Gli assolti dal concorso esterno

 Valentina Stella Dubbio 14 luglio 2023

Sono molti i casi noti e meno noti di persone accusate di concorso esterno in associazione mafiosa e poi assolte. Una delle vicende più conosciute è quella che riguarda l'ex ministro e leader della Democrazia Cristiana, Calogero Mannino.  Nel 1992 viene arrestato con l’accusa appunto di concorso esterno. Nove mesi di carcere e tredici di arresti domiciliari, e nel 2001 la prima assoluzione «perché il fatto non sussiste». Decisione confermata definitivamente 14 gennaio 2010 dalla Cassazione, dopo due appelli. Il 6 marzo di quest’anno si è chiusa anche l'odissea giudiziaria lunga più di un decennio per l'ex governatore della Sicilia ed ex leader del Mpa, Raffaele Lombardo: i giudici della sesta sezione penale della Cassazione, infatti, hanno giudicato inammissibile il ricorso della Procura generale di Catania contro la sentenza del 7 gennaio del 2022 che ha assolto Lombardo dalle imputazioni di concorso esterno alla mafia, «perché il fatto non sussiste», e di reato elettorale aggravato dall'avere favorito la mafia, «per non avere commesso il fatto». Nel 2015 fu la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a ritenere illegittima la condanna per concorso esterno a Bruno Contrada perché all'epoca dei fatti contestati all’ex numero tre del Sisde quel reato non era sufficientemente tipizzato, quindi il processo sarebbe stato celebrato illegittimamente. Sempre a marzo di quest’anno i giudici della quarta Corte di appello di Palermo hanno confermato la sentenza, emessa il 30 giugno del 2016, che scagionava l'ex sindaco di Agrigento nonché ex senatore, Calogero Sodano, dall'accusa di avere stretto un patto con i boss per farsi eleggere nelle varie competizioni elettorali alle quali partecipò. Nel 2012 è stato l’ex ministro delle Politiche agricole, Francesco Saverio Romano, ad essere assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, a novi anni dall’inchiesta della Procura di Palermo. Nel 2020 fu assolto dalla Cassazione l'ex senatore Tommaso Barbato, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La vicenda era quella relativa l’affidamento degli appalti in somma urgenza per la rete idrica campana tra il 2006 e il 2010: secondo la Direzione distrettuale antimafia, ad essere sistematicamente favorite erano le aziende vicine al clan dei Casalesi, sulla base di un presunto accordo tra Barbato, all'epoca funzionario in Regione nel settore della gestione dei servizi idrici, e Franco Zagaria (poi deceduto), cognato del boss Michele Zagaria. Come non ricordare il caso di Marco Sorbara: arrestato il 23 gennaio 2019 nell'ambito di un'operazione anti ndrangheta in Valle d'Aosta, ex consigliere regionale della Valle d’Aosta venne condannato in primo grado per concorso esterno alla 'ndrangheta. Assolto poi definitivamente dalla Cassazione dopo 900 giorni di custodia cautelare tra carcere e domiciliari. Poi c’è il caso di Giorgio Magliocca: «di processi ne ho subiti 39 e in uno ho dovuto conoscere per 11 mesi l’inferno del carcere preventivo. L’accusa, del resto, non lasciava scampo: concorso esterno in associazione mafiosa. In più, l’essere stato collaboratore del ministro Mario Landolfi e poi in Campidoglio di Gianni Alemanno finì per conferire al mio arresto un clamore altrimenti “immeritato” per un 35enne sindaco di un piccolo paese del Casertano. Ma ne sono uscito a testa alta: assolto «perché il fatto non sussiste». Così come non è sussistito nelle altre 38 volte in cui la giustizia si è occupata di me», ha raccontato sul sito dell’Associazione Italiana Vittime di Malagiustizia. Giuseppe Pagliani, riporta il sito Errorigiudiziari.com, «era consigliere provinciale capogruppo del Pdl a Reggio Emilia. Lo arrestarono con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Fu costretto a passare ventitré giorni dietro le sbarre, prima di ottenere la scarcerazione grazie al Tribunale del Riesame. Solo dopo sette anni di processi, l’assoluzione definitiva con formula piena. E un risarcimento per ingiusta detenzione». Sempre lo stesso sito racconta la vicenda di Rocco Femia. «Arrestato da innocente con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Esposto alla gogna mediatica come referente della ‘ndrangheta. Lui, politico locale stimato, professore di liceo, sportivo provetto, soprattutto persona onesta. Condannato due volte, costretto a dieci anni di calvario, 1825 giorni in carcere e quattro processi prima di arrivare alla verità: era innocente». C’è poi la storia di Giuseppe Gravante, ex consigliere comunale di Castel Volturno. Arrestato con l’accusa di aver favorito uno dei clan più potenti e sanguinari della sua zona. Costretto al carcere da innocente. Alla fine, solo alla fine, assolto e risarcito per ingiusta detenzione. L’ultima vicenda, ma solo per questione di spazio, che ci offre il sito creato dai giornalisti Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi è quella di Rocco Commisso, «38 anni, gestore e istruttore di una scuola guida a Siderno, una passione per le arti marziali e una parentela molto stretta con un personaggio molto noto alle forze dell’ordine - è il figlio del boss Giuseppe Commisso, detto “Il Mastro” - , viene arrestato il 12 maggio 2012. Per questo finisce due anni e mezzo in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma è innocente.

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