Referendum e giustizia: intervista a Carlo Nordio

 di Angela Stella Il Riformista 15 febbraio 2022

 

Questa settimana è segnata da tre date importanti: oggi la nuova Corte Costituzionale presieduta da Giuliano Amato deciderà sull'ammissibilità di 8 quesiti referendari (uno su eutanasia, uno su cannabis, sei sulla giustizia - Legge Severino, misure cautelari e recidiva, separazione delle funzioni dei magistrati, partecipazione di membri laici ai Consigli giudiziari e al Consiglio direttivo della Cassazione, responsabilità civile diretta dei magistrati, elezione dei componenti togati del Csm); domani arriverà in Commissione giustizia della Camera il testo di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e dell'ordinamento giudiziario approvato nel Consiglio dei Ministri di venerdì; il 17 febbraio sarà il trentesimo anniversario di Tangentopoli. Tutto questo scenario ci chiama ad una riflessione profonda per cercare di capire le conseguenze e gli intrecci delle due strade di riforma: quella parlamentare e quella possibile popolare. Sullo sfondo il destino della nostra magistratura. Nel giorno della sua relazione al Parlamento qualche settimana fa la Ministra Cartabia, rispondendo alla senatrice di +Europa Emma Bonino, aveva chiaramente detto che riforme parlamentari e referendum sono "due percorsi legittimi, paralleli, hanno poche aree di sovrapposizione e bisognerà in quel caso vedere se il legislatore soddisfa le richieste dei referendum o meno; ci sono tutte quelle tecniche che ben conosciamo e il nostro impianto costituzionale prevede queste forme di dialogo tra il lavoro in Parlamento, la democrazia rappresentativa e quella del referendum». Ma non la pensano così tutti i partiti, in primis il Partito Democratico, mentre Salvini invoca un centrodestra compatto se si andasse a votare in primavera.  Pensate invece che il  senatore del Pd Salvatore Margiotta ha scritto su twitter: " Sono pentito di non aver firmato -per disciplina di partito, e per rispetto del mio stesso ruolo in Parlamento- i referendum sulla giustizia, o almeno alcuni di essi. Se la Corte li ammetterà, farò la mia parte nella campagna", mentre la dem Enza Bruno Bossio ha confermato di averli sottoscritti tutti. Insomma un vaglio positivo della Consulta porterebbe scompiglio nei partiti e se ne vedrebbero delle belle.  Di tutto questo parliamo con il dottor Carlo Nordio, ex magistrato, che da giovedì è in libreria proprio con "Giustizia. Ultimo atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura" (Guerini e Associati Editore, pag 192, euro 18,50).

Referendum: il presidente della Consulta Amato ha detto "Non si cerchi il pelo nell'uovo". Segnale positivo?

Non si tratta di una anticipazione  di una sentenza di merito sulla costituzionalità di una legge, ma il chiarimento di un principio  che riguarda l'affermazione della volontà popolare. Quindi ha fatto bene a specificare quella necessità di 'evitare di cercare il pelo nell'uovo'. Tutto lascia ben presagire che, a parte qualche probabile limatura o rimodulazione di qualche quesito tecnicamente imperfetto, i referendum si faranno.

Nella presentazione del suo libro leggiamo che "Indipendentemente dalla formulazione dei quesiti, imperfetta e spesso incomprensibile, il messaggio sottostante è chiarissimo: occorre una rivoluzione copernicana del sistema giudiziario, perché il tempo sta per scadere". Abbiamo quindi davvero bisogno che i cittadini si esprimano?

Assolutamente sì perché, come ho scritto nella terza parte del mio libro, l'importanza del referendum giustizia non risiede tanto nei singoli quesiti quanto nel messaggio che i cittadini possono dare: ossia se siano o meno soddisfatti di questo modo di amministrare la giustizia. Abbiamo una magistratura la cui credibilità è ai minimi termini, da poco abbiamo assistito allo scontro tra Csm e Consiglio di Stato, altri scandali stanno coinvolgendo la Procura di Milano. I referendum non riuscirebbero a sanare la situazione ma sarebbero un segnale importante sia per la magistratura che per la politica. Faccio presente che nel nostro Paese molti referendum hanno spesso trasceso la contingenza del quesito: basti pensare a quello costituzionale del 2016 che si trasformò in un referendum pro o contro Renzi; o a quello di oltre 40 anni fa sul divorzio che fu pro o contro Fanfani.

