Intervista a Eugenio Albamonte

 Valentina Stella Dubbio 27 luglio 2023

Con il pm Eugenio Albamonte, Segretario di AreaDg, affrontiamo tutti i temi di attualità in materia di giustizia.

Il presidente dell’Anm ha detto: “La politica, paradossalmente, sembra sedotta talvolta dalle istanze della magistratura requirente: basti pensare a come si è reagito da parte del Governo che ha annunciato subito un provvedimento d’urgenza per rimediare assertivamente ad una sentenza della Cassazione in materia di criminalità organizzata”. È d’accordo?

Credo che le sue dichiarazioni colgano nel segno. La politica sembra applaudire i pm antimafia, anche per ragioni di consenso popolare, e ostacolare in tutti i modi quelli che si occupano di altri settori, soprattutto quelli di criminalità economica e di reati contro la PA. Più in generale a me sembra che, al di là di questa evidente incoerenza del legislatore sottolineata da Santalucia, l’atteggiamento della politica rispetto alle Procure è quello per cui se si indaga sugli esponenti della parte avversa va tutto bene quando, invece, lo si fa su qualcuno del proprio partito si grida sempre al complotto, ad una giustizia ad orologeria, ad una politicizzazione dei magistrati. Siamo nel 2023 e sarebbe il caso di abbandonare questo modo incivile di trattare i temi della giustizia.

Che ne pensa dello strumento del decreto legge per ‘rimediare’ ad una sentenza della Cassazione?

C’era la commemorazione della strage di via D’Amelio e si è pensato di cavalcare mediaticamente una sentenza per far vedere che si è dalla parte giusta, ovvero quella di chi contrasta le criminalità organizzate, purché siano quelle degli uomini con la lupara e la coppola. Invece se c’è uno col colletto bianco allora si è meno solerti.

A proposito di Antimafia, lei condivide la distinzione del professor Fiandaca tra “una antimafia laica, quella dei principi costituzionali del garantismo penale” e un’altra “dogmatica che in nome di Falcone e Borsellino, impropriamente elevati a divinità tutelari, respinge come turbatio sacrorum ogni possibile critica ai processi gestiti dai magistrati delle generazioni successive”?

Nonostante Falcone venga citato molto spesso, c’è una sua frase però che non ho sentito pronunciare a nessuno e che invece a me piace ricordare: “attenzione”, diceva rivolto ai magistrati, “a non confondere i processi con le crociate”. A mio parere è un monito soprattutto per chi come lui si occupa di grandi fenomeni criminali. Occorre non sovrapporre mai una lettura “ideologica” ad una giudiziaria. Il nostro compito è ricostruire specifiche responsabilità in ordine a fatti e questo dobbiamo farlo secondo le regole del processo e non abdicando ad esse. Ricordo quando, da presidente dell’Anm, venni aggredito pesantemente, anche dagli altri gruppi associativi, quando appoggiai una decisione della Cassazione che, annullando con rinvio un provvedimento della Sorveglianza relativo alla compatibilità della condizione di Totò Riina col carcere, chiese una valutazione più approfondita della situazione. Dissi che così lo Stato si dimostrava più forte della mafia, perché coltivava i principi di civiltà e non quelli dell’odio e della segregazione a prescindere.

A guardare i recenti fatti di cronaca, a partire dal caso Delmastro, crede che l’autonomia e indipendenza della magistratura siano davvero in pericolo?

Sicuramente l’iniziativa del Ministro sui colleghi di Milano per il caso Uss ha il sapore di voler condizionare le scelte autonome ed indipendenti dei magistrati. Così come la forte campagna mediatica contro la gip che ha richiesto l’imputazione coatta per il Sottosegretario alla giustizia. Questi episodi, insieme ad altri di contorno, mi fanno pensare che si voglia riaprire una stagione di conflittualità che ovviamente i magistrati non vogliono. Lo si fa probabilmente perché non si riesce a gestire ancora una volta, anche da parte di questo Governo, la giustizia se non in termini di contrapposizione, di slogan, di amici contro nemici, e di eccessi di visibilità.

