Intervista a Giorgio SPangher

 Valentina Stella Dubbio 21 settembre 2023

Sono ancora in corso alla Commissione Giustizia del Senato le audizioni in merito al disegno di legge 808/2023 “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, sinteticamente chiamato ddl Nordio. Il provvedimento prevede tra l’altro l’abrogazione dell’abuso di ufficio, ma anche altre misure di cui discutiamo con il professore emerito di diritto processuale penale, Giorgio Spangher, audito due giorni fa.

Professore in linea generale che giudizio dà?

Il mio è un giudizio cautamente positivo perché affronta alcuni problemi oggettivamente esistenti. Inoltre c’è un rafforzamento del ruolo difensivo mediante la modifica della disciplina dell’informazione di garanzia e, in tema di intercettazioni, della tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento. In prospettiva e in filigrana si coglie un senso di maggiore tutela della persona. Naturalmente bisognerà vedere come verrà declinato.

Si introduce il principio del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato ‘a sorpresa’. Che ne pensa?

Premessa: le situazioni in cui non è possibile una previsione di contraddittorio anticipato sono nel caso di pericolo di fuga o di inquinamento delle prove o quando, per tipologia di reati molto gravi, non è possibile rinviare la misura cautelare. In pratica, in qualche modo, si è voluto riproporre quanto previsto dal quesito referendario, poi bocciato e del cui comitato promotore Nordio era presidente, che eliminava la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio di “reiterazione del medesimo reato”. In linea generale è una previsione positiva ma bisogna capire bene come funziona.

Quali potrebbero essere le criticità?

A mio parere sarebbe necessario rendere obbligatoria la presenza del difensore.  Non basta la sola nomina perché durante quel contraddittorio maturano prove che si rifletteranno sul processo, nel dibattimento. Inoltre non sarebbe inopportuno, come già avviene in altre situazioni processuali, prevedere la videoregistrazione, quantomeno a richiesta dell’indagato. C’è poi un altro problema.

Ci dica.

Il gip interroga la persona. Al termine, se ritiene di dover dare la misura del carcere, deve emettere un provvedimento e scrivere quindi una ordinanza che spesso necessita di tempo, sperando che non l’abbia già scritta. Nell’attesa, l’indagato che fa? Dove va? Attenzione perché le esigenze cautelari sono governate dal principio dell’attualità e della concretezza del pericolo.

Quando spera che non abbia già scritto l’ordinanza, intende solo in base al fascicolo del pm?

Certo, altrimenti a cosa servirebbe l’interrogatorio preventivo?

Ci può essere una intersezione tra questo ddl e quello cosiddetto Caivano?

Il contraddittorio anticipato potrebbe trovare spazio nel processo minorile, dove si sono aumentate le pene, la possibilità di fermi e di applicare le misure cautelari. In sede di conversione del dl Caivano si potrebbe ragionare per qualche modifica in tal senso. Si tutelano gli adulti con un dl e ci si dimentica delle garanzie dei minori in un altro provvedimento. Potrebbero estendere anche l’interrogatorio anticipato alle altre due misure interdittive: sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale e divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali e imprenditoriali.

Il ddl Nordio prevede anche la collegialità, che andrà in vigore tra due anni, per determinare se dare o meno le misure cautelari.

Se davvero l’attività sarà collegiale, nel senso che tutti e tre conoscono le carte e non uno solo come spesso accade, dovrebbe essere uno strumento più garantista. Se però la decisione del collegio può essere negativa per l’indagato, occorre conservare il Tribunale del Riesame. Il rischio della collegialità è che si dica: l’indagato ha a disposizione già tre giudici che valutano la sua posizione, si rinunci agli altri tre del Riesame.

Nel ddl si prevede anche l’inappellabilità del pm rispetto a sentenze di proscioglimento relative a reati di contenuta gravità.

Si sostiene da parte della magistratura requirente che le sentenze assolutorie per i reati identificati per questa prima misura non vengono mai appellate dai pm: non credo sia l’argomento giusto per discutere della questione. Si tratta di un primo passo per raggiungere quel risultato finale dell’inappellabilità per le assoluzioni per tutti i reati, per i quali l’imputato potrebbe essere condannato per la prima volta in appello, senza avere davanti a sé un altro giudizio di merito. Inoltre il legislatore dovrebbe tener conto del rito abbreviato.

Ci spieghi meglio.

Il pm ha raccolto materiale, ha esercitato l'azione penale. In udienza preliminare io imputato chiedo il rito abbreviato sulle carte dell'accusa, sanando anche le sue nullità. Vengo assolto ma il pm impugna. E io sono costretto a subire un appello, nonostante abbia chiesto un abbreviato secco sulle sole carte dell'accusa, con il rischio di essere condannato, anche qui, per la prima volta in appello. Credo che questo problema vada attenzionato. C’è un altro elemento che vorrei sottolineare.

Prego.

È stato conservato il potere del pm di appellare la sentenza di non luogo a procedere, ovvero quella della ragionevole previsione di condanna, secondo la nuova normativa Cartabia. È forse anche giusto che sia così perché è lui che si gioca la partita. Ma una volta che poi l’imputato viene assolto, il pm accetta la decisione e non appella perché a quel punto il dubbio ragionevole va a favore dell’imputato.

Cosa manca invece nel ddl?

Regole più stringenti e sanzioni per le deviazioni rispetto alle modalità di assunzione della prova nel dibattimento.

Intende una vera cross-examination sul modello anglosassone?

Esatto, noi qui non facciamo un vero esame incrociato, perché il giudice si intromette. Con le riforme si sono toccati vari aspetti ma non il nocciolo del processo, ossia come si forma la prova nel processo, o meglio su quanto pesi l’ingerenza del giudice nella formazione della prova. Si tratta di un tema che bisogna avere il coraggio di affrontare.

 

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