Dodici donne Un solo assassino

 Valentina Stella Il dubbio 17 aprile 2023

Che fine ha fatto Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa a soli 15 anni dal centro di Roma il 22 giugno del 1983? Sono passati quasi quarant’anni da quel giorno ma nessuno ha ancora la risposta definitiva. Intanto l’onorevole del Partito Democratico Roberto Morassut ha chiesto l’istituzione di una Commissione di inchiesta bicamerale sui casi riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Nella relazione introduttiva non si ipotizza una unica mano dietro la sparizione e uccisione delle tre ragazze romane. Ma c’è invece chi la pensa diversamente. In un interessante libro - inchiesta dal titolo “Dodici donne Un solo assassino – da Emanuela Orlandi a Simonetta Cesaroni” (Koinè edizioni) il magistrato Otello Lupacchini e il giornalista Rai Max Parisi scrivono: “Roma. Dieci donne uccise e due scomparse. Si chiamavano Emanuela Orlandi e Mirella Gregori – si legge nella quarta di copertina – Questo libro inchiesta svela l’esistenza di un serial killer responsabile degli omicidi e delle sparizioni. Tutti i fatti di sangue rimasti insoluti, accaduti tra il 1982 e il 1990. L’ultima vittima si chiamava Simonetta Cesaroni". Gli autori hanno un’ipotesi precisa sull’identità dell’assassino, ancora libero di agire. Secondo la loro ricostruzione, Emanuela Orlandi fu vittima dunque di un serial killer capitolino, il quale solo successivamente seppe della provenienza vaticana della ragazza assassinata. Così si rivolse a uomini che conosceva indirettamente e che facevano parte della banda della Magliana. Questi si ritrovarono fra le mani gli effetti personali della ragazza e la possibilità di ricattare il Vaticano: fu quindi il serial killer ad avere adescato Emanuela così come tutte le altre. Raccontano, infatti, gli autori che quando scomparse Emanuela “a Roma erano state già uccise tre giovani donne e un’altra adolescente s’era misteriosamente allontanata da casa senza dare più notizie. Nei setti anni a seguire, altre otto donne – tra le quali un’altra adolescente – verranno uccise. Di nessuno di questi omicidi e sparizioni è stato individuato il colpevole”. Mirella Gregori, Rosa Martucci, Augusta Confaloni, Bruna Vattese, Tea Stroppa, Lucia Rosa, Fernanda Durante, Katy Skerl, Cinzia Travaglia, Marcella Giannitti, Giuditta Pennino e infine Simonetta Cesaroni. Chi ci sarebbe dietro tutti questi gialli insoluti? 22 Giugno 1983: Emanuela Orlandi si reca presso l’Accademia Tommaso Ludovico da Victoria, in piazza Sant’Apollinare a Roma, per partecipare a una lezione di flauto, prevista per le ore 17:00. Intorno alle 15:30 un vigile la vede vicino a Palazzo Madama, mentre sta parlando con un uomo, il quale ha parcheggiato la sua auto in zona vietata. Il vigile si avvicina e nota che il soggetto sta facendo vedere alla ragazza un campionario di profumi. L’individuo, esortato a spostare la macchina, risponde “Va bene, allora ci vediamo dopo”. Il vigile racconterà che tra i due c’era una certa confidenza. Quello stesso pomeriggio Emanuela, durante l’intervallo della lezione, telefona a casa e riferisce a una delle sorelle di aver ricevuto una proposta di lavoro: le era stato offerto di presentare i profumi della Avon a una sfilata di moda delle Sorelle Fontana.  Poi esce dall’Accademia e intorno alle 19:00 si dirige alla fermata dell’autobus insieme a un’amica per tornare a casa e confida anche a lei della proposta ricevuta. Il bus arriva, l’amica sale ma Emanuela decide di non salire. Nessuna la rivide più. In seguito i vertici del marchio statunitense faranno sapere di non avere avuto al loro interno rappresentanti di sesso maschile e di non utilizzare quel tipo di tecnica per reclutare personale. E pure le Fontana dissero di non aver mai avuto a che fare con l’Avon, anche se riferirono ad un agente del Sisdi che altre tre ragazze si erano recate da loro parlando di questo lavoro che in realtà non esisteva. Era quello il suo modus operandi per adescare le ragazze? Dopo qualche tempo l’agente venne richiamato dall’atelier: un’altra ragazza era andata lì a chiedere delucidazioni sul lavoro per la Avon. La giovane confermò di essere stata approcciata da un soggetto che le aveva fatto quella proposta. Gli agenti del Sisde, facendo fissare alla ragazza un appuntamento con la persona in questione, lo rintracciarono e fermarono: si trattava di un uomo sui 30 anni, figlio di un industriale, girava con una Ferrari. Perché invece non fu seguito? -  si è chiesto l’agente del Sisdi - . Aveva usato un nome falso per adescare la giovane. Si giustificò dicendo di essere timido e che usava questo sotterfugio per avere l’opportunità di conoscere delle donne. Venne mostrato il suo volto al vigile che aveva visto Emanuela parlare con una persona il giorno della scomparsa, ma quest’ultimo non lo riconobbe come l’individuo avvistato quel pomeriggio. La pista cadde nel vuoto. Tuttavia, secondo quanto riportato nel libro di Max Parisi e Otello Lupacchini, quel tizio possedeva abitazione, uffici, attività e magazzini sparsi in prossimità dei luoghi degli omicidi irrisolti. C’era dunque uno schema geografico. Inoltre “dieci delle undici vittime che precedettero al cimitero Simonetta Cesaroni sappiamo furono strangolate. Soltanto a Fernanda Durante il serial killer tolse la vita a pugnalate, e noi – hanno scritto gli autori – le pugnalate le abbiamo confrontate. Abbiamo paragonato lo schema dei colpi di serramanico sul corpo di Fernanda Durante alla sequenza delle stilettate su quello di Simonetta Cesaroni. Entrambe furono ferite mortalmente alla gola e al petto, e non ci sarebbe molto da dire, ma tutte e due furono anche pugnalate sulle cosce. Non si trattò di ferite mortali. Si trattò forse di ferite rituali”. Inoltre le vittime avevano un aspetto fisico simile, i cadaveri venivano portati in luoghi diversi, lavati e privi degli indumenti intimi. A ciò va aggiunto il fatto che sulla scrivania accanto al cadavere della Cesaroni “l’assassino lasciò anche un biglietto - scrivono gli autori – cera scritto CE DEAD OK, che potrebbe significare Cesaroni uccisa ok, ma le lettere C ed E sono anche la prima e lultima del cognome dell’uomo della Ferrari”, ossia del serial killer ancora in libertà.

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