La Ministra Cartabia, rispondendo in Senato a Emma Bonino, ha detto che i referendum viaggiano paralleli alle riforme, non sono in contrasto.

Esatto, ma per una semplice ragione. Le riforme proposte dal Governo in materia di giustizia, in parte importanti come quelle sulle porte girevoli, tuttavia sono il minimo sindacale rispetto alla reale necessità di quella rivoluzione copernicana di cui avrebbe bisogno il nostro sistema giudiziario.

Quindi secondo Lei quella appena licenziata dal Cdm è una riforma al ribasso?

È insufficiente per eliminare o anche solo per limitare i problemi di fondo del nostro sistema giudiziario. Certo, qualche aspetto positivo lo contiene. Come dicevo prima, la riforma sulle porte girevoli sicuramente rappresenta un passo avanti; anche se, a mio parere, bisognerebbe distinguere tra i magistrati che cercano consenso politico e quelli che vengono incaricati come tecnici nei vari ministeri. Detto questo, sono anche favorevole ad una forte riduzione dei magistrati fuori-ruolo: credo che dei 200 attualmente distaccati ne basti solo il 10 per cento, gli altri dovrebbero tornare a lavorare nei tribunali.

Secondo Lei come mai non si è potuto fare di più?

La Cartabia non avrebbe potuto incidere di più, in quanto le riforme non le fa solo lei ma anche il Parlamento, al quale manca la volontà politica di portare avanti riforme strutturali significative.

Quali sono i problemi di fondo del nostro sistema giudiziario?

Noi abbiamo un sistema giudiziario schizofrenico: da un lato un codice di procedura penale, firmato da una Medaglia d'argento al valor militare per aver preso parte alla Guerra di Liberazione (Giuliano Vassalli, ndr), saccheggiato e demolito perché incompatibile con la Costituzione. Dall'altro un codice penale che è del 1930, firmato da Benito Mussolini e dal Re, che gode di ancora di ottima salute. Tutto ciò dimostra che nel nostro Paese se non si fa una riforma costituzionale radicale non si risolvono i problemi di fondo, in quando la nostra Costituzione ha demolito il codice Vassalli e ha tenuto in piedi quello fascista.

Quali modifiche in particolare bisognerebbe apportare?

Separazione delle carriere, discrezionalità dell'azione penale,  differenza tra il giudice del fatto e giudice del diritto, allargamento dei patteggiamenti, e soprattutto la ridefinizione del ruolo del pubblico ministero. Il pm italiano è l'unico al mondo che gode di un potere immenso senza responsabilità: ha quello di dirigere la polizia giudiziaria, come fa anche il procuratore distrettuale americano, ma, a differenza di quest'ultimo che è elettivo, il nostro pm gode delle guarentigie del giudice.  Pertanto, la ragione per cui migliaia di processi si celebrano inutilmente, senza che nessuna ne risponda dipende dal fatto che il pubblico ministero ha un arbitrio assoluto e incontrollato su cosa indagare e cosa no. E, quindi, anche quando fa spendere milioni di euro per le intercettazioni, provoca dolore creando false aspettative nelle vittime di reato, e distrugge le vite degli imputati, poi assolti, nessuno gli chiede conto del suo operato. Negli Usa dovrebbe cambiare mestiere, perché lì vengono valutati i risultati del prosecutor.

Tornando alla riforma appena licenziata, i partiti, soprattutto Pd e Forza Italia, continuano a discutere sul tema della legge elettorale.

