Albamonte: nessuna marcia indietro Pronti a scioperare se la riforma non cambia

 di Valentina Stella Il Dubbio 23 aprile 2022

 

Tra una settimana l'Assemblea Generale dell'Anm si riunirà per decidere se indire lo sciopero contro la riforma del Csm. Facciamo il punto con Eugenio Albamonte, Segretario di AreaDg.

 

Dottor Albamonte, ci aiuti a capire: è il momento del dialogo o dello sciopero?

 

Si devono assolutamente creare i presupposti per un ripensamento di alcuni passaggi della riforma, e in particolare di quelli emersi dopo il Consiglio dei Ministri dell'11 febbraio.  La riforma che la Ministra Cartabia aveva portato al  tavolo dei partiti della maggioranza  racchiudeva degli aspetti di criticità, che abbiamo evidenziato  in numerosi documenti e dichiarazioni pubbliche; tuttavia, quella proposta allora non ci sembrava animata da intenti punitivi. Quando poi la discussione tra i partiti si è riaperta, e in quel progetto iniziale di riforma sono state inserite proposte emendative, l’impianto complessivo è stato modificato in modo devastante per l’aspettativa di giustizia dei cittadini e per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Queste modifiche hanno destato una diffusa e forte preoccupazione al nostro interno.

 

E quindi avete deciso di alzare il livello di scontro?

 

Abbiamo dimostrato nei confronti delle istituzioni  il massimo rispetto, ricercando il confronto e motivando le nostre critiche; ma queste sono rimaste del tutto inascoltate, mentre in pochi giorni sono state introdotte ulteriori modifiche sulle quali non ci sono state interlocuzioni nè confronti con la magistratura. Per questo l’ANM ha messo in campo una serie di iniziative finalizzate a  spiegare ai cittadini  che alcune scelte sono inutili e dannose. Ci auguriamo di non dover arrivare allo sciopero, il nostro senso di responsabilità nell'esercitare una delle funzioni più delicate dello Stato ci spinge a percorrere tutte le strade alternative, ma siamo da subito pronti a utilizzare questa forma estrema di protesta nell'ipotesi in cui non arrivasse alcun segnale di riapertura al confronto ed all'ascolto.

 

Ma quindi vorreste un incontro della Ministra Cartabia con l'Anm?

 

Auspichiamo che ci siano degli spazi di ascolto reali in relazione ai problemi che noi poniamo.

 

Perché si è passati dal dire che lo sciopero era inevitabile per poi ritornare al dialogo? Secondo alcune nostre fonti si è prima deciso di ascoltare la base, poi, vedendo le critiche piovute sull'opzione dello sciopero, si è fatta marcia indietro.

 

Non so quali siano queste fonti. Io sono abituato a parlare senza nascondermi nell’anonimato e questa ricostruzione mi sembra infondata. Nessuna marcia indietro. Sicuramente nelle ultime settimane, dopo un iniziale disinteresse, il corpo della magistratura ha preso consapevolezza della gravità della situazione, determinata dagli ultimi emendamenti al testo della Ministra. Ed è sicuramente apprezzabile che molti magistrati giovani e fuori dalle correnti si stiano rendendo protagonisti di questa mobilitazione, che è generalizzata. I recenti fatti hanno certamente indebolito il senso dell'associazionismo; fa piacere constatare che tornino ad esserci interesse e partecipazione, seppur in un momento così difficile. 

 

Alberto Cisterna proprio sul Dubbio ha scritto che forse un errore è stato quello di fare affidamento sul fatto che "le solite interlocuzioni con i soliti ambienti politici avrebbero garantito, anche questa volta, un ombrello protettivo alle toghe".

 

Non ho mai contato sul fatto che ci potessero essere soggetti politici più amici di altri. All’opposto registro da tempo una diffusa insofferenza della politica, ma anche di alcuni settori della società civile del mondo imprenditoriale, nei confronti dell'azione della magistratura: da quando si sono verificati i fatti dell'Hotel Champagne questa diffusa insofferenza ha preso a pretesto quei gravi fatti per intraprendere una strada che non risolve quei problemi e tende invece a ridimensionare l’azione giudiziaria.

 

Passiamo al pomo della discordia: il cosiddetto fascicolo di performance.

