Riforme giustizia: avvocatura e magistratura divise

 Angela Stella Il Riformista 1 novembre 2022

Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge contenente, tra le altre, misure urgenti in materia di ergastolo ostativo e rinvio dell’entrata in vigore della riforma del processo penale al 30 dicembre. Due reazioni opposte da parte di magistratura e avvocatura. Positiva da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, negativa dall’Unione delle Camere Penali Italiane. Giuseppe Santalucia, vertice del sindacato delle toghe, ha infatti dichiarato: “il Ministro della Giustizia e l’intero Governo hanno fortunatamente dato ascolto alle indicazioni della magistratura associata in ordine all’opportunità di una disciplina transitoria per importanti settori della recente riforma del processo penale. Il rinvio dell’entrata in vigore del decreto attuativo si pone infatti come passaggio necessario alla definizione della disciplina transitoria e – questione di non minore rilievo – al riassetto organizzativo degli uffici giudiziari. Nel rispetto del complessivo impianto della riforma, che contiene innovazioni significative specie sul versante del sistema sanzionatorio, occorrerà ora adoperarsi affinché il suo concreto avvio non soffra rallentamenti interpretativi e non patisca ostacoli organizzativi", ha concluso Santalucia. Per quanto concerne il fine pena mai, lo stesso Santalucia all’Ansa ha detto: “una normativa ci voleva, credo che abbiano attinto a quella approvata da un ramo del Parlamento con qualche modifica. Capisco l'urgenza perché l'8 novembre ci sarà l'udienza della Corte costituzionale” e dunque “non mi sento di condividere il giudizio tranchant degli avvocati penalisti. Sul merito non mi sento di esprimermi- ha aggiunto-. Una disciplina comunque doveva esserci, ne discuteremo, ci sono 60 giorni di tempo per la conversione e se ci sarà da intervenire lo faremo”. Critiche invece dall’Unione delle Camere Penali Italiane che hanno redatto un duro documento: “le addotte (seppure del tutto genericamente) difficoltà di ordine strutturale e logistico degli uffici giudiziari certamente non possono riguardare tutta la parte della riforma dedicata al sistema sanzionatorio e della esecuzione penale. La pretestuosa estensione anche a questa importante parte della riforma di esigenze di natura organizzativa, qui del tutto irrilevanti, autorizza la convinzione che detto ingiustificato rinvio preluda ad una riscrittura di questa parte della riforma, attesa la sua evidente incompatibilità con la fosca narrazione identitaria del ‘buttare la chiave’ che, all’evidenza, vuole ispirare i primi passi del nuovo governo in tema di giustizia penale”. Sulla questione dell’ergastolo ostativo la Giunta dell’Ucpi ha scritto: “Il Parlamento è stato inadempiente, ed ora la mera pendenza della udienza fissata dalla Corte per il prossimo 8 novembre non può certo tramutarsi in una ragione di urgenza, trattandosi di un esito chiaro e noto sin dalla pronuncia della ordinanza, e già prorogato una volta.  Al contrario, con il pretesto della urgenza in realtà si punta a sterilizzare la decisione della Corte, che peraltro si troverà comunque di fronte ad un provvedimento di natura provvisoria perché in via di conversione”. Riguardo al merito della norma, che ricalca sostanzialmente il testo approvato dalla Camera a marzo, i penalisti sono entrati nel merito: “il d.l. propone un inammissibile peggioramento -rispetto a quello già oggetto della valutazione di incostituzionalità della Corte- del quadro normativo in tema di ostatività ed accesso alle misure alternative alla detenzione. In tal modo si pone in essere un inedito, gravissimo conflitto tra il legislatore ed il giudice delle leggi, un vero atto di ribellione del primo verso il secondo, in spregio degli assetti istituzionali e costituzionali che regolano quel rapporto. Inoltre, si opera una inammissibile manipolazione informativa verso la pubblica opinione, rappresentando le misure adottate come riferibili in via esclusiva all’ergastolo ostativo ed ai reati di mafia. le misure peggiorative introdotte riguardano tutti i reati ostativi, a cominciare dai reati contro la pubblica amministrazione”. Sullo stesso piano il commento dell’associazione Antigone: "La riforma approvata è un’occasione parzialmente persa", ha detto il presidente Patrizio Gonnella, che ha proseguito: "Il governo è rimasto imprigionato nella paura di fare un regalo alle mafie, innovando in modo non sufficiente la legislazione penitenziaria. È mancato un generale ripensamento dell’attuale disciplina della concessione dei benefici ai condannati per una serie del tutto eterogenea ed illogica di reati anche ben distanti da qualsiasi matrice organizzata, mafiosa o terroristica. Nel decreto c’è finanche un inutile aggravamento di tale disciplina". E ha concluso: “Vedremo se la Corte potrà dirsi soddisfatta. Ricordiamo che sul tema si era espressa anche la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo (Viola c. Italia) segnalando la necessità di un ripensamento dell'ergastolo ostativo. La sicurezza del Paese non è a rischio se i giudici di sorveglianza, nell'esercizio discrezionale delle loro funzioni, possono in casi ritenuti meritevoli favorire percorsi di rientro controllato nella vita libera dopo decenni di carcere. Uno Stato forte e autorevole non teme i propri giudici né deve auspicare la morte in prigione di nessuno”. 


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