La storia di Ezio Chiesa

 

Valentina Stella Il Dubbio 27 dicembre 2022

“Ho subito quindici procedimenti, ho dovuto sospendere la mia carriera politica, sono stato sbattuto sui giornali, e adesso che sono stato assolto lo Stato si mette contro di me”: a parlare al Dubbio è Ezio Chiesa, ex consigliere regionale del Partito democratico in Liguria, poi uscito dal gruppo. L’uomo da dieci anni è finito nel tritacarne giudiziario e mediatico per due filoni di inchiesta sulle cosiddette “spese pazze” della Regione Liguria. Era il dicembre 2012 quando la Guardia di Finanza fece irruzione nel Consiglio Regionale. La Procura di Genova decise di mettere sotto osservazione cinque anni di bilanci regionali a cavallo di due legislature, dal 2008 al 2012. Chiesa fu accusato in due distinti processi per peculato; è stato assolto, sempre con formula ampia, in via definitiva nel primo, mentre nel secondo è stato prima condannato e poi assolto qualche giorno fa con la stessa Procura a chiedere l’assoluzione. Insieme alla sua sono arrivate altre molteplici assoluzioni. Infatti, come era accaduto per il primo filone d'inchiesta, anche il secondo è finito in un nulla di fatto. Dopo le condanne in primo grado i 19 consiglieri di tutti gli schieramenti politici coinvolti in appello sono stati assolti o hanno ottenuto la prescrizione, essendo stato derubricato il reato contestato da peculato a indebita percezione di erogazioni. In parallelo Chiesa ha subìto procedimenti dinanzi alla Corte dei Conti: sempre assolto, gliene resta pendente solo uno per una condanna per una somma di 700 euro.  Dopo la prima sentenza positiva passata in giudicato nel 2019 Chiesa ha chiesto personalmente alla Regione Liguria il rimborso delle spese legali, pari a circa 37 mila euro. Allora ancora non c’era il Fondo per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti, proposto dal deputato di Azione Enrico Costa e diventato operativo con un decreto dell’ex Ministra Cartabia. “Comunque non avrei intrapreso quella strada – ci dice Chiesa – perché lì il rimborso massimo è di 10 mila euro, mentre io ho speso molto di più”. Circa 150 mila per tutti i procedimenti. “Per circa due anni - spiega ancora Chiesa - siamo andati avanti con interlocuzioni varie, con cui la Regione Liguria chiedeva diversi documenti. Poi ho deciso di farmi assistere dall’avvocato che è intervenuto diverse volte. La Regione, affidandosi poi all’ Avvocatura dello Stato, a cui non basta la sentenza di assoluzione, continuava a cercare altri verbali, che pure hanno un costo per ottenerli”. Quindi Chiesa, assistito da Enrico Ivaldi, decide di avviare una causa civile contro la Regione Liguria. Tuttavia “ad ottobre una delibera a mio nome della presidenza del consiglio regionale mi negava il rimborso in base ad un parere dell'Avvocatura di Stato che, però non è stato consegnato ai miei legali”. Così è costretto anche a rivolgersi al Tar per impugnare la delibera. “Lo Stato di fatto si è posto contro un suo cittadino innocente”, dice amareggiato Chiesa. Ed aggiunge: “io non mi fermo, andrò avanti e chiederò il rimborso anche per la seconda assoluzione arrivata qualche giorno fa”. Il commento che ci lascia infine è: “i miei genitori mi avevano insegnato ‘male non fare paura non avere’ eppure ho cominciato ad avere paura anche se non ho fatto nulla di male. Sono da dieci anni sotto processo, ho passato le pene dell’inferno, sono stato per 31 giorni sulla prima pagina del Secolo XIX solo perché mi rifiutavo di portare loro i rendiconti delle mie spese. Era in corso un vero processo parallelo contro di me”. Ora “ho sospeso la mia attività politica in attesa che tutta la vicenda si chiuda”. Intanto la strada intrapresa da Chiesa per chiedere il rimborso, potrebbe essere seguita anche dagli altri assolti e si parla già di una possibile cifra che superi il milione che la Regione dovrebbe sborsare.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue