Consulta fa Ponzio Pilato

 Angela Stella Il Riformista 9 novembre 2022


Alla fine il cerchio forse si chiuderà laddove tutto è iniziato, ossia in Cassazione. Eh già, perché dopo 18 mesi dalla prima pronuncia sull’ergastolo ostativo la Corte Costituzionale ieri ha rinviato tutto a piazza Cavour, o meglio al Consigliere Giuseppe Santalucia, che sollevò anni fa il dubbio di legittimità costituzionale.  “Dopo due rinvii disposti per concedere al legislatore il tempo necessario al fine di intervenire sulla materia (ordinanze n. 97 del 2021 e n. 122 del 2022), la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato oggi (ieri, per chi legge), in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo.  Oggetto di scrutinio sono le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento”. In attesa del deposito dell’ordinanza la Consulta ha fatto sapere di aver “deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, che contiene, fra l’altro, misure urgenti nella materia in esame”. Il motivo? Il decreto legge del Governo Meloni varato lo scorso 31 ottobre è vigente, seppur attende di essere convertito entro 60 giorni dal parlamento. “Le nuove disposizioni – si legge in una nota della Corte - incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all’ergastolo) per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia. Costoro sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo”.  Pertanto gli atti vengono “restituiti alla Cassazione, cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza”. Ora che succede? Passeranno tra i due o tre mesi prima che la Cassazione possa esprimersi. In quel momento ci sarà anche la legge di conversione dell’attuale decreto legge e quindi Santalucia potrà esprimersi direttamente su quella. Lì si aprono due strade: per l’ermellino la legge di conversione pur ponendo paletti stringenti permette in teoria all’ergastolano ostativo non collaborante di poter richiedere l’accesso alla liberazione condizionale. Oppure risolleva il dubbio dinanzi alla Corte Costituzionale che (finalmente) ne valuterà la conformità a Costituzione. L’avvocato Giovanna Araniti, legale di Salvatore Pezzino, in carcere dal 1984 e dal cui ricorso tutto è iniziato, così commenta: “prendo atto della decisione della Consulta e mi auguro che la Corte di Cassazione valuti oculatamente, come ha già fatto, la nuova normativa e risollevi la questione dinanzi ai giudici costituzionali”.  Abbiamo raccolto anche il parere dell’avvocato e professore ordinario di Diritto penale all'Università di Bologna, Vittorio Manes: “mi pare una decisione del tutto comprensibile dal punto di vista procedurale. L’auspicio è che la Corte di Cassazione conduca lo scrutinio della nuova norma con l’ennesimo rigore con il quale ha sollevato in precedenza la questione di legittimità costituzionale”.  Ieri mattina la causa relativa all’ergastolo ostativo era stata la prima ad essere discussa. Relatore: il vice presidente Nicolò Zanon. L’ Araniti aveva chiesto alla Corte di dichiarare incostituzionale il decreto legge del Governo Meloni perché vigente. Esso rappresenta, aveva detto, la “morte del diritto alla speranza, spero invece che la Corte emetta una sentenza di illegittimità costituzionale che rappresenti il germoglio di un nuovo umanesimo. Il principio della riabilitazione della pena deve valere per tutti”. Aveva proseguito: “Ci troviamo dopo 18 mesi senza una legge approvata dal parlamento ma con un decreto, proposto alle Camere come antidoto”. Ma quel decreto, a parere della legale, non ha “i presupposti per la decretazione d'urgenza”. Inoltre alla luce del nuovo testo, “credo -aveva concluso - che la questione sollevata dalla Corte di Cassazione rimanga”. Di parere diverso l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia: “credo che il legislatore governativo sia stato pedissequo con quanto richiesto dall'ordinanza della Consulta” con la sua ordinanza del 2021. Pertanto il nuovo decreto legge, secondo il legale, è da ritenersi “legittimo”. Secondo l'avvocatura dello Stato c’erano dunque i presupposti per la remissione degli atti del procedimento alla Corte di Cassazione, che aveva sollevato la questione davanti alla Consulta. La Consulta ha accolto questa richiesta, senza però entrare formalmente nel merito del decreto legge. Durante la discussione della causa, ad un certo punto il giudice Zanon aveva interrotto l’avvocato Araniti chiedendole: “cosa ci sta chiedendo? Di estendere o di sollevare dinanzi a noi la questione?”. Quindi durante il giorno era parso possibile pure che la Corte potesse impugnare davanti a sé il nuovo decreto. E invece ha preso la strada più forse semplice, buttando la palla in un altro campo, costretta dal fatto che il decreto legge è vigente. Sicuramente non avrebbe potuto esprimersi sulla legittimità costituzionale del dl perché a breve potrebbe essere modificato in sede di conversione. Ma avrebbe potuto aspettare la legge di conversione e giudicare quella in base ai principi costituzionali. In fondo questi ultimi diciotto mesi sono stati un po' bizzarri: una norma ritenuta incostituzionale ma non dichiarata tale in maniera definitiva, un Parlamento inetto, e una Corte troppo benevola con la politica e poco sensibile invece verso tutti quegli ergastolani a cui giorno dopo giorno viene sempre più a mancare quel diritto alla speranza. 

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