Intervista a Nicola Quatraro

 Valentina Stella Dubbio 25 aprile 2023

La gip del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota, finita in carcere con l'accusa di corruzione avrebbe, tra l’altro, fatto pressioni sia sull'ex pubblico ministero del caso Marta Russo e attuale procuratore aggiunto a Latina, Carlo Lasperanza, sia sul pm Andrea Angeli al fine di poter lei avere il controllo dei sequestri delle aziende per farle poi amministrare dai suoi amici. Al di là del fatto che la dottoressa Castriota è innocente fino a prova contraria e che sappiamo bene quanto le intercettazioni decontestualizzate in una ordinanza di custodia cautelare non rappresentano di certo una prova di colpevolezza, ciò che lascia perplessi sono i toni delle conversazioni tra giudici e pubblici ministeri. Ne parliamo Nicola Quatrano, ora avvocato ma con un lungo passato da magistrato.

Avvocato cosa la colpisce di quelle intercettazioni?

Premetto che da parte mia non c’è alcun compiacimento nel commentare queste intercettazioni che sono state fatte e che riguardano una vicenda su cui non mi pronuncio in nome della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Ma quello che mi colpisce è un dato che qualsiasi addetto ai lavori conosce o intuisce, ossia questa promiscuità assoluta che c’è tra gip e pubblico ministero. L’avvocato che deve interloquire col gip e lo trova – ma ormai è raro -  disponibile può osare andare nella sua stanza e illustrargli le sue questioni difensive massimo per una decina di minuti. L’alternativa è quella della istanza con tutte le lungaggini che comporta. Quando invece si tratta del pm, giudice e pubblico ministero parlano per ore e ore. Si studiano insieme le questioni, senza alcuna diversità tra il ruolo dell’accusatore e quello del giudicante, come se avessero lo stesso obiettivo. Credo che questa sia la prova decisiva dell’indispensabilità e dell’urgenza della separazione delle carriere. Giudici e pm non possono più essere colleghi, non si devono conoscere. Questa è una emergenza democratica: è in crisi il sistema di equilibrio del processo.

Tuttavia l’Anm sostiene che esiste il rischio che il pm vada sotto il controllo dell’esecutivo e che paradossalmente assuma ancora maggiore potere.

L’Anm tradisce la sua funzione: essa dovrebbe tutelare l’indipendenza del giudice oltre che del pm, ma tradisce la sua funzione consentendo e cercando di fare in modo che continui la dipendenza del giudice dal pm. La preoccupazione dell’Anm dovrebbe essere l’autonomia del giudice da ogni possibile condizionamento, ivi compreso da quel potere forte – a volte fortissimo – che è costituito dal sistema delle procure, dalla DDA che non solo ha poteri enormi ed è una organizzazione rispetto al giudice isolato, e quindi più debole, ma è composta dai pm che fanno parte dei Consigli giudiziari e che quindi valutano il giudice, fanno parte del Csm e in quanto tali giudicano e interferiscono sulle progressioni di carriera e sul disciplinare dei giudici.

Ma è vero quindi che i gip fanno copia e incolla delle richieste dei pm?

Chiunque legge un fascicolo scopre che l’informativa della polizia giudiziaria diventa attraverso il copia e incolla la richiesta del pm di misure cautelari; attraverso il copia incolla diventa ordinanza di custodia cautelare, attraverso il copia e incolla diventa ordinanza del Riesame e attraverso il copia e incolla diventa sentenza del giudizio abbreviato. Con il tempo i giudici hanno affinato le loro tecniche di copia e incolla: adesso sono meno sfacciati. Copiano, sostenendo che la loro è una citazione della richiesta del pm e che inseriscono per brevità, e poi aggiungono quella che definiscono autonoma valutazione, che è un riassuntino banale e ripetitivo di quello che è scritto nella parte finale della richiesta del requirente. Questa è la normalità e la Corte di Cassazione la consente. Esiste una sentenza scandalosa di Piazza Cavour la quale sostiene che quando il giudice non accoglie anche solo una parte della richiesta del pm ciò è la dimostrazione dell’autonoma valutazione. Molti anni fa c’era un giudice che questa cosa l’aveva già scoperta e che copiava e incollava richieste nei confronti di trenta o quaranta persone, tralasciando solo quella relativa ad un reato minore.

La promiscuità tra giudice e pm si evince anche dall’impossibilità di effettuare una vera cross-examination da parte della difesa?

Credo che in Italia pm, giudici e avvocati non sappiano cosa sia la cross examination e non l’abbiano mai imparata a farla. Purtroppo è un dato molto diffuso. Per cui si assiste a questo intervento prevaricatore del giudice non solo nei confronti degli avvocati ma anche verso i pubblici ministeri. Detto questo però è quasi costante l’impressione che ha l’avvocato durante un processo di trovarsi non dinanzi ad un arbitrio ma ad una articolazione dell’accusa.  Questo è gravissimo.

Dato il contesto politico, è pensabile che venga approvata la separazione delle carriere, come annunciato prima da Sisto all’assemblea delle Camere Penali e poi da Nordio a Rai 3?

Non è semplice attuare la separazione delle carriere sia per ragioni squisitamente tecnico-giuridiche sia per ragioni di maggioranza parlamentare. Resta comunque un passo assolutamente indispensabile, tuttavia non basta certo la separazione delle carriere a correggere le distorsioni del processo. Occorre una rivoluzione culturale soprattutto da parte della magistratura che passi attraverso anche in una correzione del tiro da parte della Corte di Cassazione che in questi anni ha elaborato una giurisprudenza a volte anche modificativa del dato normativo, costantemente ispirata alle esigenze dell’accusa, sacrificando le attività difensive. Si tratta di un percorso lungo, quindi sarebbe meglio accelerare sulla separazione delle carriere. 


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