Crosetto di nuovo contro le toghe

 




Valentina Stella dubbio 12 giugno 2024

Ci si sarebbe aspettati che a dare una accelerazione sul ddl costituzionale della giustizia fosse stato il ministro Nordio. E invece ieri mattina è stato quello della Difesa, Guido Crosetto, in una intervista a Repubblica, ad annunciare che verrà data «priorità alla riforma della giustizia, perché quella sul premierato» va «spiegata meglio, visto che finora è stata presentata come il tentativo di distorcere la Costituzione e invece non toglie alcun grammo di democrazia», assestando poi una stilettata all’Anm: «sulla giustizia, il confronto che il governo deve avere è parlamentare e politico, non certo con la magistratura. Che lo ricordo, in teoria, dovrebbe solo applicare le leggi». Sembra di risentire l’eco della sua intervista al Corriere della Sera del 26 novembre 2023 quando accusò le toghe di fare «opposizione giudiziaria» per affossare i governi di centrodestra. Quelle parole scatenarono infinite polemiche, che sembravano rientrate con un incontro con il presidente dell’Anm Santalucia qualche mese dopo. E invece adesso riemerge per l’ennesima volta, dopo pure le critiche all’inchiesta sul Governatore Toti, una profonda ostilità da parte del responsabile di via Venti Settembre contro il ‘sindacato’ delle toghe che si prepara a mettere in campo iniziative per contrastare l’approvazione della riforma. Infatti è confermata per sabato in Cassazione la riunione del ‘parlamentino’ dell’Associazione Nazionale Magistrati. L’ordine del giorno, ovviamente, reca solo un punto: «Riforma costituzionale per la separazione delle carriere, la modalità di nomina dei componenti dei due Consigli superiori delle magistrature e per l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare». Come è noto la riforma si rivolge solo alla magistratura ordinaria, in particolare nella parte che riguarda l’Alta Corte disciplinare; tuttavia sono state invitate anche le associazioni delle altre magistrature – contabili, amministrative, militari - . I motivi sono due: tutte sarebbero contrarie alle previsioni del ddl costituzionale e, sebbene adesso la riforma riguardi solo una di loro, c’è il timore che successivamente il mutamento della gestione del disciplinare possa toccare anche le altre. Se tutte accettassero l’invito ciò rappresenterebbe un segnale importante perché sarebbe la prima volta che si riuniscono su questi temi. L’assemblea del Cdc sarà aperta anche alle sezioni locali dell’Anm, in quanto l’obiettivo è quello di organizzare iniziative sul territorio in primis per sensibilizzare la cittadinanza sui pericoli della riforma. Lo spirito che aleggia tra la magistratura rimane comunque di grande insofferenza ma si allontana l’ipotesi dello sciopero: la discussione sulla riforma sarà lunga e già dei big di qualche corrente hanno fatto intendere che l’astensione andrà fatta al momento opportuno. Sta di fatto che l’intervista rilasciata ieri dal Ministro Crosetto non ha suscitato reazioni tra le toghe. «Ormai ci siamo abituati a non fare affidamento sulle parole degli esponenti del governo. Nordio è venuto al nostro congresso di Palermo l’11 maggio a dire che non conosceva i tempi di arrivo della riforma in Cdm e che sarebbero stati dilatati a causa della campagna elettorale; poi il 29 dello stesso messo il ddl viene approvato»: questa la sintesi raccolta da diversi magistrati che comunque aspirano, in prima battuta, ad essere auditi, appena il provvedimento verrà incardinato in una Commissione: «siamo ancora una democrazia partecipativa». Ma quanto sostenuto da Crosetto ha un fondamento? Persone vicino al Ministro Nordio fanno sapere che quella affermazione appare «alquanto strana». Quello che è certo è che il ddl è stato trasmesso al Quirinale ma non si hanno previsioni sulla firma da parte del Presidente Mattarella che ne dovrà dunque autorizzare la trasmissione alle Camere. Ricordiamo che il ddl era stato posto all’attenzione del Capo dello Stato e anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura da parte del Sottosegretario Mantovano e del Ministro Nordio la sera prima del giorno in cui è stato poi approvato in Cdm il 29 maggio. Ma lo stesso testo subì delle modifiche durante la mattinata, prima di essere presentato in conferenza stampa. Adesso occorre capire quanto il Governo e la maggioranza vogliano spingere a favore della separazione delle carriere, a discapito del premierato. Difficile che le due maxi riforme costituzionali possano viaggiare insieme. L’approvazione in Cdm del ddl, a pochi giorni dalle elezioni, fu raccontata, soprattutto da Forza Italia, come un grande risultato che si sarebbe a breve concretizzato iniziando quanto prima la discussione parlamentare. Ma fu la stessa Meloni nelle ore e nei giorni successivi a rivendicarne l’importanza. Forse perché già consapevole che battere in questo momento su una riforma che accentrerebbe tutti i poteri sul Primo ministro, depotenziando il Parlamento, potrebbe essere considerata come una velleità pseudo-autoritaria. Invece, nell’ottica dell’Esecutivo e dei tre alleati, quella sulla separazione delle carriere sarebbe più spendibile anche a livello comunicativo dinanzi ai cittadini e potrebbe trovare anche maggiori sponde in Parlamento. Ovviamente siamo sempre nel campo delle ipotesi, anche perché ancora non si conosce in quale commissione Affari Costituzionali sarà incardinata: se a Palazzo Madama o a Montecitorio. Qualora il premierato passasse a breve al Senato, il passo successivo sarebbe quello di iniziarne la discussione nella prima Commissione della Camera. Se lì trovasse anche il ddl costituzionale di Nordio si potrebbe creare un ingorgo. È pur vero che nella Affari Costituzionali della Camera sono state già fatte delle audizioni in merito alle quattro pdl sullo stesso tema e quindi si potrebbero dare per assodate quelle riguardanti la solo parte sulla separazione delle carriere e farne di nuove sugli articoli concernenti il sorteggio dei  membri del Csm e l’Alta Corte disciplinare, così da accorciare i tempi.

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