Intervista a Lella Palladino

 Valentina Stella Dubbio 6 febbraio 2024

 

L’associazione Differenza Donna – che gestisce dal 2020 il numero nazionale antiviolenza 1522 – ha lanciato una petizione urgente per chiedere alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e al presidente del Consiglio europeo Charles Michel di intervenire entro oggi, per evitare che la nuova Direttiva europea sulla violenza contro le donne e la violenza domestica venga approvata nella sua formulazione attuale, che indebolisce le misure a protezione delle donne che hanno subito violenza sessuale, molestie sessuali sul luogo di lavoro, o il cosiddetto revenge porn. Ne parliamo con Lella Palladino, sociologa femminista, attivista dei centri antiviolenza, che ha fondato nel 1999 la Cooperativa sociale E.V.A. che gestisce in Campania centri antiviolenza e case rifugio.

 

Cosa sta accadendo?

 

C’è il tentativo da parte di alcuni Paesi della Ue di stralciare dalla Direttiva del 2022, approvata dal Parlamento l’anno successivo, un articolo relativo allo stupro.  In pratica, ponendosi in piena contraddizione con la Convenzionale di Istanbul, vogliono cancellare quell’articolo che definisce la violenza sessuale come penetrazione non consensuale, o altri atti sessuali commessi su una persona senza il suo consenso. La norma originaria conferiva una importanza decisiva alla volontà della vittima – anche se a me non piace usare questo termine – in qualsiasi momento e tipo di relazione, sentimentale o lavorativa (professore con la studentessa, datore di lavoro con dipendente), ad esempio. Se venisse cancellato l’articolo 5 ci troveremmo dinanzi ad un grave arretramento culturale e giuridico. IN più, se passasse la versione edulcorata, i Paesi che disattendono la Convenzione di Istanbul non potrebbero essere sanzionati.

 

Perché non le piace usare la parola “vittima”?

 

La parola ‘vittima’ è come se cristallizzasse una situazione temporanea. Alle donne suggeriamo di sentirsi e definirsi ‘sopravvissute’ alla violenza. Questo in qualche modo sottolinea la loro forza.

 

Quali sarebbero le conseguenze dal punto di vista pratico?

 

Come abbiamo cercato di spiegare in maniera semplice e divulgativa con una serie di slide, sarebbero diverse le conseguenze.  C’è il rischio di dover adeguare al ribasso le leggi nazionali. Inoltre, come ha spiegato in maniera chiara la magistrata Maria Grazia Giammarinaro, “c’è stupro anche in assenza di violenza e senza che la donna debba provare di avere resistito fino a correre il rischio di farsi uccidere o di subire lesioni fisiche ancora più gravi. Cancellare la norma che fonda lo stupro sulla mancanza di consenso esplicito della donna rende la direttiva monca”. Per quanto riguarda la violenza online con le modifiche che si vogliono introdurre sarà la vittima a dover provare il danno subìto dalla circolazione di proprie immagini sessualmente esplicite.

 

Quali sono i Paesi che hanno chiesto la modifica e perché?

 

Gli Stati critici della direttiva avanzano l'obiezione formale che la definizione del reato di stupro non rientra nelle competenze giuridiche dell'Unione europea. Tra i Paesi che si sono opposti, oltre a Polonia e Ungheria, figurano anche la Francia e la Germania.

 

Qual è la posizione dell’Italia in merito?

 

Una risposta è giunta dalla ministra per le Pari Opportunità, Eugenia Roccella: “L’Italia è sempre stata fortemente favorevole all’inclusione del reato di stupro nella nuova direttiva europea contro la violenza sulle donne. Già lo scorso giugno, nel corso dei negoziati con gli altri Stati membri l'Italia si è espressa chiaramente in una dichiarazione comune, insieme a Belgio, Grecia e Lussemburgo, a favore dell'inserimento del reato di stupro nella direttiva.

 

E la premier Meloni?

 

Mi sembra che la Meloni abbia rapporti molto stretti con i Paesi favorevoli alla modifica della direttiva. Lei non ci è mai sembrata una donna che lavora per le donne e la tutela dei loro diritti. I valori della destra e quelli che puntano sulla famiglia tradizionale non sono certo femministi.

 

Voi scrivete che c’è anche il rischio di vittimizzazione secondaria, “come accaduto nel processo di gruppo in cui è imputato Ciro Grillo con suoi tre amici, in cui la ragazza che li ha denunciati è stata sottoposta a oltre 1400 domande dagli avvocati degli imputati per provare che era consenziente”. Devo però obiettarle che, come ricostruito dal Dubbio, i difensori degli imputati diversi giorni prima dell’udienza fissata per l’esame della persona offesa hanno manifestato a tutte le altri parti del processo la disponibilità alla acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dalla ragazza nel corso delle indagini preliminari, evitandole la deposizione in udienza. Chi ha dettò sì all’audizione della ragazza è stato il pm, il giudice, l’avvocato della presunta parte offesa e la stessa ragazza, e le presunte domande scomode (tipo ‘Eri lubrificata?’) sono state poste prima dai carabinieri, poi dai pm, poi dalla stessa Giulia Bongiorno. La cross-examination è l’essenza del processo penale.

 

Non conosce i dettagli del caso, ma ho letto sui giornali quanto abbiamo riportato. Restano comunque altri episodi in cui i difensori degli imputati pongono infinite domande che vanno ad esplorare la sua dimensione personale, la sua storia, le sue abitudini, che diventano non solo offensive e intrusive, ma diventano una seconda esposizione a maltrattamento e violenza, come se certi atteggiamenti potrebbero portare a dire ‘ te la sei cercata’. Oppure casi in cui, nonostante ci fossero decine di referti medici, si arriva ad una assoluzione con formula piena. Per questo le donne hanno paura di denunciare. Perciò servirebbe una normativa più stringente.

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