Bozza delega Csm e ordinamento giudiziario

 Giovanni M. Jacobazzi

Valentina Stella

Dubbio 24 agosto 2023


Giorgia Meloni non ha dubbi: considera l'intervento sulla giustizia, al pari di quello costituzionale sul premierato, la riforma prioritaria. Lo dice nell'intervista a "Chi". Il punto è capire però quali contenuti avrà questa riforma. A parte il ddl penale, il primo di una serie, presentato da Carlo Nordio a luglio, qualche indizio arriva dalla bozza del decreto attuativo messa a punto dalla Commissione nominata dal Guardasigilli per dare attuazione alla riforma dell’Ordinamento giudiziario e del Csm.

Approvata lo scorso anno, la riforma aveva infatti previsto che il governo emanasse i decreti attuativi entro il 21 giugno, scadenza che era stata successivamente spostata con un emendamento al decreto Pnrr.

"Ho letto i lavori della Commissione e mi pare evidente che si sia voluto 'neutralizzare' gli effetti della riforma", è stato il laconica commento il deputato Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione.

"Ma non poteva essere altrimenti in quanto 18 componenti della Commissione su 26 erano dei magistrati", prosegue Costa, augurandosi che "Nordio non abbia ancora letto bene il testo" che dovrà ora essere presentato in Consiglio dei ministri per l'approvazione. 

Fra gli punti più attesti vi era certamente il 'fascicolo del magistrato', voluto proprio da Costa, che avrebbe dovuto consentire di conoscere punto per punto l’attività del singolo giudice o pm, le performance, i meriti ma anche gli insuccessi e gli errori.

La disposizione è molto blanda in quanto prevede che costituiranno indice di grave anomalia il rigetto delle richieste o la riforma e l’annullamento delle decisioni del magistrato, "ove assumano, anche in rapporto agli esiti delle decisioni e delle richieste adottate dai magistrati appartenenti al medesimo ufficio, carattere di marcata preponderanza e di frequenza rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato", ancorando così il concetto di "grave anomalia" ad un dato sostanzialmente statistico-comparativo. “Bisognerà ’sballare’ almeno 60 processi su 100”, ha puntualizzato Costa. Si è poi precisato che la valutazione circa la sussistenza di gravi anomalie dovrà essere svolta tenendo conto delle funzioni esercitate e della loro natura monocratica o collegiale, escludendo che vi possa essere in caso di riforma del provvedimento o rigetto della richiesta "determinata dalla decisione del magistrato motivata in difformità dal consolidato orientamento giurisprudenziale, che pure abbia dimostrato di conoscere e col quale si sia confrontato". Così facendo si è voluto garantire ai magistrati la possibilità di coltivare orientamenti difformi da quelli già espressi, purché supportati da adeguata motivazione che dia conto delle ragioni del dissenso rispetto a questi e ciò nella consapevolezza che proprio l’evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali costituisca un volano indispensabile al fine di assicurare che questi risultino al passo rispetto non solo alle modifiche normative ma anche al mutato sentire sociale.

Il giudizio positivo dovrà essere articolato, con riferimento alle capacità del magistrato di organizzare il proprio lavoro, nelle valutazioni di “discreto", “buono" o “ottimo". A questo scopo il Csm dovrà indicare i criteri sulla base dei quali esprimere tale giudizio.

Riguardo, invece, la possibilità per gli avvocati nei Consigli giudiziari di ‘intervenire’ ai fini delle valutazioni di professionalità delle toghe, essa dovrà essere preceduta dalla segnalazione proveniente dal Consiglio nazionale forense o dal Consiglio dell’ordine degli avvocati circa la presenza di "fatti specifici, positivi o negativi, incidenti sulla professionalità del magistrato in valutazione”. Al ricorre di tale circostanza sarà quindi attribuita agli avvocati la "facoltà di esprimere un voto unitario".

Nel caso in cui gli avvocati concordino di esprimere un voto, quest’ultimo dovrà quindi essere "coerente al contenuto delle segnalazioni espresse". Se dovessero discostarsi dalla predetta segnalazione, è stata prevista la necessità di una preliminare interlocuzione con il Cnf o con il Coa per sollecitare "una nuova determinazione" da parte dei predetti organi, all’esito della quale il voto espresso dovrà essere comunque "in coerenza con la stessa".

Circa, infine, i magistrati che potranno essere collocati 'fuori ruolo', il loro numero attualmente fissato in 200 diminuirà del 10 percento e non potrà dunque superare le 180 unità, di cui solo 40 potranno essere collocati presso organi o enti diversi dal Ministero della giustizia, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Csm e dagli Organi costituzionali.

Una scelta dettata dalla considerazione che debbono essere quanto più ristretti quegli incarichi che hanno minore attinenza con l’esperienza e la formazione dei magistrati ma assai lontana dalle enunciazioni dello stesso Nordio che solo un anno fa aveva dichiarato che dei 200 fuori ruolo “ne basti il 10 percento, gli altri dovrebbero tornare a lavorare nei tribunali”.

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