In che senso di visibilità?

Mi sembra che alcune dichiarazioni del Ministro siano mosse più da esigenze di clickbaiting che dalla necessità di mettere sul tavolo temi davvero importanti per la giustizia.

Neanche la morte di Berlusconi è riuscita a portare un po’ di serenità.

Se così dovesse essere sarebbe una grande occasione persa perché vorrebbe dire che il conflitto tra magistratura e politica è destinato a riproporsi in eterno.

Come giudica quanto avvenuto ultimamente in Csm? Mi riferisco alla nomina del Procuratore di Firenze e al collocamento fuori ruolo di un magistrato italiano selezionato dalla Cedu. Nessuna rigenerazione etica?

Questi due episodi sono dei campanelli d’allarme, quindi occorre vigilare e seguire con estrema attenzione ciò che accade. Se si ripetessero casi di forte interferenza della politica dei partiti -  e a volte degli interessi personali del singolo leader  -soprattutto in casi come questi di alta amministrazione sarebbe davvero un brutto segnale.  Un Csm rigenerato è quello in cui le correnti fanno un passo indietro e in cui la politica non ripropone quanto accaduto all’Hotel Champagne.

Lei sta parlando di Matteo Renzi, leader di Italia Viva?

Lui non ha fatto mistero di avere una particolare e specifica preoccupazione rispetto alla nomina del procuratore di Firenze. Tra l’altro, secondo me, è una preoccupazione infondata perché, non conoscendo entrambi, essa si fondava su un pregiudizio. In questo caso sembrerebbe di poter percepire una sorta di intento punitivo postumo e sarebbe gravissimo.

Sono passati novi mesi dall’insediamento del Governo Meloni: che giudizio dà sull’operato in materia di giustizia?

La situazione negli uffici giudiziari è peggiore da quando il Governo ha intrapreso la sua attività. L’entrata in vigore della riforma della Cartabia, a fronte di una mancanza di interventi strutturali e di investimento, ha determinato una serie di conseguenze negative, a partire dal dover posticipare l’entrata in vigore del processo penale telematico. Dall’altra parte, si aprono ogni giorno da parte del Guardasigilli, con dichiarazioni a cui spesso non seguono concrete iniziative, fronti di dibattito pubblico che lacerano l’opinione pubblica e determinano contrapposizioni rispetto alla magistratura, quasi che venga ricercato lo scontro anziché l’incontro. La magistratura mantiene la sua disponibilità al dialogo però è costretta a reagire se vengono assunti certi comportamenti.

Alcuni commentatori sostengono che il Ministro sia commissariato dal suo partito.

Il fatto che sia commissariato è frutto di retroscena giornalistici. Penso in generale che è fondamentale per la magistratura avere come interlocutore un Ministro che sia nella pienezza dei suoi poteri.  

I tre nomi pubblicati da Repubblica per il nuovo collegio del Garante dei detenuti sembrerebbero voler neutralizzare la figura. Che ne pensa?

La posizione del Garante è particolarmente delicata e presuppone una persona quasi sbilanciata nella tutela effettiva dei diritti delle persone private della libertà personale. Siamo in una situazione per cui soprattutto i diritti di coloro che sono in carcere sono denegati e avvolti dall’indifferenza politica e dell’opinione pubblica, non certamente dalla magistratura di sorveglianza. Soltanto chi ha una cultura che abbraccia con particolare convinzione questa materia, come fatto da Palma e come sarebbe potuto essere con Rita Bernardini (presidente di Nessuno Tocchi Caino, ndr), può mantenere al centro del dibattito questi temi. Scegliere alcune figure che provengono invece da altre esperienze può produrre un depotenziamento dell’Ufficio del Garante. 


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