Pinelli dai penalisti: sistema ancora carcerocentrico

 Angela Stella Unità 10 febbraio 2024

“Appartenendo ad una famiglia di avvocati, conosco le problematiche sollevate dall’avvocatura. L’avvocato è parte consustanziale della cultura della giurisdizione, anche se non mi piace questo termine perché spesso utilizzato dai pubblici ministeri per giustificare l’unità delle carriere. A ciò si unisce il tema della separazione delle carriere: la riforma si farà ma se la si vuole fare bene occorre una modifica costituzionale, accompagnata da una revisione del Csm. Il Governo ha dato priorità al premierato ma questo non significa che attenderemo l’esito del referendum” per incardinare la discussione: lo ha detto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo da remoto all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Ucpi dal titolo “Il processo come ostacolo – Il carcere come destino Difendere le garanzie dell’imputato e la dignità del condannato secondo Costituzione”, che oggi si chiude al teatro Eliseo di Roma. L’evento giunge al termine di una tre giorni di astensione indetta dagli avvocati guidati da Francesco Petrelli per denunciare la mancata totale soppressione dei limiti all’appello e per stigmatizzare la deriva del Governo verso un sistema sempre più carcerocentrico. Intervenuto anche il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli: “I numeri sono testardi, ma spesso anche impietosi, e quelli relativi alla dimensione penitenziaria della giustizia dimostrano come il nostro sia ancora un ordinamento carcerocentrico; a dispetto di una Costituzione liberale che guarda al carcere, luogo di totale privazione della libertà e troppo spesso anche della dignità, come extrema ratio. È sempre la Costituzione ad impedire che il carcere sia inteso come 'destino'. Mi riferisco a all’ineludibile funzione rieducativa, che viene disattesa in una misura ben specifica: quella di circa 5.000 detenuti, che è il numero in eccesso rispetto alla capienza regolamentare delle carceri italiane, fissata in poco più di 50.000, e che si traduce in trattamenti contrari al senso di umanità, pur vietati dall’art. 27”.  Ha preso la parola a nome di tutto il Collegio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, il presidente Felice Maurizio D’Ettore che si è augurato “che non ci siano divisioni politiche in questo momento che richiede una risposta ferma e unitaria dello Stato: occorre che magistratura di sorveglianza, avvocatura, amministrazione e polizia penitenziaria lavorino compatte”. Il Garante ha altresì auspicato “la ragionevole e ampia applicazione dell’art. 4 bis o.p. (sui benefici penitenziari, ndr) anche come di recente modificato” per i detenuti con pene brevi da scontare “e di dare priorità ad alla sanità in carcere, come sottolineato anche dal presidente della Regione Rocca” per poi terminare ricordando che “ molti dei 200 tentati suicidi, rispetto al periodo 1 gennaio/9 febbraio 2024, sono stati sventati dalla polizia, dagli operatori e dai medici penitenziari”. Nel panel ‘La fabbrica dei reati’ che ha tentato di capire come si concilia la produzione compulsiva del penale con i principi costituzionali, è intervenuto anche il prof avv Vittorio Manes per il quale l’“utilizzo del diritto penale non è certo una prerogativa dell’una o l’altra parte politica: è uno strumento utilizzato da ogni maggioranza, di ogni colore e di ogni bandiera, per simulare una scelta di intervento – e una volontà di potenza – di fronte all’uno o all’altro problema senza in realtà attivare le risorse e le politiche sociali adeguate a fronteggiarlo”, aggiungendo che “questa riposta ai problemi sociali attraverso il diritto penale, introducendo nuovi reati o aumentando le pene per quelli già esistenti, si basi su una doppia finzione che ormai viene accettata come tale: a) da un lato si scommette ingenuamente  - con falsa ingenuità – sul fatto che si avverino gli effetti normativamente attesi, il che è tutto da dimostrare (ed anzi, è ampiamente indimostrato); dall’altro si trascurano gli effetti collaterali che invece l’incriminazione o l’inasprimento sanzionatorio o della coercizione processuale producono, ossia gli effetti perversi del diritto penale: è così che i detenuti sono passati dai circa 30.000 dei primi anni ’90 ai quasi 60.000 di oggi; e che gli ergastoli sono più che quadruplicati, passando dai 408 del 1992 agli attuali 1.867, due terzi dei quali aggravati come ergastoli ostativi, cui non sono applicabili i benefici penitenziari”. Rispetto a qualcuno che in platea osservava che l’Unione non è pronta a contrapporsi efficacemente al Governo, abbiamo raccolto a margine una dichiarazione del presidente dell’Ucpi Francesco Petrelli, che chiuderà la giornata di oggi, dove sono previsti che gli interventi dei sottosegretari Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari e del vice ministro Sisto: “noi, quale forza laica e trasversale, ci facciamo portatori di una interlocuzione con il mondo della politica. Per noi è normale dare il nostro consenso a tutte le iniziative legislative in linea con la Costituzione e con la nostra tradizione e criticare con forza tutti gli interventi in contrasto con le nostre idealità”. Sul ddl Nordio, in fase di approvazione al Senato, Petrelli ha aggiunto: “abbiamo apprezzato l’apertura garantista, a partire dall’abrogazione del reato di abuso di ufficio e la ridefinizione del reato di traffico di influenze. Ma non abbiamo evitato di constatare che questa iniziativa è in contrasto con il pacchetto sicurezza e la moltiplicazione dei reati”. Sulla separazione delle carriere: “da interlocuzioni con il Ministro Nordio e il vice ministro abbiamo ricevuto rassicurazioni. Se le cose andranno diversamente siamo pronti a sollecitare. Mi chiedo però perché occorre una nuova proposta quando è depositata alla Camera quella dell’Unione e quali siano, se ci sono, delle differenze tra la nostra e quella governativa”. 

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