Dura critica di Albamonte a Governo e Magistratura indipendente

 Valentina Stella Il Dubbio 30 settembre 2023

Dura critica al Governo e ai «segnali di insofferenza» «nei confronti delle istituzioni di garanzia», al suo «marcato accento securitario», all’ attacco portato dalla maggioranza «alla giurisdizione ed ai diritti» e alla «manifestazione della libertà di pensiero della magistratura». Ma anche all’attuale Csm, che invece di rappresentare la rigenerazione etica auspicata da Mattarella, «sembra anch'esso caratterizzato da logiche maggioritarie che vedono alleati i rappresentanti della magistratura conservatrice ed i laici espressi dalla stessa maggioranza di Governo, accomunati anche dalla condivisione di alcune posizioni della giurisdizione»: e qui il riferimento non può che essere a Magistratura Indipendente, che ha altresì instaurato «forte collaborazione operativa» con «le forze di Governo, che trova le sue articolazioni principali in Via Arenula e anche presso la Presidenza del Consiglio». Vedasi entourage del ministro Carlo Nordio e Alfredo Mantovano che sussurra all’orecchio di Giorgia Meloni in tema di giustizia. C’è tutto questo e molto altro nella relazione del magistrato e “politico” Eugenio Albamonte, segretario Area Dg - che ne lascia la guida dopo quattro anni -, durante il IV Congresso nazionale, dal titolo “Il ruolo della giurisdizione all’epoca del maggioritarismo” in corso a Palermo fino a domani. Per Albamonte, «è diffusa l'insofferenza per le decisioni che affermano e tutelano diritti che la cultura di Governo vorrebbe fossero negletti o fortemente ridimensionati. Anche quando quella tutela discende direttamente dai principi costituzionali e dalla normazione sovranazionale che l'Italia si è impegnata a rispettare. Si pretende sostanzialmente di sostituire il riferimento costituzionale che guida l'interpretazione con il sentimento diffuso nel Paese, rispetto al quale la maggioranza si propone interprete». Inoltre, «si arriva a negare la libertà di espressione, utilizzando strumentalmente ed in modo inappropriato una lettura del dovere di terzietà del magistrato che aveva forse campo nell'epoca del regime e a brandire la minaccia disciplinare; potere del quale, peraltro abbiamo già dovuto contestare recenti utilizzi strumentali e in contrasto con le norme vigenti. Oltre alla libertà di espressione dei singoli viene poi contestata la libertà di associazione dei magistrati. Mai avremmo immaginato di dover difendere, nel dibattito pubblico, la libertà dell’Anm, la sua piena legittimazione, ad intervenire sui temi delle riforme della giustizia e della magistratura come avvenuto in questo anno». E qui arriva anche una critica all’avvocatura, la quale «anziché schierarsi a tutela della libertà di espressione di tutti e anche nostra», avvalora «questa lettura antidemocratica di un principio cardine della giurisdizione quale la terzietà del magistrato». Sicuramente a questo replicherà oggi nel suo intervento il presidente dell’Unione Camere penali, Gian Domenico Caiazza, che interverrà insieme al vice presidente del Csm, Fabio Pinelli, e al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Non poteva mancare una accentuata stigmatizzazione delle riforme garantiste in tema di intercettazioni e trojan: «Qui le limitazioni perseguite sono volte esclusivamente a tutelare la stessa classe politica ed amministrativa nonché i settori economici a lei più prossimi, i cui reati vengono declassati tra quelli “di minor gravità”». Così come a quella della separazione delle carriere, usando il solo argomento del pm che verrà portato sotto il controllo della politica, benché la proposta di modifica dell’articolo 104 della Costituzione citi testualmente: «L’ordine giudiziario è costituito dalla magistratura giudicante e dalla magistratura requirente ed è autonomo e indipendente da ogni potere». Ad intervenire anche il vice presidente del Csm, Fabio Pinelli:  «La magistratura dovrebbe interrogarsi oggi come si costruisce la figura del magistrato, dialogare con le Università per contribuire alla formazione dell’etica del giurista, occuparsi del fatto che essere magistrato è un potere ma anche, e vorrei dire soprattutto, una responsabilità e un servizio per il proprio Paese. Ma troppe volte emerge la dimensione del potere, non la dimensione del servizio. Questo un punto sul quale credo ci debba essere una riflessione anche all'interno del Csm. Io comprendo i problemi di governo spicciolo, però se il Consiglio si ridurrà a questo, credo che morirà. Se viceversa sarà in grado di porre le questioni di governo spicciolo in una visione di governo complessivo della magistratura, intesa come orizzonte da dare alla magistratura, che idea di giustizia in un Paese democratico del 21esimo secolo, allora potremo dire per davvero di aver imboccato una nuova strada». Oggi interverranno anche i giornalisti Lirio Abbate e Attilio Bolzoni, che probabilmente il professor Giovanni Fiandaca non inserirebbe in quella che lui chiama «antimafia laica, che antepone i fatti alle ipotesi, i ragionamenti in diritto e le verifiche probatorie ai dogmi, i principi costituzionali del garantismo penale al repressivismo più spinto confinante con l’abuso giudiziario». Dal canto suo una parte del sistema mediatico, in particolare quella di orientamento antimafioso più radicale, «tende strumentalmente ad esasperare la suddetta contrapposizione polarizzata, soggiacendo persino alla tentazione di rappresentare come ideologicamente filo-mafiosi gli esponenti dell’antimafia cosiddetta laica».

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