Caiazza: è il momento della separazione della carriere

 Valentina Stella Il dubbio 14 febbraio 2023

«La separazione delle carriere è la riforma delle riforme, l’unica che ha la forza di cambiare la giustizia di questo Paese». Così il presidente dell’Unione delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza, sabato in chiusura della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti a Ferrara, è tornato su uno dei cavalli di battaglia dell’Ucpi, sottolineando che ora «c’è la concreta possibilità che questa idea di civiltà diventi realtà» e assicurando l’impegno «a lavorare pancia a terra» per questo obiettivo, nella consapevolezza che «sarà un percorso duro». Caiazza ha annunciato che le Camere penali territoriali metteranno in campo una serie di iniziative e mobilitazioni per «creare consenso popolare intorno al percorso parlamentare della legge», forti del fatto che «il consenso popolare è dalla nostra parte». A dimostrazione del fermento intorno al tema e della volontà di accelerare stamattina alla sala stampa della Camera dei Deputati è convocata una conferenza stampa di Forza Italia, Lega e Terzo Polo che hanno depositato proposte di legge per la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, le quali riprendono il testo di riforma costituzionale su cui nel 2017 l'Unione delle camere penali raccolse le firme di oltre 70.000 cittadini. Alla conferenza saranno presenti gli onorevoli Nazario Pagano, Presidente della Commissione Affari Costituzionali e relatore del provvedimento, Enrico Costa e Roberto Giachetti di Azione-Italia Viva, Tommaso Calderone di Forza Italia, Jacopo Morrone e la senatrice Erika Stefani della Lega. Le conclusioni saranno svolte dall'avvocato Beniamino Migliucci, presidente del Comitato promotore per la separazione delle carriere e dall'avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Ucpi. Sullo stesso tema si era espresso a Ferrara anche il vice ministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto: «Un processo in cui il giudice è sulla cima di un triangolo isoscele con la stessa distanza dal pubblico ministero e dalla difesa, questo è un presupposto ineliminabile perché il sistema abbia una sua coerenza. Il processo pm-centrico è finito. Non è più possibile pensare a un processo in cui il pubblico ministero abbia un ruolo primario diverso da quello che la Costituzione disegna: un giudice in cima, un pm e la difesa alla stessa distanza». Il leader dei penalisti ha poi tracciato la strada delle altre iniziative: «La prescrizione, interventi necessari e urgenti sui decreti attuativi della riforma Cartabia» e «la difesa del diritto fondamentale alle impugnazioni, che non può continuare a essere messo in discussione». Ha poi ricordato «l’imminenza della costituzione di un tavolo di lavoro, frutto delle nostre proposte, confermata dal ministro Nordio, per un confronto con magistrati e accademia». Il Ministro Nordio della giornata inaugurale tramite un video messaggio aveva infatti confermato: «Riteniamo necessario istituire assieme a voi un Tavolo tecnico di analisi sui decreti attuativi della riforma del processo penale». Oltre che precisare che «il programma enunciato alle Camere e che coincide in gran parte con le vostre proposte, è già in fase di elaborazione» e sarà «oggetto di prossime iniziative». Non poteva mancare la questione dell’anarchico in sciopero della fame da 114 giorni. Il caso di Alfredo Cospito «è un’occasione per discutere dell’umanizzazione del 41 bis», ha sottolineato appunto Caiazza, ribadendo la posizione dei penalisti sul regime del carcere duro. «Siamo contro il 41 bis ma non contro regimi differenziati di detenzione. Bisogna aprire una riflessione sulla sua umanizzazione».  Sul caso specifico, «la giunta delle Camere penali non si è pronunciata - ha precisato - se non per dire che un detenuto che sceglie una protesta non violenta, fino a mettere in pericolo la propria vita, merita attenzione, protezione e tutela che tutti devono avere da parte dello Stato».  «Non si può dire che tutti i detenuti al 41 bis siano boss mafiosi, non è così», ha ammonito Caiazza, denunciando «una deriva non degna di uno Stato civile, perché uno stato civile non si vendica, non usa la legge del taglione»,  riportando alla memoria alcune «forme sadiche insensate» nell’attuazione di quel regime, che «non hanno ragioni rispetto alla finalità della norma». In chiusura qualche considerazione sul carcere in generale: «La certezza della pena non è la certezza del carcere» per questo «si deve lavorare per rafforzare le misure alternative», ha sottolineato Caiazza riportando alcuni dati: «Dei 57mila detenuti nelle carceri italiane 40mila sono in esecuzione pena. Ci sono 70mila condannati che scontano la pena con misure alternative e 90mila liberi che hanno ottenuto la sospensione dell’esecuzione della pena per misure alternative». Quindi «se vogliamo difendere il principio che la certezza della pena non è certezza del carcere dobbiamo pretendere l’esecutività delle misure alternative», ha concluso Caiazza.

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