De Pau: come non ha funzionato la norma sulla presunzione di innocenza

 Valentina Stella Il Dubbio 22 novembre 2022

La ricerca prima e la cattura poi del presunto assassino delle tre prostitute tra via Durazzo e via Augusto Riboty a Roma ha dato vita ad un profluvio di informazioni da parte di tutti i mass media. Il che è comprensibile, considerato che, a ridosso degli omicidi, la capitale si sentiva in pericolo con un serial killer in libertà. Il problema è sorto quando un sospettato è stato condotto all’alba di sabato nella Questura di Roma e da quel momento sono uscite da quel palazzo continue indiscrezioni sul suo interrogatorio, che si stava svolgendo alla presenza del suo legale di fiducia, Alessandro De Federicis. Praticamente, quasi in diretta, come un telefono senza fili, si è detto sull’indagato Giandavide De Pau di tutto e di più: che aveva tamponato la ferita ad una delle due cinesi, che aveva vagato per Roma, dove era andato nei giorni in cui lo stavano cercando, che avrebbe ammesso i delitti, che avrebbe confessato solo in parte e così via, saltando da una indiscrezione all'altra. Sabato mattina poi abbiamo letto su tutti i giornali una dichiarazione  del questore Mario Della Cioppa, che ha assicurato come “al momento la situazione è sotto stretto controllo e riteniamo di poter affermare che la collettività possa tornare ad essere più tranquilla, perché altri fatti collegati a questi tragici avvenuti non ci saranno. Al momento opportuno, gli organi investigativi e la Procura della Repubblica forniranno le informazioni doverose”. Prima considerazione: il questore sembra stia dando per certo che De Pau sia l’assassino. Ma una confessione, come poi leggerete dalle parole del suo avvocato, non c’è stata. E le indagini sono ancora in corso. Dunque una autorità pubblica ha indicato come colpevole qualcuno quando gli accertamenti sono ancora in corso? Seconda considerazione: avrebbe senso dare oggi ‘informazioni doverose’ considerato che per tutta la mattina di sabato i rubinetti comunicativi non ufficiali della Questura sono rimasti aperti? Ricordiamo che è in vigore da un anno la norma di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. Tuttavia questo caso di cronaca nera è l’esempio emblematico di come queste nuove disposizioni siano state disattese. In un caso di rilevanza pubblica come questo, sarebbe forse stata opportuna una conferenza stampa. E invece si è lasciato campo libero al “mercato nero della notizia”, come ribattezzato dalla firma del Corriere della Sera Luigi Ferrarella. A tale proposito, abbiamo chiesto informazioni proprio alla Questura: “non è nostra la responsabilità” ci hanno detto dall’ufficio stampa. Ma indagherete sulla fuga di notizie? “Se la Procura lo riterrà opportuno, provvederà lei”. Noi abbiamo chiesto direttamente al Procuratore capo Francesco Lo Voi cosa pensasse di quanto accaduto e se indagherà. Al momento nessuna risposta. Colui che certamente non ha fomentato l’infodemia su questo caso è proprio l’avvocato di De Pau, Alessandro De Federicis.  Chi lo conosce sa bene che non è tra gli alimentatori del processo mediatico parallelo. Infatti quando lo chiamiamo per sottoporgli la questione ci dice sinteticamente: “a chi mi ha chiamato in questi giorni, tra i suoi colleghi, ho detto che non avrei riferito nulla se non che la posizione generica è di totale black out cerebrale di un soggetto fragile. Se ha commesso lui i delitti – questo lo stabiliranno eventualmente le indagini – saremmo in presenza di un gesto folle. E qui mi fermo”. Eppure di indiscrezioni ne sono uscite tantissime: “durante l’interrogatorio durato sette ore è stato detto tutto e il contrario di tutto, perché l’uomo, che soffre di disturbi psichiatrici da tempo, non riusciva a dare coerenza al racconto. Se si fa uscire una notizia, questa poi rischia di essere smentita cinque minuti dopo”. E invece sabato mancava solo che trapelasse la marca di slip del suo assistito dalla Questura: “Senza la dovuta pazienza di verificare le notizie, e invece in preda alla smania di dover scrivere e arrivare prima degli altri, la stampa ha preferito pubblicare qualsiasi cosa a qualunque costo, anche quello di sostenere l’insostenibile, ossia che il mio assistito appartiene alla criminalità organizzata. Non esiste da nessuna parte che lui faccia parte del clan Senese. De Pau stava solo all'ospedale psichiatrico giudiziario con Michele Senese ma non appartiene al clan. Poi, visto che Senese non aveva la patente, qualche volta si è fatto accompagnare da De Pau in giro per Roma. I processi per il clan Senese non hanno mai avuto come imputato il mio assistito”. Per De Federicis si tratta di “informazioni errate che hanno tentato di spostare il baricentro della brutta vicenda delle tre povere donne uccise su un profilo – falso -  legato alla criminalità organizzata”. 

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