Sciarra: «Sul 41 bis l’Europa ci guarda con allarme»

 Valentina Stella Dubbio 14 aprile 2023

Sull'ergastolo ostativo la Corte Costituzionale non ha fatto una “scelta buonista”: così ieri la Presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, durante l’incontro con i giornalisti dopo aver presentato la Relazione annuale sull’attività della Consulta al Presidente Mattarella e alle altre cariche istituzionali. A chi le faceva notare che a causa dei troppi rinvii al Parlamento sul tema del fine pena mai, il detenuto Pezzino è ancora in carcere dopo 30 anni, la Sciarra ha replicato: “Abbiamo restituito gli atti al giudice della Cassazione.  Non solo un atto dovuto ma un atto collaborativo con il giudice che aveva sollevato la questione”. Poi ammette: “è vero, il detenuto è ancora lì, e questo è un punto che sta molto a cuore a tutti, abbiamo cercato noi di lavorare con tempi i più rapidi possibili, la tecnica del rinvio al Palamento può comportare un ritardo. Ripeto: prevale il rispetto istituzionale in questo caso verso la scelta del legislatore”. Sui rapporti con Parlamento, la Sciarra aveva aggiunto nella sua Relazione: “La complessità di questa vicenda propone, ancora una volta, il tema della leale collaborazione fra Corte e Parlamento, tema da non trascurare nella sua rilevanza istituzionale”. Si è mostrata più audace nella (auto) intervista pubblicata sull’Annuario: “Certo, un giorno non lontano si dovrà fare un bilancio molto puntuale in merito a questa apertura di credito al legislatore che, purtroppo, sui temi molto sensibili e socialmente rilevanti, non ha portato sempre a risultati soddisfacenti e rapidi per i cittadini”. Il riferimento è molto probabilmente ai temi dell'ergastolo ostativo, del carcere per i giornalisti, del fine vita. "Sarebbe interessante – ha aggiunto parlando con i giornalisti - capire come il Parlamento ordina i nostri moniti, come li mette in fila, come li analizza, come li esamina, se se ne discute, se ci sono uffici adeguatamente pronti a risolvere i quesiti che noi poniamo, se c'è un'attività preparatoria. Forse sollecitare il Parlamento a dirci di più perché certe volte si attende così a lungo". Noi, invece, abbiamo chiesto al vertice della Consulta se condividesse il fatto che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ha richiesto il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime “41-bis”, perché in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione. “Non mi esprimo sulle raccomandazione del Comitato perché non mi compete” tuttavia ci ha tenuto a precisare: “L'Italia è vincolata da fonti del diritto internazionale al divieto di tortura, che è anche una misura applicata alla detenzione. Credo che la Corte abbia già dato la sua visione sulle misure che, senza nulla togliere alla finalità di un reato ostativo, ci induce anche a riflettere che siamo anche l'unico Paese in cui esiste questa formula” del 41 bis “e abbiamo su di noi anche l'occhio attento sempre della Corte di Strasburgo, che ci ricorda come contemperare il cosiddetto diritto alla speranza e quindi la visione di una risocializzazione del detenuto”. Ha poi aggiunto: “la Corte costituzionale punta molto su questo, sulla funzione rieducativa della pena, sul ravvedimento, che può avvenire sempre, e sulla facoltà dei giudici di sorveglianza di rivedere alcuni trattamenti penitenziari quando se ne pongono le condizioni e quindi adattando le modalità dell'esecuzione della pena, aprendo degli spazi. La parola dignità non bisogna mai dimenticarla in questi contesti, la dignità della persona che è al centro del divieto di reato di tortura: infliggere sanzioni che sono fisiche, ma possono essere anche psicofisiche”. Di giustizia la Sciarra ha parlato anche quando le è stato ricordato che la Corte indebolirebbe la lotta alla criminalità organizzata nell’aprire alcuni varchi anche per coloro che hanno commesso reati di mafia. “Mi torna in mente un libro di qualche anno fa del professor Glauco Giostra dal titolo ‘Prima lezione sulla giustizia penale’. Mi aveva colpita l’immagine che lui propone della giustizia penale come un ponte tibetano, esile ma forte. Mi sono immaginata la Corte costituzionale su questo ponte tibetano: siamo spesso in questa posizione. Abbiamo aperto dei piccoli varchi sulle modalità di esecuzione della pena. C'è quindi da un lato la realtà dura, la giusta sanzione inflitta a chi ha sbagliato, e poi dall’altro lato il rispetto della dignità della persona che sta scontando una pena. Intervenendo sulla modalità di esecuzione della pena si dimostra anche ai critici che non c'è un disegno di indebolimento dei criteri" nella lotta alla criminalità organizzata che "devono restare forti, ma c'è anche il punto di vista dei diritti che è il punto di vista di questa Corte". Verso la fine dell’incontro con la stampa anche un passaggio sull’equo compenso a partire da una domanda sul salario minimo: “le fasce di lavoro autonomo dei liberi professionisti ancora una volta corrono il rischio della povertà. Forse in Italia c’è un sovraccarico di numero delle professioni, per esempio delle professioni forensi. Però questi lavoratori autonomi ricercano nella costituzione anche loro la garanzia dei diritti. E la stanno ricevendo: nella mia relazione ho fatto riferimento alla loro iscrizione nella gestione separata, quindi essere dentro questo universo di tutele previdenziali e assistenziali. L’articolo 36 è forse quello più interessante e bello della nostra Costituzione”

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