Referendum accorpati ai ballottaggi

 di Valentina Stella Il Dubbio 22 febbraio 2022

 Accorpare il voto referendario sui cinque quesiti 'giustizia giusta' ai ballottaggi delle amministrative 2022: da quanto si apprende, potrebbe essere questa la soluzione da adottare per portare gli italiani al voto nei prossimi mesi. È già avvenuto nel 2009 quando fummo chiamati ad esprimerci sul referendum abrogativo di alcune parti della legge elettorale in concomitanza con il turno del ballottaggio in 99 Comuni e 22 province. Oggi a chiedere l'election day è in primis la Lega che, insieme al Partito radicale, sostiene la campagna referendaria. D'accordo anche Forza Italia che con Antonio Tajani ha chiesto di andare alle urne con l'abbinamento.Tuttavia proprio dal Partito Radicale, il Segretario Maurizio Turco, interpellato sull'ipotesi accorpamento con i ballottaggi, ci dice: "se ci fosse assicurata la possibilità di una vera campagna di informazione, confronto e dibattito preferiremmo una data autonoma", ricordandoci che l'Italia ad agosto scorso è stata già condannata dalla Cedu per l’emarginazione mediatica dalla Rai della Lista Marco Pannella. Mentre nessuna risposta abbiamo ottenuto dalla Lega su questa eventualità. Al di là delle singole posizioni, il dato quasi scientifico è che messi fuori gioco dalla Corte Costituzionale i quesiti più popolari  - omicidio del consenziente, cannabis, responsabilità diretta dei magistrati - il pericolo che non si raggiunga il quorum è reale. Salvini per questo fa pressing per andare a votare tutto nello stesso giorno, puntando anche sul fattore economico: "si risparmiano 200 milioni, e di questi tempi...." ha detto due  giorni fa. Dunque più elettori e oculatezza garantita. Inoltre si eviterebbe di «occupare» le scuole che ospitano i seggi per tre volte (referendum, primo turno, ed eventuali ballottaggi) in un momento tra l'altro delicato dell'anno scolastico, già messo a dura prova dal covid e di conseguenza dalla Dad. Però, come dato storico, giova ricordare che nel 2009 fu proprio l'intero centrodestra, con i ministri leghisti Calderoli e Maroni in prima fila, ad opporsi all'election day nel tentativo di far mancare il quorum, e quindi invalidarne il risultato, perché contrari al merito della proposta referendaria. Si raggiunse poi un accordo e si optò per la data dei ballottaggi: 21 e 22 giugno.  Per l’accorpamento fu necessaria una legge ad hoc, la 40/2009, per derogare alla disciplina generale, in base alla quale la data del referendum deve essere fissata in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno. Tredici anni fa i votanti si fermarono poco sopra il 23 per cento: quorum non raggiunto.  Adesso qual è il quadro?  Alcune testate hanno riportato che la responsabile del Viminale vorrebbe mettersi di traverso per sabotare i referendum del suo acerrimo oppositore Matteo Salvini e quindi scongiurare l'election day. Ma, sempre da quanto siamo riusciti a sapere, tale narrazione sarebbe priva di fondamento. La Ministra  Luciana Lamorgese non può decidere in autonomia, occorre un confronto con i partiti di maggioranza e di opposizione. Dopo averli ascoltati tocca a lei trovare una sintesi da portare in Consiglio dei Ministri. A cui segue un Dpr del Capo dello Stato Mattarella. Di certo l'intenzione non è assolutamente quella di sprecare soldi pubblici. L'obiettivo è quello di portare tutti a votare con il massimo risparmio possibile.  Quali potrebbero essere pertanto gli scenari? Tecnicamente la normativa elettorale prevede l'abbinamento delle politiche e amministrative, ma non di una di queste con i referendum abrogativi, a differenza di quelli costituzionali. Un eventuale accorpamento dovrebbe passare anche questa volta per una norma ad hoc. I Comuni chiamati al voto sono circa 950. Il numero sarà reso noto nei prossimi giorni dal Ministero, quindi ora non è possibile sapere quanti milioni di italiani saranno interessati.  In totale, in ogni caso, saranno ventitrè i capoluoghi di provincia, di cui quattro anche di regione (Genova, L’Aquila, Palermo e Catanzaro) chiamati al voto. Se si andasse comunque a votare a giugno, l'effetto mare potrebbe agevolare l'astensionismo, come già avvenuto in passato. Insomma le previsioni non sono rosee per Salvini e il Partito Radicale. Anche se c'è un precedente positivo, forse l'eccezione che conferma la regola: nel 2011 i referendum abrogativi su acqua e nucleare si svolsero il 12 e 13 giugno e raggiunsero il quorum, che si attestò sul 54 per cento. Anche quella volta c'erano le amministrative. Inizialmente, era stato proposto l'accorpamento al primo turno (15-16 maggio) o al turno di ballottaggio (29-30 maggio). Tuttavia l'allora ministro degli Interni Roberto Maroni optò per la divisione delle due consultazioni.  L'obiettivo dei promotori fu comunque raggiunto, come abbiamo visto, perché sicuramente le tematiche erano riuscite a catalizzare fortemente l'attenzione dell'opinione pubblica. Adesso sarà diverso, perché i quesiti del pacchetto 'giustizia giusta' sono complessi da spiegare agli elettori. Qui sarà fondamentale la campagna di comunicazione che metterà su la Lega con l'apporto dei radicali per semplificare il messaggio e spiegare l'importanza delle conseguenze pratiche della vittoria dei cinque sì. 

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