Intervista ad Anna Rossomando

 Valentina Stella Dubbio 26 luglio 2023


Riforme della giustizia: facciamo il punto con la vice presidente del Senato, Anna Rossomando, già responsabile giustizia del Partito Democratico.

Un sondaggio di Pagnoncelli per il Corriere della Sera sulle riforme della giustizia ha messo in evidenza, tra le altre cose, il fatto che l’elettorato del Movimento Cinque Stelle si sia mostrato più garantista rispetto al vostro, ad esempio mostrandosi più favorevoli all’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte dei pm. Lei come commenta?

Innanzitutto bisogna vedere se queste proposte siano realmente garantiste, questa è la tesi della maggioranza. Se parliamo di intercettazioni, ad esempio, la stessa maggioranza propone quelle preventive, a discapito di quelle sotto il controllo di un'autorità giudiziaria. Il dato più rilevante è che la stragrande maggioranza degli italiani non è favorevole alla cancellazione dell’abuso di ufficio, compresa anche una fetta di elettori di centro destra. Inoltre in merito al giudizio complessivo della riforma, se confrontiamo l’elettorato del M5S e quello del Pd, il dato è pressoché coincidente. Sulle proposte più specifiche e tecniche non si può che partire dal merito, è lì che ci si misura sulla cultura delle garanzie. Ad esempio sull’appello bisogna sapere che nei Paesi dove c’è il limite all’appello del pm, esiste anche quello all’appello della difesa. Con la riforma Cartabia, dove rivendichiamo di aver spostato un asse politico, siamo partiti dal merito con tutte le forze politiche, compresi i Cinque Stelle. Ma la questione vera è un’altra.

Quale?

La prima riforma importante in senso garantista riguarda i tempi della giustizia. Oggi invece c’è il rischio che saltino i fondi del Pnrr perché non si concede alle riforme attuate di concretizzarsi, le si vuole cambiare in corso d’opera, come in tema di prescrizione.  A questo quadro si aggiunge che ancora non vediamo una bozza dei decreti attuativi per la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, che contiene, tra gli altri, elementi importanti per combattere le degenerazioni del correntismo e di grande novità come il voto degli avvocati nei Consigli giudiziari, da noi fortemente caldeggiato, le valutazioni non automatiche per le progressioni di carriera per i magistrati e lo stop alle nomine a pacchetto.

Quindi il suo giudizio sul primo pacchetto è negativo?

Nettamente insufficiente. Sull’abrogazione dell’abuso di ufficio c’è anche un problema con l’Europa e per di più la maggioranza boccia la direttiva sulla lotta alla corruzione. Se si vuole risolvere la questione dei sindaci si prendano le nostre proposte su modifica della legge Severino e reati omissivi impropri. Per quanto riguarda la riforma del collegio per le misure cautelari dovrebbe andare in vigore tra due anni perché mancano i magistrati. Quindi in sostanza poca roba e non fattibile o dannosa. Dalla visuale del Parlamento è poi chiaro che giorno dopo giorno stanno emergendo conflitti e competizioni all’interno della maggioranza, con il Ministro più in asse con le posizioni di Forza Italia che con quelle del partito che lo ha voluto, ossia Fratelli d’Italia.

Lei prima citava la riforma del Csm. Condivide il fatto che la Commissione istituita presso il Ministero ospiti 3 avvocati, 5 professori e 18 magistrati? 

Ci sarebbe da dire ‘tutte chiacchiere e distintivo’ in riferimento alle scelte del Ministro che in questo caso rende minoritaria la voce dell’Avvocatura.

Ma secondo Lei il Ministro Nordio dovrebbe dimettersi visto le contraddizioni che stanno emergendo tra quello che dice e alcuni atti che propone?

Questo dovrebbe chiederlo a lui. Io registro che da libero pensatore si propone come liberale, poi da Ministro agisce in maniera opposta.

Sempre rimanendo sul piano del metodo, nei giorni della ricorrenza della morte di Paolo Borsellino, il Governo ha annunciato un decreto legge per ‘rimediare’ ad una sentenza della Cassazione Tardio/Casa in materia di criminalità organizzata. Condivide?

Premetto che la sentenza della Cassazione a cui si fa riferimento è nel solco di una giurisprudenza consolidata e pluriennale. Quindi non siamo in presenza di un contrasto tra pronunce. A fronte di questo, intervenire con un decreto legge di interpretazione autentica perlopiù in materia penale, è sicuramente inappropriato. Se ci sono delle criticità, quali quelle espresse dal Procuratore Antimafia Melillo, allora il legislatore può intervenire con un disegno di legge.  Detto questo, mi sembra evidente che chi parla di politicizzazione della giustizia ogni giorno, è il primo che la pratica.

Perché?

Questo è chiaramente un uso strumentale della giustizia a fronte della palese difficoltà in cui si è trovata la Premier Meloni dopo le esternazioni di Nordio sul concorso esterno. Per non parlare della separazione delle carriere che viene utilizzata come una clava dalla maggioranza quando una decisione della magistratura non è gradita, come nel caso della richiesta di imputazione coatta per il sottosegretario Delmastro.

Per rimanere in tema di rapporto tra politica e magistratura, che ne pensa di quanto detto dal Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia la politica chiede la separazione delle carriere ma “paradossalmente, sembra sedotta talvolta dalle istanze della magistratura requirente”: basti pensare appunto alla reazione del Governo a quella sentenza di piazza Cavour?

Queste parole di Santalucia senza dubbio aprono una riflessione. Oggi si parla molto di sovraesposizione della fase delle indagini a discapito di quella del dibattimento. Siamo sicuri che con un pm trasformato in un super poliziotto, presumibilmente sensibile al consenso e con un Csm solo per i pubblici ministeri, si limiti il protagonismo di certi pm e non si offra terreno fertile al populismo giudiziario? Voglio invece evidenziare che in base alle norme previste dalla riforma del processo penale stanno cominciando ad arrivare molte richieste di archiviazione in nome della ragionevole certezza di ottenere una condanna: questo sul piatto della bilancia del garantismo quanto pesa?

Ultima domanda sul tema carcere: come giudica la possibile terna (D’Ettore, Serio, Esposito) presentata da Nordio per il nuovo Collegio dei Garante dei diritti delle persone private della libertà personale?

Pessimamente per diversi motivi. Primo: manca una figura femminile. Questo testimonia che evidentemente non è sufficiente avere una Presidente del Consiglio donna per cambiare la situazione. Secondo: per quanto concerne il metodo, non è la prima volta che quando bisogna procedere con delle designazioni si esclude la coralità delle forze politiche in Parlamento. Terzo: la questione delle carceri è molto delicata ed esplosiva; rappresenta anche il vero terreno su cui si misura la cultura delle garanzie. Mi sembra che la scelta sia ricaduta, se confermata, su profili, due su tre, che non hanno un bagaglio di conoscenze e esperienze in materia.


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