Intervista a Roberto Giachetti

 Valentina Stella Dubbio 21 dicembre 2023

 

Alle 18:09 di due giorni fa arriva nella casella di posta di noi giornalisti un comunicato della Corte Costituzionale in merito alle dichiarazioni rese dall’ex vice presidente della Consulta Nicolò Zanon il quale ha rivelato che la sentenza su Cosimo Maria Ferri fu pronunciata “rovesciando” la Costituzione per evitare di sconfessare la Cassazione e la sezione disciplinare del Csm sulla notte dell'Hotel Champagne. Solo da pochi minuti alla Camera era iniziato il dibattito sull’autorizzazione (poi negata per la seconda volta) all’utilizzo o meno delle intercettazioni proprio contro Ferri. Aveva da poco terminato il suo intervento l’onorevole di Italia Viva Roberto Giachetti che aveva richiamato l’attenzione dei colleghi, sottolineando la posta in gioco: la democrazia del Paese. Pura coincidenza? Ne parliamo proprio con il parlamentare renziano.

Onorevole, un comunicato ad orologeria?

Non so se sia ad orologeria ma la trovo una straordinaria coincidenza. Le dichiarazioni di Zanon sono ormai di una settimana fa e la Corte non ha sentito l’esigenza di dire nulla. Intervengo io in Aula («C’è un convitato di pietra in questo dibattito» ovvero «l’organo massimo di garanzia anche rispetto agli equilibri tra i poteri dello Stato», ndr) e pochi minuti dopo arriva il comunicato della Consulta che presumo era pronto per l’eventuale occasione perché una nota del genere non si improvvisa. Evidentemente speravano che la questione rimanesse circoscritta e non arrivasse nell’Aula della Camera dei deputati. Poi registro che oggi (ieri, ndr) tutti i giornali hanno dato spazio alla replica della Corte ma nessuno, tranne il Dubbio all’inizio, ha dato risalto alle parole di Zanon il giorno del dibattito a Milano.

Nel merito del comunicato cosa può dirci?

Non è una smentita né di quello che io ho rilevato né delle parole di Zanon. Nessuno ha parlato di pressioni all’interno della Corte. Casomai quel comunicato serve a smentire i commenti fatti alle dichiarazioni dell’ex vice presidente.

Lei in Aula ha parlato di pericolo per la democrazia. Ci spiega meglio?

Zanon ha parlato di rovesciamento della Costituzione per una preoccupazione di risultato. Questo, peraltro, fa seguito a un’anomalia che già si era manifestata, cioè il fatto che il giudice Modugno, giudice della Corte costituzionale che doveva essere il relatore, non scrisse la sentenza che fu una sentenza, come è a tutti noto, presa a maggioranza. Se l’organo di suprema garanzia del nostro Paese piega le sue decisioni alla logica del risultato è un problema per la democrazia. A maggior ragione se stiamo parlando di un tema di straordinaria rilevanza rispetto all’equilibrio tra i poteri come quello delle intercettazioni.

Lei ha anche detto “Qualcuno forse si potrebbe anche interrogare, per esempio, su altre decisioni prese dalla Corte costituzionale” tipo quelle sui referendum e chiedersi se “siano state prese con la stessa logica”. All'epoca Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, parlò di decisione politica in merito a quello sul fine vita e ci fu un duro scontro a distanza con l'ex presidente della Corte Amato. Cosa può dirci su questo?

Io dissi la stessa cosa di Cappato. Se esiste un problema di logica di risultato come posso pensare che la decisione sulla inammissibilità di determinati quesiti referendari, in particolare su uno in contraddizione con la decisione di ammissibilità dello stesso negli anni precedenti, non sia stata frutto di una scelta politica o di una questione di opportunità? Se fosse stato ammesso il quesito sulla separazione delle funzioni e fosse passato avrebbe dato un forte segnale alla magistratura.

Ricordiamo che furono bocciati i referendum che avrebbero fatto raggiungere il quorum.

Io sono radicale e non scordo quanto disse Marco Pannella, ad esempio, in merito alla bocciatura sulla consultazione popolare sulla legge elettorale. Disse che “La Corte si è mossa come una grande cupola di mafiosità partitocratica. È soltanto una sentenza politica”. Nel caso di Ferri però non siamo in presenza di una semplificazione fatta da me o Pannella, siamo dinanzi a delle dichiarazioni pesanti di Zanon.

Il neo presidente della Consulta Barbera ha detto a proposito dei giudici eletti dal Parlamento che non portano all'interno della Corte lo stigma di appartenenza politica di chi li ha fatti eleggere. Lei condivide o pensa che la Corte non sia solo un organo tecnico?

Ho sempre voluto credere e voglio continuare a credere che al di là della loro nomina quando i giudici costituzionali entrano in quel luogo sacro si spoglino delle loro appartenenze. Dopo di che non siamo ingenui: sappiamo che nelle decisioni della Consulta inevitabilmente incide anche il clima politico e sociale. Pensiamo solo alle contraddittorietà delle decisioni della Corte Costituzionale rispetto alle leggi elettorali.  

Una corrente culturale all’interno della Corte si ritiene contraria alla dissenting opinion perché occorre far prevalere all’esterno la logica della collegialità della decisione. Eppure spesso filtrano indiscrezioni sulla contrarietà di alcuni giudici rispetto a delle decisioni. Non sarebbe arrivato il momento di introdurre l’opinione dissenziente per avere maggiore trasparenza?

Tipico di questo Paese: c’è una regola ma la si disattende. Per come la penso io, sapere cosa è successo all’interno della Camera di Consiglio sarebbe opportuno per aiutare a comprendere alcune decisioni della Corte.

Il suo collega di Forza Italia Pittalis ha annunciato di voler fare una iniziativa per approfondire quanto detto da Zanon. È d'accordo? E quale potrebbe essere la strada?

Non credo che esista una iniziativa politica o parlamentare per intervenire su una questione del genere. Dovrebbe invece essere una esigenza della Corte stessa e del suo presidente andare fino in fondo e fornire non un comunicato di maniera che non smentisce nulla ma una lettura vera di quello che è accaduto. 

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