La lunga egemonia dei pm

 Di Valentina Stella Il Dubbio 25 febbraio 2022

 

 "Il dibattito finora svolto per il trentennio di Mani pulite è caratterizzato da un livello elevato di mistificazione. È stato cancellato il fatto che il finanziamento irregolare dei partiti ha visto come originari protagonisti i padri della patria, da De Gasperi, a Togliatti, a Nenni, a Saragat, a Fanfani. Era un finanziamento che proveniva dalla CIA e dal KGB e da una serie di fonti interne dalla FIAT, alle cooperative rosse, alle industrie a partecipazione statale. Il “partito diverso” dalle mani pulite di cui parlò Enrico Berlinguer era un’assoluta mistificazione": partiamo dalle conclusioni di Fabrizio Cicchitto per darvi conto del convegno  “A Trenta anni da Tangentopoli e da Mafiopoli –  Ruolo politico anomalo della magistratura non in linea con la Costituzione per configurare una fantomatica Repubblica giudiziaria”, organizzato dal Centro Studi Leonardo Da Vinci e dall'Associazione Riformismo e Libertà e moderato dal nostro direttore Davide Varì. Per Cicchitto " molto prima di Forza Italia e ovviamente in termini del tutto rovesciati il primo partito-azienda è stato il PCI. Tutti sapevano tutto compresi i magistrati e i giornalisti. Don Sturzo e Ernesto Rossi fecero denunce assai precise essendo del tutto inascoltati. Poi con il 1989 c’è stato il crollo del comunismo e con il trattato di Maastricht il sistema di Tangentopoli è diventato antieconomico. In uno Stato normale quel sistema avrebbe dovuto essere smontato con un’intesa fra tutte le forze politiche e la stessa magistratura, invece è avvenuto il contrario. I poteri forti hanno deciso di smontare il potere dei partiti, in primo luogo quella della DC e del PSI". Ad aprire i lavori della conferenza Giuseppe Gargani, avvocato  e ex parlamentare europeo, che ha iniziato soffermandosi proprio sulla stagione di Mani Pulite: " oggi riteniamo di poter pretendere una risposta  sul perché vi furono iniziative giudiziarie che non si svolgevano nelle sedi riservate, sacrali della giustizia, ma richiedevano il consenso di interi settori dell' opinione pubblica. Tanti cittadini si riunivano davanti ai tribunali per osannare gli eroi che mettevano alla gogna i politici, praticando un metodo che non ha precedenti nella storia repubblicana. Noi non chiediamo inchieste parlamentari, chiediamo, come ho fatto da tanti anni, un confronto con i principali protagonisti di quel periodo, per un esame di coscienza critica e per riconoscere responsabilità colpose o dolose di ciascuno: la politica, la giustizia, i magistrati, l' informazione per riconoscere le degenerazioni derivante dal potere di supplenza che la magistratura accentuò in maniera vistosa in quel periodo".  Allora vi fu "un disegno strategico, ebbe a dire un senatore di grande spessore come Giovanni Pellegrino, che aveva come obiettivo una posizione di primato istituzionale della procura della Repubblica e quindi della magistratura inquirente. Il pubblico ministero aveva solo funzioni di giudice etico, di far vincere il bene sul male, che riscatta la società e punisce in maniera emblematica il male ed esaurisce nell' indagine la fase giurisdizionale che ha bisogno del processo". A lui è seguito Raffaele Marino, sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello di Napoli, a cui è stato chiesto se ai tempi di Tangentopoli vi sia stata una torsione del diritto: " Davigo non rappresenta la magistratura,  nel senso che le sue idee sono le sue idee, non sono le idee della magistratura, dico io per fortuna. Io ho vissuto Tangentopoli come gip: ricordo che c' era l'avvocato Taormina, che girava per le carceri a chiedere ai giudici che cosa dovesse dire il suo assistito perché ptesse essere liberato.  Questo era -  diciamo -  il clima dell'epoca".  Il direttore del Riformista, Piero Sansonetti, si è soffermato sul ruolo della stampa: " allora i giornali lavorarono in maniera unificata - Stampa, Repubblica, Unità, Corriere della Sera, in parte anche il Messaggero.  Non cercavano le notizie ma unificavano le veline. Vi posso raccontare il giorno in cui arrivò il il decreto Conso che depenalizzava il finanziamento dei partiti. Io ero all'Unità. Arrivò un editoriale di Cesare Salvi, molto favorevole al decreto.  Poi la sera ci fu come al solito la consultazione fra i direttori verso le sette e si decise di buttare a mare il decreto.  Fu cambiato l' editoriale dell' Unità, fu fatto un editoriale contro il decreto. Il giorno dopo tutti i giornali uscirono contro il decreto e a mezzogiorno Scalfaro annunciò che non avrebbe firmato il decreto. Esso non cadde per l'opposizione politica, cadde per l'opposizione dei giornali. Non erano liberissimi giornali allora, non raccontiamoci balle". Tutto il dibattito e gli interventi degli altri numerosi ospiti si possono risentire su Radio Radicale. 


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