Intervista a Tullio Padovani
di Valentina Stella Il Dubbio 17 febbraio 2022
Il professore
avvocato Tullio Padovani, Accademico dei Lincei, due giorni fa in Corte
Costituzionale ha sostenuto le ragioni del referendum sull'eutanasia legale
rappresentando "La Società della Ragione" e altre associazioni.
Come giudica la decisione della Consulta?
Profondamente
sbagliata. Il dispositivo della Corte riproduce in sintesi la motivazione della
sentenza della stessa Consulta del 2018 che sospese la questione di legittimità
costituzionale dell'articolo 580 cp (Istigazione o aiuto al suicidio) sollevata
dalla Corte di Assise di Milano nel caso Dj Fabo. Si rispose, rinviando al
Parlamento, che non si poteva dichiarare l'incostituzionalità perché bisognava
salvaguardare le persone fragili e vulnerabili. Ora ci troviamo dinanzi alla
stessa motivazione. L'errore è quindi duplice.
Perchè?
Il primo
errore consiste nel fatto di invocare una circostanza che non risponde alla
realtà normativa. La tutela delle persone debole e fragili è amplissimamente
rassicurata dalla piena e integrale sopravvivenza della disposizione del terzo
comma dell'articolo 579 c.p. che garantisce i requisiti di validità del
consenso.
Per capirci bene: con la modifica
referendaria chi avesse provocato la morte di un minorenne, di un infermo di
mente, di chi si trova in condizioni di
deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze
alcooliche o stupefacenti, o di una persona il cui consenso sia stato dal
colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con
inganno sarebbe stato comunque giudicato per omicidio?
Esatto.
Questi paletti sono talmente stretti -
nel senso che definiscono tutta una serie di circostanze - e nello stesso tempo
talmente ampi - perché definiscono
quelle stesse situazioni in modo vago - che
a posteriori non sono stati mai accertati. Il 579 cp sta lì a sancire il
principio di indisponibilità della vita ma non ha mai ricevuto alcuna
applicazione, perché mai si è riconosciuto
un valido consenso alla propria uccisione. Quindi le persone fragili
sarebbero state tutelate esattamente come lo sono ora.
Qual è la seconda ragione per cui è
sbagliata?
Una
motivazione che era stata utilizzata per rigettare una questione di
costituzionalità è stata utilizzata in sede impropria, ossia per giudicare dell'ammissibilità
o meno di un quesito referendario, che invece andrebbe vagliata solo tenendo
presente i casi previsti dall'articolo 75 della Costituzione (Non è ammesso il
referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali). Invece i giudici
costituzionali sono andati ad esaminare una eventuale normativa di risulta,
facendo considerazioni completamente avulse dal contesto di ammissibilità.
Nel motivare l'ammissibilità dei quattro
quesiti sulla giustizia, si sono invece usati i parametri dell'articolo 75 da
lei citato.
E invece per
il referendum eutanasia si è andati oltre.
Molti sostengono che se fosse passato il
referendum si sarebbe creato un vuoto normativo.
Ma quale vuoto
normativo? Non è vero che sarebbe accaduto questo. Quando hanno dichiarato la
parziale incostituzionalità dell'aiuto al suicidio è la Corte stessa che si è
chiesta come colmare il vuoto normativo. E ci è risposti di ricorrere alla
legge del 2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni
anticipate di trattamento”, che è l'unica che esiste in materia di fine vita. La
giustificazione del vuoto normativo è pretestuosa.
Il leader dell'Associazione Luca Coscioni,
Marco Cappato, ha parlato di 'sentenza politica'. Lei è d'accordo?
Sono
d'accordo perché non vedendo ragioni giuridiche alla base della decisione della
Consulta non posso che vedere ragioni politiche.
Dettate da cosa?
Questa
materia non è semplicemente divisiva perché
- lo sappiamo tutti - la maggioranza degli italiani sarebbe stata
favorevolissima alla soluzione prospettata dal referendum. Ma noi in Italia
abbiamo l'ipoteca dello SCV.
Cioè?
Stato della
Città del Vaticano che su certe materie è ente sovrano. Valentina - si ricordi
- perdere il dominio in queste materie significa perdere il potere sui corpi, che
è il potere fondamentale come insegnava Marco Pannella. E la Chiesa non vuole
assolutamente perdere questo controllo.
La vita è un dono le verrà risposto oltre
Tevere.
Sono anche
d'accordo ma se ricevo una cosa in dono ne faccio quello che voglio. E poi ne
renderò conto a chi me l'ha donata. Se esiste, quel qualcuno mi giudicherà. Non
capisco come non ci si renda conto di una verità così elementare.
Ieri Vladimiro Zagrebelsky dalle colonne
de La Stampa pur sostenendo che la decisione della Corte non deve destare
sorpresa, ripercorrendo altre decisioni interne e sovranazionali, tuttavia ha
scritto che "alla volontà libera della persona che decide di morire, la
Corte ha sostituito l'autorità dello Stato. In tal modo ha adottato una
posizione autoritaria". Condivide?
Certamente. Si
è stabilito che in Italia esiste, e non si può contestare neanche con il voto
popolare, il dovere di vivere. I cittadini italiani non sono liberi di decidere
a maggioranza se la vita è un dovere. Devono subirlo invece questo dovere. Noi
siamo stati condannati a vivere. La nostra vita non ci appartiene: questo ci ha
detto la Corte Costituzionale.
Oppure bisogna andare all'estero o
continuare a praticare l'eutanasia clandestina.
Ai giudici
della Corte questo non interessa perché a loro vanno benissimo le soluzioni
ipocrite perché non turbano le coscienze. I sepolcri imbiancati restano
imbiancati. È difficile vivere in un Paese che da un lato si proclama
democratico e liberale ma che dall'altra parte ti obbliga a vivere anche se tu ritieni
che la tua vita non sia più degna di essere vissuta.
E ora che fare? Anche dal versante
parlamentare non arrivano buone notizie.
Sono
pessimista: secondo me non succederà più niente perché la sentenza della Corte
avrà effetti indiretti ma poderosi sul Parlamento, in quanto legittimerà la
stasi legislativa.
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