 

Una misura concepita pensando a specifiche indagini, soprattutto di alcune procure del sud, rispetto alle quali, a fronte della prima ondata di misure cautelari, il Riesame e la Cassazione possono averne in parte  ridimensionato l’iniziale portata. Ma questo è del tutto  fisiologico e quand’anche non lo fosse ci sono già gli strumenti di tutela del processo e di valutazione sul piano professionale.

 

Ma qual è il problema?

 

Il fascicolo raccoglierà l'esito delle decisioni che vengono prese nei gradi successivi di giudizio, fondandosi sull’idea di verificare ex post se gli assunti iniziali erano corretti. Dalla conferma delle decisioni nei gradi successivi si  farà discendere la valutazione della professionalità del magistrato. È una operazione che tradisce la stessa funzione del diritto e della giurisprudenza; strumenti che si evolvono nel tempo in relazione all'evolversi della società.

 

Ci faccia qualche esempio.

 

Se oggi i rider hanno una tutela non è grazie alle multinazionali che li utilizzano ma ai giudici del lavoro che hanno intrapreso  orientamenti giurisprudenziali innovativi e  coraggiosi. Se quegli stessi giudici si fossero dovuti preoccupare del fatto che forse la Corte di Appello li avrebbe smentiti, avrebbero comunque assunto le stesse decisioni? Se fosse stato già in vigore questo nuovo fascicolo, tutti gli orientamenti sul consumo di gruppo delle sostanze stupefacenti e sulla coltivazione per uso personale, che hanno restituito spazi di libertà, non ci sarebbero stati. Ma pensiamo anche alle indagini: se un magistrato si fosse dovuto sentire intimorito dal rischio di smentita,  non avremmo avuto i risultati pregevoli conseguiti  dalla Procura di Milano, che ha recuperato alla fiscalità legale i proventi delle multinazionali del web. In questi giorni  il Codacons si è detto contrario allo sciopero dei magistrati senza  rendersi conto che la maggior parte dei suoi successi nell’affermazione dei diritti dei consumatori è dovuta al fatto che le tesi dei loro avvocati sono state recepite dai giudici di primo grado, che non hanno avuto paura  di essere smentiti nei gradi successivi. In ultimo la vicenda Cucchi: dopo una decisione passata in giudicato che aveva escluso ogni responsabilità, quale Procura avrebbe avuto il coraggio di riaprire le indagini sapendo che il Procuratore o il sostituto sarebbero stati valutati negativamente se quella inchiesta non fosse arrivata a delle condanne?

 

Tuttavia Md  ha scritto che "sulle valutazioni di professionalità le proposte sono state tutte orientate ad una chiusura corporativa, incapace di una sana autocritica, ma anche di spiegare le ragioni di senso del sistema di valutazione dei magistrati".

 

In quel documento non vedo una proposta alternativa. E concentrarsi solo sull'inserimento degli avvocati nei Consigli giudiziari a me non sembra una risposta soddisfacente. Quel presidio non rappresenta in sé garanzia di nulla. Anzi, soprattutto in alcune zone d'Italia, dove  la tensione che c'è nei processi si trasferisce anche nei rapporti  tra la magistratura e il foro, creerebbe un ulteriore momento di conflitto  sul piano della valutazione di professionalità. Servirebbero almeno norme di contenimento finalizzate a scongiurare conflitti di interesse. Se vogliamo fare un ragionamento serio sulla partecipazione dell'avvocatura nei Consigli giudiziari dobbiamo creare dei meccanismi simili a quelli che disciplinano la presenza di professori  e avvocati nel Csm, neutralizzando il portato di conflittualità legate ai  processi ed il rischio di condizionamento della serenità del giudizio.

 

Però un parere del Coa, che è l'istituzione dell'avvocatura, non potrebbe essere la soluzione?

 

Dipende. Torno sempre alla Calabria: se uno o più avvocati sono coinvolti in un'inchiesta giudiziaria in quel contesto, si crea una contrapposizione del mondo dell'avvocatura rispetto a quello della magistratura che ha natura devastante e che con le nuove norme, in assenza di correttivi adeguati, passerebbe  dai giornali e dalle aule di Tribunale sin dentro il Consiglio Giudiziario.

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