Condannato carabiniere per bendaggio

 Valentina Stella Il Dubbio 25 febbraio 2023

“Nel nome del popolo italiano, il Tribunale di Roma, visti gli articoli 533 e 535 del cpp, dichiara Manganaro Fabio colpevole del reato a lui ascritto” e considerate “le attenuanti generiche lo condanna alla pena di mesi due di reclusione nonché al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Visti gli articoli 538 e seguenti cpp condanna l’imputato al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile costituita” pari a 5000 euro: così ieri sera alle 19 il giudice monocratico Alfonso Sabella ha pronunciato la sentenza nei confronti del Maresciallo dei Carabinieri imputato con l'accusa di misura di rigore non consentita dalla legge per il bendaggio di Christian Natale Hjorth, uno dei due americani condannati per l’omicidio del Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega. Nella requisitoria il pm di Roma Maria Sabina Calabretta aveva chiesto la condanna a tre mesi.  Quella foto del ragazzo bendato, con le mani legate dietro la schiena e la testa reclinata in avanti aveva fatto il giro del mondo, dopo essere passata dalla chat dei carabinieri a quella dei giornalisti. Fu scattata il 26 luglio 2019 all’interno della Caserma dei Carabinieri di Via In Selci in Roma, dove il ragazzo era stato condotto quale sospettato dell'omicidio. Gabriel Natale mentre era bendato venne anche videoripreso e fu sottoposto a una sorta di interrogatorio. Sul fatto intervenne immediatamente il Generale dell’Arma Nistri, dicendo che “quanto è successo è un fatto molto grave” e che si sarebbe avviata una “indagine interna” e anche l'allora Presidente del Consiglio Conte disse che “riservare quel trattamento a una persona privata della libertà non risponde ai nostri principi e valori giuridici, anzi configura gli estremi di un reato o, forse, di due reati”. Natale, che sta scontando una pena non definitiva a 22 anni (la Cassazione ci sarà il 15 marzo) aveva raccontato in aula le fasi successive al suo arresto in un hotel romano e quello che accadde nella caserma dei carabinieri: “Mi hanno tenuto con gli occhi bendati per 45 minuti, cercavo di capire cosa stesse succedendo, percepivo la presenza di molte persone attorno a me e qualcuno mi diceva 'hai i minuti contati’”. Mentre Manganaro si era difeso sostenendo: “C'è stato anche un tentativo di aggressione da parte di quattro militari che non conoscevo e che poi ho saputo che erano di Piazza Farnese. Io allora sono intervenuto e mi sono messo a protezione di Natale. Ho visto un foulard su un attaccapanni: ho chiesto a un collega di passarmelo e glielo ho apposto sugli occhi invitandolo a calmarsi. Io ho anni di servizio alle spalle e ho visto gente compiere gesti autolesionistici e volevo evitare che accadesse”. Il giudice non ha creduto a questa versione. Per l’avvocato di Fabio Manganaro, Roberto De Vita, quella di ieri è una “decisione fortemente ingiusta. Il mio assistito ha protetto Natale, ha garantito la sua incolumità e per questo viene condannato”. Mentre per i legali di Natale, gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, si tratta di “una sentenza importante non solo perché arricchisce la giurisprudenza riconducendo il blindfolfing al reato di abuso di autorità ma anche perché consolida un fondamentale principio di diritto riaffermando ed estendendo  la tutela della dignità della persona anche e soprattutto laddove privata della libertà personale”. Ricordiamo che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, organismo del Consiglio d’Europa, ha condannato la pratica del blindfolding in quanto “trattamento inumano e degradante”. 

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