Magi: chiudere i Cpr

 

Valentina Stella Dubbio 6 febbraio 2024

 

«Invitiamo il ministro Piantedosi e la premier Giorgia Meloni a recarsi in questi centri: la prima cosa che si prova è la vergogna per la mancanza di igiene, gente che non può fare una doccia una volta al mese o avere un pasto caldo, cura della salute pervertita, con psicofarmaci e antipsicotici somministrati a fiumi, fuori dal piano terapeutico»: questo l’appello lanciato ieri dal deputato di +Europa Riccardo Magi che ha convocato una conferenza stampa alla Camera, insieme alla senatrice di Avs Ilaria Cucchi, la senatrice del Pd, Cecilia D’Elia, Franco Corleone (Società della Ragione), Stefano Anastasìa,  Garante delle persone private della libertà personale del Lazio, Valentina Calderone, Garante delle persone private della libertà personale di Roma capitale, e Gianfranco Schiavone, ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione.  «Bisogna tornare alla consapevolezza che c'era dieci anni fa – ha proseguito il parlamentare radicale – ossia che queste strutture vanno chiuse». Una richiesta che viene rilanciata in seguito ai fatti del Cpr di Ponte Galeria, dove un 22enne della Guinea si è tolto la vita  e 14 dei migranti reclusi nella struttura sono stati arrestati in seguito ai disordini scoppiati dopo la morte del giovane. Secondo Magi “è un momento drammatico, il sistema è al collasso. Nella vita quotidiana martoriata, nella disperazione insostenibile all'interno di carceri e Cpr c’è il dato strutturale che una democrazia non può tollerare. Io ricordo dei prefetti, come il prefetto Pecoraro che diceva apertamente che andavamo chiuse. La maggior parte delle persone detenute non vengono rimpatriate. Sono luoghi di detenzione e afflizione che non aiutano a fare quello per cui sono nati, i rimpatri. In più, il Governo ha esteso la possibilità di detenzione fino a 18 mesi nei Cpr, per persone che non saranno mai rimpatriate perché non ci sono accordi bilaterali per il rimpatrio”. Quanto alle carceri, ha proseguito Magi, “attualmente nel sistema penitenziario italiano non è possibile che ci sia la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione assegna alla pena e la risposta non può essere aumentare il numero dei posti, per riempirli subito dopo con norme che creano nuovi reati”. Su quanto accaduto a Ponte Galeria ma anche sul quindicesimo suicidio in carcere dall’inizio dell’anno, si è espressa l’Unione delle Camere Penali Italiane: “Le tragiche notizie che continuano quotidianamente a giungere dagli istituti penitenziari italiani ed anche dai centri per il rimpatrio degli extracomunitari mostrano come il fenomeno dei suicidi delle persone private della libertà si risolva in una inarrestabile strage che impone da parte del Governo e della politica tutta l’assunzione di rimedi efficaci ed immediati. Un bollettino di guerra terrificante. Un suicidio ogni due giorni! Nel Cpr di Ponte Galeria, un giovane di 22 anni è stato rinvenuto impiccato, innescando una sollevazione dei migranti ivi reclusi. Giovani e meno giovani, detenuti definitivi con pene brevi da espiare o in attesa di giudizio. Detenuti con storie di disagio psichiatrico o che già avevano tentato in precedenza il suicidio”. Per i penalisti, guidato da Francesco Petrelli, «occorrono interventi straordinari come l’adozione di un atto di clemenza generalizzato ovvero provvedimenti in grado di incidere nell’immediatezza come un decreto legge che contenga interventi immediatamente deflattivi. Concessione della liberazione speciale anticipata per ogni semestre detentivo espiato».

 

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