Frana il muro Pd- 5S, in arrivo il sì del Senato al ddl Nordio

 Valentina Stella Errico Novi 7 febbraio 2024


A inizio seduta le “quote” davano per probabile lo slittamento ad oggi del voto sul ddl Nordio. In pochi erano così pessimisti da immaginare che la lunga maratona di ieri sulla riforma penale non avrebbe esaurito neppure gli interventi preliminari, la cosiddetta discussione generale. Ma così è: da stamattina alle 10 l’aula del Senato riprenderà con le posizioni dei singoli partiti e, solo a seguire, si passerà ai 110 emendamenti. Non è scontato che si arrivi al voto finale sull’intera legge. Ma al più tardi domani, il ministro della Giustizia potrà incassare il via libera in prima lettura al più robusto dei provvedimenti finora messi in campo. Dalla Camera è arrivato il primo sì alla riforma della prescrizione, ma il ddl all’esame in queste ore ha un impatto di sistema ovviamente più ampio, e incide con una non trascurabile impronta garantista su diverse questioni, dall’abolizione dell’abuso d’ufficio ai limiti sulle intercettazioni. E Carlo Nordio, già ieri, presiedeva il banco del governo. Nel testo ha voluto modifiche anche su traffico d’influenze, contraddittorio, collegialità nell’adozione delle misure cautelari, inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Dopo l’illustrazione da parte della relatrice Giulia Buongiorno del testo “chiuso” in commissione Giustizia lo scorso 23 gennaio, si è passati all’esame delle tre pregiudiziali di costituzionalità presentate da Pd, M5S e Alleanza Verdi Sinistra. Nel mirino delle tre forze d’opposizione, innanzitutto l’abuso di ufficio: ma le pregiudiziali sono state respinte, con 107 voti contrari e 49 favorevoli. In particolare, ha riferito in Aula la vicepresidente dem del Senato Anna Rossomando: «L’abuso del pubblico ufficiale, per tradizione dello Stato di diritto, non può essere tollerato. Non si può lasciare il cittadino in balia di ogni genere d’abuso. C’è un contrasto con l’articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza, in virtù», secondo la senatrice Pd, «della palese disparità tra cittadini comunque sottoposti al controllo di legalità e chi esercita funzioni pubbliche, che non vi sarebbe in alcun modo sottoposto». Le ha replicato il senatore e capogruppo di FI in commissione Giustizia Pierantonio Zanettin: «Sull’abrogazione di questo reato, la posizione del Pd è singolare. Mentre il gruppo parlamentare, schiacciato sulla linea della segretaria Schlein, fa opposizione a braccetto del M5S, i suoi amministratori locali si sono dissociati dalla posizione ufficiale del partito». Anche la pregiudiziale dei pentastellati, illustrata da Roberto Scarpinato, riguardava l’abuso di ufficio. Mentre quella di Avs, esposta da Ilaria Cucchi, ha messo in evidenza anche altre questioni: «Gli interventi in materia di intercettazione a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento pregiudicano anche le esigenze di difesa dell’indagato, il quale non è in condizione di conoscere le generalità dei soggetti che con lui hanno interloquito e che di lui hanno parlato nelle conversazioni captate». E «abolire l’appello del pm» in caso di «proscioglimento per reati di contenuta gravità, si pone», per


la senatrice di Avs, «in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, perché comporta una disparità non giustificabile tra imputati».


Vanificate le pregiudiziali dell’opposizione, si è passati alla discussione generale. Sul tema più divisivo, l’abuso d’ufficio, ha parlato anche la senatrice di Italia Viva Dafne Musolino: «Basta guardare i dati per capire quando una norma non funziona: nel 2021, a fronte di 5.418 procedimenti aperto per abuso d’ufficio, il 98% si è concluso con assoluzione o archiviazione. Ma dietro c’è un iter, c’è soprattutto un pathos che i nostri amministratori non meritano. Non meritano di confrontarsi con l’incertezza di una norma che li espone al pubblico ludibrio».


Il consenso alla riforma travalica dunque il perimetro del centrodestra. Ma è dall’alleanza di governo che provengono le dichiarazioni più soddisfatte, soprattutto da Forza Italia. Partito che, rivendica Licia Ronzulli, ha nel «garantismo» la propria «identità» : realizziamo, dice la parlamentare azzurra, quella «riforma della giustizia tanto voluta dal presidente Berlusconi e dal senatore Nicolò Ghedini». Ancora Zanettin dichiara di essere orgoglioso del fatto che «nel ddl Nordio siano stati approvati due nostri emendamenti relativi all’esclusione, dai brogliacci delle intercettazioni, dei nominativi di terzi estranei all’inchiesta e al divieto assoluto di intercettazioni tra avvocato e cliente».


Ma a riprova che le spinte garantiste pure contenute nella riforma non esauriscono l’affermazione del diritto liberale, nelle stesso ore della discussione in Senato l’Unione Camere penali ricorda che da oggi inizia la propria tre giorni di astensione dalle udienze: la protesta, ricorda una nota, «coinciderà, nel suo giorno conclusivo, con l’inaugurazione dell’Anno giudiziario organizzato dall’Ucpi a Roma per le giornate di venerdì 9 e sabato 10». E il bello è che i penalisti annoverano, fra i motivi dello “sciopero”, recenti colpi allo Stato di diritto «inflitti proprio sullo «strumento intercettativo», in particolare per l’ «abnorme e irragionevole allargamento del suo utilizzo a tutti i reati laddove siano aggravati dall’articolo 416- bis cp, e dunque al di fuori del ricorrere di fenomeni di criminalità organizzata».


Tutto è relativo. Anche il garantismo della riforma Nordio. Che comunque. qualche passo, come riconoscono pure i penalisti, lo muove nella direzione giusta.

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