tutela dell’integrità della persona offesa con la tutela altrettanto giusta del diritto di difesa e delle sue prerogative»

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