A 30 anni da Mani Pulite: intervista a Gaetano Pecorella
di Valentina Stella Il Dubbio 17 febbraio 2022
A trent'anni dallo scoppio di
Tangentoli, facciamo un bilancio con il professore avvocato Gaetano Pecorella,
già parlamentare di Forza Italia e past president dell'Unione delle Camere
Penali ai tempi di Mani Pulite.
Come si può sintetizzare quella stagione?
È stato un periodo in cui tutti
coloro che hanno partecipato a questo "pogrom", a questa specie di grande
"epurazione" hanno lasciato l'Italia in una situazione peggiore di
come era prima di quel 17 febbraio 1992. La magistratura, accusando di reati
che definiamo di creazione giuridica, come il finanziamento illecito ai partiti,
ha colpito anche situazioni economiche floride e ha azzerato completamente un
classe politica.
Si sono salvati in pochi.
Craxi nel suo discorso alla Camera
nel 1993 ricordò che tutti i partiti 'hanno ricorso e ricorrono all’uso di
risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale". Non dico che la
politica non avesse delle cadute di stile, e che non ci fossero politici
corrotti, come ci sono oggi. Il problema è che allora si costruì una campagna
militare, andando a stanare solo determinati soggetti. La prova è che tutti i
partiti sono stati eliminati dalla scena politica, salvo il Pci. Possibile che
il presunto fenomeno corruttivo non abbia riguardato neanche uno tra i
dirigenti del Partito Comunista? Le cose
poi sono cambiate quando è arrivato il partito che ha deluso le aspettative di
chi voleva l'Italia governata da quella
sinistra: appena sulla scena politica
entra Silvio Berlusconi tutta la magistratura milanese si concentra su di
lui.
Quindi secondo lei con l'avvio di Mani Pulite la magistratura ha perseguito
un disegno extra giudiziario?
La magistratura è diventata un
vero soggetto politico. Il chiaro obiettivo era far andare al Governo quella parte
politica a cui apparteneva quella magistratura. Tanto è vero che l'ex
procuratore capo Gerardo D'ambrosio è stato poi eletto in Parlamento tra i
Democratici di Sinistra. Il celebre
'resistere, resistere, resistere' di Francesco Saverio Borrelli non può essere
applicato ai magistrati, ma ha senso solo nel corso di uno scontro politico. La
magistratura, quindi, ha tradito il suo ruolo e ha cominciato a combattere con
la classe politica. Basti pensare a quando Antonio Di Pietro andò in
televisione a leggere un comunicato del pool di Mani Pulite contro il Decreto
Biondi e poi la gente scese in piazza. Gli effetti del disegno politico della
magistratura sono stati disastrosi per il Paese.
I protagonisti di quella stagione sostengono che non c'è stato abuso della
custodia cautelare. E però si fece in modo che il gip fosse sempre lo stesso,
Italo Ghitti. E Claudio Martelli in una intervista all'Agi ricordò quanto disse
Borrelli, una cosa del tipo 'non li incarceriamo per farli parlare, li
scarceriamo quando hanno parlato'.
Ricordo un episodio che mi capitò
di leggere negli atti di un processo. Antonio di Pietro chiede l'autorizzazione
per arrestare un imprenditore. La risposta che ebbe da Ghitti fu: "trova
un altro argomento perché per questa ragione l'ho già arrestato una volta".
Si utilizzava l'arresto per ottenere una
collaborazione, il carcere divenne una "dolce tortura", per ottenere
elementi di prova, che sono sospetti di per sè, perché ottenuti per avere in
cambio la libertà. Eppure, alla fine di
tutto, la pena più alta comminata è stata quella a 5 anni e 6 mesi: un
risultato modestissimo rispetto al grande prezzo che il nostro Paese ha pagato
per quella iniziativa giudiziaria.
Quale fu invece il ruolo dell'avvocatura?
Anche la nostra categoria ha avuto
dei torti. Già al tempo parlai di "avvocato accompagnatore": appena il proprio cliente chiamava in causa
un altro soggetto, l'avvocato si affrettava ad informarlo per portarlo in
Procura e farlo collaborare.
Possiamo dire che con Mani Pulite nascono o si aggravano alcune gravi
patologie di cui attualmente soffre il nostro sistema giudiziario, a partire
dal fenomeno della mediatizzazione del processo penale e del perverso intreccio
tra stampa e magistratura?
La stampa ha svolto la sua
funzione, ossia vendere copie di giornali. Ha fatto scandalismo, schierandosi
con i magistrati, perché il Paese si è schierato con il pool. Se vogliamo la
stampa ha svolto un ruolo di supporto alla magistratura. Era difficile poter
pensare ad una stampa contraria alla linea della Procura, sarebbe stata una
stampa isolata.
Oggi com'è il rapporto tra magistratura e politica?
Credo che a Milano sia cambiato
molto il clima, in senso positivo. In generale la magistratura ha modificato il
modo di fare politica: fa politica con i politici, condivide il potere
politico. Questo è quello che ha spiegato Luca Palamara.
Lei prima ha citato D'Ambrosio, ma Di Pietro è persino diventato Ministro.
La classe politica non dovrebbe fare mea culpa secondo lei?
Ancora oggi la politica risente
del peso condizionante della magistratura. Lo si vede guardando alle recenti
riforme. Faccio un esempio: la Commissione Lattanzi aveva proposto di reintrodurre
l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione di primo grado. Invece la
Ministra della Giustizia Marta Cartabia non ha fatto sua questa proposta, pur
essendo Lattanzi un ex presidente della Corte Costituzionale. E poi basta poco
per far saltare un Presidente del Consiglio: basta che un magistrato apra una
indagine su di lui e quel politico è subito in grande difficoltà.
Da questo punto di vista possiamo dire, quindi, che anche l'invito all'astensione rivolto agli
elettori da Forza Italia e da Silvio Berlusconi in occasione del referendum del
Partito radicale e dell'Unione Camere Penali sulla separazione delle carriere del
2000 fu un grave errore?
Fu sicuramente un grave errore,
determinato, credo, dal fatto che vi erano altri quesiti non condivisi da Forza
Italia: diventava un po' difficile, come messaggio, dire sì ad un quesito e no
ad un altro.
Alla fine di tutto che bilancio possiamo fare di quella stagione?
Per quanto si potesse essere
critici con i partiti di allora, adesso la classe politica non esiste più. Siamo
costretti a chiamare dei tecnici per poter governare. Inoltre è sopravvissuta
l'idea, che all'epoca ebbe grande peso, che collaborando si evita il carcere. Abbiamo
un Paese che ha magistrati che si siedono allo stesso tavolo con i politici per
decidere le nomine. Infine un grande errore commesso dalla politica è di aver
eliminato nel 1993 l'unica forma di difesa contro la magistratura, ossia
l'autorizzazione a procedere, fatta eccezione in caso di arresto.
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