«Meritiamo il fango». L’assurdo masochismo del Pd sul Qatargate

Valentina Stella il Dubbio 20 dicembre 2022

Qatargate, la domanda è: perché il Partito democratico si sta processando da solo e addirittura autocondannando politicamente se al momento non ci sono indagati tra le sue fila?

L’INCHIESTA GIUDIZIARIA

Per provare a rispondere alla domanda innanzitutto ricapitoliamo brevemente il punto sull’inchiesta della magistratura belga: il blitz della polizia viene effettuato il 9 dicembre. Vengono arrestati con l’accusa di corruzione, riciclaggio, associazione a delinquere quattro persone: Antonio Panzeri, 67 anni, ex segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, eurodeputato dal 2004 al 2019 con il gruppo Socialisti e Democratici (all’inizio Ds, poi Pd, infine Articolo 1), attualmente detenuto come il suo ex assistente Francesco Giorgi, collaboratore dell’europarlamentare Pd Andrea Cozzolino. Quest’ultimo non risulta indagato né ha subito perquisizioni ma si è autosospeso dal gruppo Socialisti&Democratici e in Italia è stato sospeso in via cautelare dal Pd.

In manette anche Eva Kaili, compagna di Giorgi, vicepresidente (sospesa) dell’Europarlamento ed esponente socialista, ancora rinchiusa in carcere. Sulla sua posizione si deciderà il 22 dicembre, in quanto non è stata possibile portarla prima dinanzi ai magistrati a causa di uno sciopero all’interno della prigione dove è detenuta. Per Niccolò Figà-Talamanca, segretario generale di No Peace Without Justice, è stato invece disposto il regime di sorveglianza con braccialetto elettronico. L'ufficio del procuratore federale ha presentato ricorso contro questa decisione della Chambre du Conseil di Bruxelles. Intanto la Ong è stata al momento sospesa in via precauzionale dal Transparency Register del Parlamento Ue, dove era accreditata da dieci anni.

Fermato dalla polizia belga anche Luca Visentini, segretario della Confederazione internazionale dei sindacati. L’uomo è poi stato rilasciato. Ha raccontato al magistrato Michel Claise che nelle tre buste che gli consegnò Panzeri lo scorso 10 ottobre c’erano circa 50 mila euro poi trasferiti al «Fondo di Solidarietà della Ituc, per sostenere i costi di viaggio al Congresso per i sindacati che hanno mezzi finanziari limitati o inesistenti, in conformità con le pratiche della Ituc». Per questo denaro, ha detto Visentini, «non mi è stato chiesto, né ho chiesto nulla in cambio del denaro e non sono state poste condizioni di alcun tipo per questa donazione».

L’ESTRADIZIONE

La Corte d'Appello di Brescia ha dato il via libera alla consegna alle autorità belghe di Maria Dolores Colleoni, 67 anni, moglie di Panzeri, accusata di concorso in associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio, accogliendo così la richiesta del mandato d'arresto europeo firmato da Michel Claise, titolare dell'inchiesta. L'avvocato Angelo De Riso, difensore della donna insieme al collega Nicola Colli, aveva presentato «una memoria in diritto», sostenendo che con la consegna al Belgio la 67enne andrebbe in carcere, aggravando così la misura che la vede attualmente ai domiciliari, e questo «violerebbe la Convenzione europea dei diritti dell'Uomo». Avranno cinque giorni per il ricorso in Cassazione.

LA QUESTIONE POLITICA

Detto tutto questo, in una discussione generale dove impropriamente si stanno mischiando il piano giuridico, quello politico, quello morale, quello mediatico e quello regolatorio sulle lobbying, stiamo assistendo ad una sorta di harakiri da parte del Partito democratico. Come abbiamo visto, nelle sue fila non ci sono indagati. Il problema, dal punto di vista dei dem, sarebbe però che Panzeri lo hanno fatto eleggere anche loro. Eppure il fondatore di Fight Impunity avrebbe commesso i reati che gli vengono contestati non da eurodeputato del Pd ma da lobbista rimasto a Bruxelles dopo l’esperienza politica. Ma il quadro oggettivo della situazione non basta al Pd.

Goffredo Bettini su Repubblica ieri ha detto che «la sinistra è permeabile all'incursione dell'affarismo». Gli ha fatto eco Andrea Orlando su La Stampa sulla reazione dei suoi allo scandalo: «C'è stato un primo momento di spaesamento, poi le risposte sono arrivate, adesso ne devono arrivare altre».

Ma già qualche giorno fa proprio da queste pagine il tesoriere Walter Verini aveva spiegato: «Berlinguer diceva che i partiti devono essere sobri e non occupare spazi impropri, non lottizzare. Nelle nomine vanno privilegiati i criteri di competenza e capacità. Questo è il salto culturale che aiuta un partito a sviluppare anticorpi. Se poi l’occupazione del potere diventa un fine, allora si allentano i legami con l’etica politica che sono fondamentali. La questione morale è un tema politico di grande attualità che deve trovare il Pd preparato e inflessibile».

È paradossale che a menar contro il Pd non siano tanto gli avversari politici quanto il Pd stesso. Nessuno nega che via del Nazareno stia attraversando una profonda crisi di identità, sancita dalle elezioni del 25 settembre, ma non si riesce a capire perché prendersi la responsabilità politica per una questione giudiziaria riguardante l’arresto di un ex esponente, innocente poi fino a prova contraria. Panzeri sarebbe solo la punta di un iceberg caratterizzato da tempo dall’omesso controllo sui candidati, dall’aver abbassato l’asticella della presunta superiorità morale, nell’aver trasformato il potere da mezzo a fine, nell’aver dimenticato la lezione di Berlinguer.

C’è chi all’interno del Pd ci ricorda addirittura la massima di Gaber (anche se a dirla sarebbe stato Gian Piero Alloisio): «Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me». Altri sarebbero persino pronti a farsi carico della questione del non indagato e deputato Aboubakar Soumahoro: eletto sì con Fratoianni, ma il suo partito Avs si è presentato alle elezioni con l’alleanza di centro-sinistra. «Possibile che a nessuno è venuto in mente di controllare?», ci dice una fonte del Pd.

In questo strano corto-circuito c’è poi un’altra fonte di Articolo 1 che invece teme che il Pd voglia addossare tutta la colpa a loro, come pretesto per depotenziare ulteriormente un loro ritorno all’ovile. A questo punto il timore pare assolutamente infondato.

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