Intervista a Beniamino Migliucci

 Valentina Stella Dubbio 7 dicembre 2023

Come si lega il processo di Bibbiano alla necessità di approvare la riforma della separazione delle carriere? E davvero dobbiamo credere alle parole del Ministro Nordio che la posticipa in primavera? Ne parliamo con l’avvocato Beniamino Migliucci, già presidente dell’Unione Camere Penali.

«Che giornali legge? Legge il Dubbio? Glielo ha mandato qualcuno?». Queste domande non sono parte di un sondaggio: sono state poste in un’aula di Tribunale, a Reggio Emilia, ai testi dell’accusa dal pubblico ministero del processo Angeli&Demoni. La sensazione è che si stesse stigmatizzando il nostro giornale che sta dando spazio anche alla difesa per riequilibrare la narrazione sbilanciata tutta sulla procura.

L’aspetto positivo della vicenda è che il pm legge il Dubbio e se lo leggessero molti magistrati le cose andrebbero meglio. La domanda del pm rivela un pregiudizio: non ho mai sentito chiedere ad un teste se legge Il Fatto Quotidiano o se guarda trasmissioni televisive come Quarto Grado o che hanno un approccio colpevolista, che costituiscono poi la maggior parte di quello che viene offerto all’opinione pubblica.

Il giudice non ha fatto una piega quando il pm ha posto questa domanda. Invece, in generale, nei contro-interrogatori la difesa è spesso penalizzata. Nel nostro Paese non si può fare una vera cross-examination.

Partendo dal presupposto che non si può generalizzare, si può comunque senz’altro affermare che la parità delle parti non è stata raggiunta. Spesso le domande suggestive o addirittura nocive del pubblico ministero vengono tollerate dal giudice, mentre quelle della difesa vengono puntigliosamente verificate. Al pm è consentito di spaziare pure su temi che non sono esattamente pertinenti, mentre la difesa viene più volte richiamata. È vero altresì che talvolta pure i difensori non effettuano le dovute opposizioni allo strabordare dell’accusa, tuttavia è giusto ricordare che è il giudice che dovrebbe far rispettare le regole dell’esame e del contro-esame. Questo non sempre avviene e si avverte uno squilibrio a favore del pm. Il tema di fondo è sempre quello che nei confronti delle prove della difesa c’è una certa diffidenza che non si registra nei confronti di quelle dell’accusa. E questo si ravvisa anche in quella che dovrebbe essere, ma spesso non lo è, una cross-examination.

Servirebbe la separazione delle carriere per risolvere anche questa criticità?

Certo, perché consentirebbe di pervenire davvero ad una effettiva parità delle parti, che può essere realmente garantita mediante la terzietà del giudice. Non c’è un’altra riforma che possa portare a questo risultato.

Il pm Eugenio Albamonte al convegno della Camera Penale di Palermo sul tema ha fatto notare che il Governo usa la separazione delle carriere come una clava da agitare quando i magistrati prendono decisioni invise alla maggioranza: «per chi come voi  - ha detto rivolto all’Ucpi - fa una battaglia sul tema della separazione delle carriere, c'è un rischio di forte di banalizzazione da parte di queste letture strumentali, io al posto vostro ogni tanto mi alzerei e direi “Non in mio nome”, non è questa la separazione delle carriere che voglio»Condivide?

Eugenio è un amico, ma ormai la magistratura non ha più alcuna obiezione ragionevolmente spendibile per opporsi alla separazione delle carriere. È e dovrebbe essere naturale che il giudice sia distinto da chi accusa e da chi difende. Per quanto riguarda in particolare quanto detto da Eugenio, l’Ucpi ha fatto la raccolta delle firme per la pdl di iniziativa popolare senza nessun cappello politico, proprio per evitare che qualcuno potesse strumentalizzarla. Quindi il suo invito non coglie nel segno. Diciamo, invece, che la separazione delle carriere non deve essere fatta nel nome di nessuno se non nell’interesse dei cittadini e di un processo giusto.

Che ne pensa del fatto che il Ministro Nordio abbia rimandato alla primavera prossima la presentazione di un ddl costituzionale sulla separazione delle carriere? Teme che sia un modo per tenere buoni i sostenitori ma che alla fine non se ne farà nulla?

La politica ha i suoi tempi. Io allo stato non ho ragioni per diffidare. Rilevo che era nel programma di maggioranza: credo che gli impegni elettorali come tutti gli impegni che si prendono debbano essere rispettati. E quando un impegno elettorale corrisponde anche ad uno morale, penso che debba essere ancor di più mantenuto. Mi auguro che lo sia. Poi a Palermo ho incontrato anche il vice ministro Sisto che mi ha ribadito che desiderano andare avanti.

Che giudizio dà di questo anno di Governo in materia di giustizia? A sintetizzare c’è l’abuso del diritto penale e piena indifferenza sul tema carcerario. Nessuna riforma annunciata è stata ancora approvata. Voi avvocati siete delusi?

Possiamo dire senz’altro che non siamo soddisfatti. Per quanto riguarda l’abuso del diritto penale e l’emanazione dei decreti sicurezza si tratta di una patologia equamente distribuibile tra sinistra e destra, guardando anche al passato. Adesso registro che l’Ucpi insieme al Consiglio Nazionale Forense ha ottenuto un ottimo risultato nel prorogare i termini del processo telematico di un anno. Mi è stato detto che si sta cercando pure di ottenere anche la modifica delle norme che rendono inammissibili gli appelli per inguardabili quanto ingiustificabili ragioni formali: se il Governo accogliesse queste istanze sarebbe un passo avanti. In merito all’indifferenza sul carcere, è un male comune che riguarda la politica in generale: io rammento ancora il tradimento degli Stati generali dell’Esecuzione penale. E in più la tensione della sentenza Torreggiani credo sia svanita, senza comprendere che la civiltà di un Paese passa soprattutto per il rispetto della dignità delle persone, a partire da quelle in custodia dello Stato.  


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