È illusorio pensare che cambiando la legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura si riduca il potere delle correnti, in quanto il correntismo è molto radicato, soprattutto tra i magistrati più anziani. Diciamolo chiaramente: è una pura questione di potere, non c'entra nulla la cultura della giurisdizione o l'autonomia della magistratura. Questo potere non vorranno mai abbandonarlo e quindi studieranno il miglior modo per adattare qualsiasi nuova procedura elettiva affinché possano mantenerlo. Un esempio molto significativo è quanto accaduto circa 30 anni fa con le elezioni politiche: fu introdotto il sistema uninominale pensando che ognuno potesse votare il proprio candidato ma poi alla fine i partiti, in modo bizantino, si sono divisi prima le varie circoscrizioni, mantenendo così i difetti del sistema  proporzionale senza averne i pregi. Così faranno anche per il Csm. L'unica soluzione è il sorteggio: è vero però - e qui la Ministra ha ragione - che per attuare questo sistema occorre una modifica costituzionale. Quindi, tornando a quanto detto prima, serve una nuova assemblea costituente per una riforma ampia della Costituzione.

Facciamo  un passo indietro: per frenare lo strapotere dei pm  sarebbe d'accordo a nuove valutazioni di professionalità basate anche sugli esiti dei provvedimenti?

Sono d'accordissimo. Ma ho dei forti dubbi sul fatto che venga applicata questa nuova valutazione: quelli che effettueranno questi giudizi saranno gli stessi magistrati che con il sistema attuale appartengono alle correnti: se fino ad ora hanno sempre qualificato come intelligentissimi, bravissimi e operosissimi i loro protetti, faranno lo stesso anche un domani, giustificandosi con il fatto che l'azione penale era obbligatoria.

Nel suo nuovo libro lei scrive che l'effetto collaterale più pernicioso di Mani Pulite è stato portare la magistratura al controllo dei partiti e alla tutela del Paese, fino al punto di sovvertire il responso delle urne e modificare gli equilibri parlamentari. Oggi come sono i rapporti tra politica e magistratura?

Oggi  il Parlamento è ancora più debole perché si è quasi dissolto quello che restava dei partiti  -  lo si è visto chiaramente durante le elezioni del Quirinale -. In tale scenario paradossalmente può essere più forte il capo del Governo che li tiene tutti in riga. Allo stesso tempo però la magistratura, a seguito degli scandali ripetuti e continui,  si è estremamente indebolita. Pertanto la bilancia pende a favore della politica che potrebbe recuperare la sua legittima supremazia come sta tentando di fare. Peccato che il Parlamento abbia tante altre questioni da affrontare all'ordine del giorno - pandemia, economia, Ucraina, etc - e soprattutto è composto da forze, penso soprattutto al Movimento Cinque Stelle che ha della giustizia una visione giacobina.

E l'alleanza del M5S con il Partito democratico che peso ha?

Il Pd è molto oscillante: ha un'anima un po' garantista ma è sempre molto prudente per quanto concerne i  rapporti con la magistratura. A parole sostiene la necessità delle riforme, alla prova dei fatti si oppone. Basti vedere l'atteggiamento sul referendum: quello sulla giustizia gli fa paura perché se dovesse avere una manifestazione di volontà popolare univoca e forte smentirebbe quella che è la politica giudiziaria del Pd degli ultimi quarant'anni.

Che Presidente del Csm è Mattarella? Poco incisivo o ha parlato nel momento giusto?

Nella prassi non ha alcun potere operativo nei confronti del Csm. Invece secondo la Costituzione potrebbe intervenire, tanto è vero che Cossiga, che era un grande costituzionalista, ha provato a farlo  ma il risultato è stato quello della richiesta dell'impeachment perché si era sollevata contro l'intera magistratura e parte della politica con il PdS.

Ultimissima domanda: l'Anm processa i magistrati coinvolti nelle chat di Palamara. Che ne pensa?

Questa operazione non può svolgerla l'Anm perché è dentro fino al collo nel sistema Palamara. Quest'ultimo non è uscito come Minerva dalla testa di Giove. È uscito dall'Anm e l'ha governata per anni. 

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