Lamezia Terme: avvocati pericolo pubblico

 di Valentina Stella Il Dubbio 7 aprile 2022

"In difesa del prestigio dell’avvocatura e per la rimozione di ogni ostacolo alla pari dignità tra tutti gli attori della giurisdizione" è il titolo di un documento licenziato dalle Camere penali calabresi - Catanzaro, Crotone, Lamezie Terme, Vibo Valentia - per stigmatizzare quanto sta avvenendo negli ultimi giorni durante i processi contro la criminalità organizzata, a partire da quelli Rinascita Scott e Imponimento. "Da qualche giorno - scrivono i penalisti -  agli avvocati impegnati nei processi presso l’aula Bunker di Lamezia Terme, è inibito, per presunte e non meglio esplicitate ragioni di sicurezza, parcheggiare le auto nello sconfinato piazzale dell’edificio giudiziario". Chi abbia emesso il provvedimento non è dato sapere. Bocche cucite da parte degli agenti e militari chiamati a garantire la sicurezza. Comunque fino a qualche giorno fa "l’avvocatura, e non solo, vi accede(va) previo controllo da parte dei militari dell’esercito - un vero e proprio check-point - i quali registrano e annotano targa e documenti, previa verifica anche della effettività dell’impegno professionale. Inoltre, prima di accedere alla sede giudiziaria i difensori sono sottoposti ad ulteriori controlli, attraverso la verifica dell’identità personale (nuova annotazione del nome e numero di tessera professionale sul registro tenuto dalle guardie giurate della vigilanza privata) e al passaggio dal metal detector ogni qual volta si entra ed esce dall’aula". Poiché, però, criticano i penalisti, "l’avvocato rappresenta all’evidenza un “pericolo” per l’ordine pubblico e l’incolumità personale - di chi, lo si può solo intuire" è apparso   "necessario implementare i presidi di sicurezza al fine di neutralizzare la fonte di rischio, vietando l’utilizzo agli avvocati del predetto “piazzale”, già distante circa 300 mt. dall’aula".  Sia inteso, precisano, "qui non si tratta di rivendicare un diritto corporativo al posto auto (ora relegato in un luogo distante circa 800 mt.); è in gioco, invece, il doveroso e reciproco rispetto che tutti gli attori della giurisdizione dovrebbero reciprocamente riconoscersi come terreno minimo comune sul quale edificare e garantire il buon andamento della vita giudiziaria".  Inoltre "presso il Tribunale e la Corte D’appello di Catanzaro è stato introdotto, da pochi giorni, per i soli avvocati (non anche per magistrati, personale di cancelleria, addetti all’ufficio del processo, guardie giurate, carabinieri, fonici, etc) il controllo di borse e valigette sul nastro trasportatore del metal detector. Sicché, all’evidenza, l’avvocato è considerato come “fonte di pericolo per la sicurezza pubblica”. Nella casistica delle circostanze, dei luoghi comuni o di quant’altro possa svilire e attaccare il ruolo difensivo, questa mancava". Il problema, secondo le Camere Penali, è che " dilaga la cultura del sospetto, l’utopia securitaria rappresenta l’ennesimo e ingiustificato attacco nei confronti dell’avvocatura, degno di un regime illiberale, in cui il difensore è avvertito come un nemico del popolo e, come tale, merita di essere avversato". La questione è stata sollevata nell'udienza del 1 aprile dall'avvocato Michele Andreano, che ha anche ricordato che "anche il bar è stato chiuso e quindi neanche una bottiglietta d’acqua si può prendere in questa maestosa Aula, ma siamo costretti anche, come dire, a portarci i viveri e le bevande". Sembrerebbe perché qualcuno tema che gli imputati a piede libero possano parlare tra loro davanti ad una tazza di caffè. A lui, durante l'udienza, si sono poi associati altri colleghi, tra cui l'avvocato Vincenzo Comi (che è anche presidente della Camera Penale di Roma) difensore di uno degli imputati, che ci dice: "si tratta di una vera e propria anomalia, soprattutto in un momento così delicato per l'organizzazione dei processi e per il rispetto delle prerogative difensive. Cosa sia accaduto negli ultimi giorni di così grave da inibire a noi avvocati l’utilizzo del parcheggio non è dato sapere. Durante l'udienza ho chiesto che della questione venisse investito il Presidente del Coa, il Presidente della Corte di Appello e quello dei penalisti del capoluogo. È come se magistrati e cancellieri entrano dalla porta principale mentre noi avvocati da quella di servizio. Questo non è tollerabile". Per tutto questo le camere penali firmatarie del documento chiedono "che il Presidente della Corte e il Procuratore Generale del Distretto di Corte D’Appello di Catanzaro, ognuno nelle rispettive competenze, revochino, con effetto immediato, i provvedimenti che hanno determinato il trattamento discriminatorio riservato all’avvocatura".   


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