Presunzione di innocenza Costa incalza via Arenula: il ministero sta vigilando?

 Valentina Stella Dubbio 4 agosto 2023

Colui che più di tutti ha voluto e lavorato affinché la direttiva europea sulla presunzione di innocenza fosse recepita dal nostro Paese, il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa, ora interpella il Ministro della Giustizia Nordio per sapere se Via Arenula sta vigilando sulla corretta applicazione della norma, approvata durante il Dicastero di Marta Cartabia. L’atto di sindacato ispettivo prende le mosse da «innumerevoli violazioni». Come esempio il parlamentare sostiene: «benché la legge vieti di assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza, da un comunicato stampa autorizzato dalla Procura della Repubblica di Milano il 6 luglio scorso apprendiamo di un'inchiesta denominata “Beagle Boys”, ovvero “Banda Bassotti”; il comunicato, lungi dal rispettare il perimetro assegnato dalla legge alla comunicazione giudiziaria, arriva addirittura a informare dell'individuazione di un “sodalizio criminale”, salvo poi, in coda, precisare che vige la presunzione d'innocenza». Costa poi ricorda che «il Governo si è impegnato, prima con l’accoglimento dell'ordine del giorno 9/00547-A/009 e poi con la mozione 1-00094, a prevedere che l'Ispettorato generale del Ministero della giustizia effettui un monitoraggio degli atti motivati dei procuratori della Repubblica in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico che giustifica l'autorizzazione a conferenze stampa e comunicati degli organi inquirenti», come previsto dalla norma in vigore dal 14 dicembre 2021. Pertanto il deputato chiede a Nordio: «se il Governo ha proceduto ad effettuare un monitoraggio degli atti motivati dei procuratori della Repubblica in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico che giustifica l'autorizzazione a conferenze stampa e comunicati degli organi inquirenti, e quali siano gli esiti; nello specifico, quante siano state, a partire dall’entrata in vigore delle nuove norme, le conferenze stampa degli organi inquirenti disposte con atto motivato, e quali le specifiche ragioni di pubblico interesse che le abbiano giustificate in ciascun caso; in quanti casi, a partire dall’entrata in vigore delle nuove norme, siano state autorizzate conferenze stampa o comunicati stampa delle forze di polizia ai sensi dell’articolo 3 della legge 188/2021, e quali motivazioni siano state addotte per giustificarle; se si sia monitorata anche la deprecabile prassi di assegnare denominazioni alle inchieste e se tali denominazioni fossero compatibili con il principio di presunzione d’innocenza; se a seguito dell’entrata in vigore della legge 17 giugno 2022, n. 71 siano state avviate azioni disciplinari ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera v) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109; se intenda avvalersi della facoltà di adottare, entro il 14 dicembre 2023, un decreto legislativo recante correttivi e integrazioni al d.lgs. in materia di presunzione di innocenza a partire da quanto emerso dalla sua concreta applicazione, con particolare riferimento alla violazione del principio di presunzione di innocenza attraverso la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare e alla necessità di modificare l’art. 114 del codice di procedura penale impedendone la pubblicazione integrale e testuale fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare». Il Ministero è chiamato dunque a rispondere in modo molto dettagliato rispetto ad un fenomeno che sfugge al controllo perché non tutte le Procure e le forze di polizia giudiziaria si sono dotate di eguali metodi di diffusione dei comunicati. In pratica manca una banca dati nazionale.  Dall’altro lato molta stampa invece continua a parlare di legge bavaglio e vorrebbero modificarla nel senso opposto proposto da Costa. L'Ordine dei Giornalisti si è rivolto addirittura tempo fa al Consiglio Superiore della Magistratura e al Procuratore Generale di Cassazione: occorre «evitare il rischio che possa calare il silenzio sulle inchieste, magari proprio quelle a carico di personaggi importanti». L'Associazione della stampa emiliano romagnola è arrivata a dire: «Magistrati e avvocati pensino a fare bene il loro lavoro, all'informazione ci pensano i giornalisti che hanno carte deontologiche e organi deputati a vigilare sull'esercizio corretto della professione e a punire chi sbaglia. Non abbiamo bisogno di lezioni o consigli da parte di altre categorie che spesso hanno un unico obiettivo: limitare il diritto dei cittadini ad essere informati». Informati però solo delle indagini e non sul processo.  Quest'ultimo fattore fa venir fuori tutta l'ipocrisia che caratterizza l'attuale dibattito sulla norma di recepimento della direttiva europea. Se veramente la preoccupazione che strugge la categoria dei giornalisti è quella di non poter più informare i cittadini, allora bisognerebbe chiedersi come mai ci si impegna tanto ad informare sulla fase delle indagini ma si disertano poi  le udienze del processo. È evidente che i processi non vengono attenzionati come al contrario accade per le conferenze stampa delle Procure. Eppure Cesare Beccaria nei «Dei delitti e delle pene» ci ricorda: «Pubblici siano i giudizi, e pubbliche le prove del reato».


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