Salvare Cospito se perde conoscenza? Pure il codice medico lo vieta

 Valentina Stella Il Dubbio 2 febbraio 2023

Due lettere scritte a penna: una il 12 novembre, l’altra il 17 gennaio. Alfredo Cospito le indirizza al suo avvocato Flavio Rossi Albertini  dal carcere di Sassari. Ribadisce la sua volontà di rifiutare l’alimentazione forzata e qualsiasi altro trattamento sanitario finalizzato ad interrompere lo sciopero della fame. Ma l’uomo non vuole morire, come ha ribadito ieri il suo stesso legale: “Cospito non ha una vocazione suicida, non vuole morire ed è pronto ad interromperlo se dovessero sospendergli il 41 bis. Lui è in sciopero della fame per protestare contro la misura che gli è stata applicata ma come anarchico la sua non è solo una battaglia personale: non si limita a denunciare la illegittimità della sua misura ma denuncia contestualmente il regime del 41 bis come violazione dei diritti umani”. Ma al momento lo Stato sembra non voler affatto cedere alla sua richiesta. Parola d’ordine: non arretrare. “Apriremmo una diga a tutta una serie di pressioni da parte di detenuti che si trovano nello stesso stato” di detenzione se “lo stato di salute” di Cospito finisse per essere un condizionamento nell'allentamento del 41bis, ha detto il ministro Carlo Nordio ieri nella sua informativa alla Camera sul caso dell’anarchico. “Lo stato di salute di un detenuto non può costituire un elemento di pressione” sul governo, ha aggiunto il ministro. Ma il Guardasigilli e la magistratura sono consapevoli che Cospito andrà avanti fino alla fine e che il diritto gli consente di morire senza interferenze esterne salvavita pur essendo sotto la custodia dello Stato, che rimarrebbe dunque inerme dinanzi alla sua lotta?  Come ci spiega il professore Carlo Casonato, ordinario di Diritto costituzionale comparato e responsabile scientifico del progetto BioDiritto all’Università di Trento, “sia per quanto previsto dalla Costituzione sia per il contenuto della legge 219/2017 è ormai un principio assodato quello del rispetto della volontà di rifiutare cure salvavita da parte di una persona capace, consapevole, informata. La persona ha diritto a rinunciare ad un trattamento e può esercitare tale diritto con una disposizione anticipata anche per quando non sarà più capace di farlo”. Per il professore “non ci sono eccezioni dal punto di vista legislativo al  rispetto di questo diritto della volontà anche laddove la persona sia soggetta a misure limitative della libertà personale. Quindi credo che il principio generale prima enunciato debba applicarsi altresì al caso specifico” di Cospito. “Affermo questo perché il codice di deontologia medica su tale questione è molto precisa: e mi riferisco in particolare agli articoli 51 e 53”. Il primo recita: “Art. 51 Soggetti in stato di limitata libertà personale Il medico che assiste una persona in condizioni di limitata libertà personale è tenuto al rigoroso rispetto dei suoi diritti. Il medico, nel prescrivere e attuare un trattamento sanitario obbligatorio, opera sempre nel rispetto della dignità della persona e nei limiti previsti dalla legge”. Nel caso di Cospito, spiega Casonato, “non si può pensare di applicare un Tso perché l’uomo è capace e consapevole e non presenta problemi di salute mentale”. L’altro articolo prescrive: “Art. 53 Rifiuto consapevole di alimentarsi Il medico informa la persona capace sulle conseguenze che un rifiuto protratto di alimentarsi comporta sulla sua salute, ne documenta la volontà e continua l’assistenza, non assumendo iniziative costrittive né collaborando a procedure coattive di alimentazione o nutrizione artificiale”. “Quindi – conclude il professore  - anche qualora qualcuno ordinasse una alimentazione artificiale con un Cospito divenuto incapace il medico, secondo me, non potrebbe assumere iniziative costrittive né collaborare a procedure coattive in tal senso".  Anche Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, ribadisce: “Non posso entrare nel merito del caso specifico, perché non ne conosco tutti i dettagli. In linea generale il diritto all’autodeterminazione è regolato dalla Legge 219 del 31/12/2017 che fa prevalere la volontà espressa dal cittadino nel momento in cui è capace di intendere e di volere”. Pertanto Cospito non potrebbe essere salvato. Durante tutta la giornata di ieri abbiamo cercato di sapere dal Ministero della Giustizia e dal Dap se le volontà di Cospito espresse in quelle lettere, inviate a Largo Luigi Daga dal suo avvocato Flavio Rossi Albertini, sono state protocollate e se sono state trasmesse alla struttura milanese di Opera. Non sono serviti a nulla whatsapp, telefonate e pec. Nessuna risposta ma ci riproveremo. 

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