Nove mesi di Cartabia tra luci e ombre

 di Angela Stella Il Riformista 31 dicembre 2021

Il 15 marzo 2021 la Ministra Marta Cartabia illustrava alla Commissione Giustizia della Camera le sue linee programmatiche. Ufficialmente si chiudeva l'era Bonafede e ne iniziava una nuova, dai presupposti più costituzionalmente ispirati. Ma cosa è cambiato da allora? Abbiamo chiesto un parere ad alcuni degli osservatori più acuti della riforma della giustizia: il professor Giorgio Spangher e l'avvocato Gian Domenico Caiazza, Presidente dell'Unione Camere Penali. L'Anm non ci ha voluto rilasciare dichiarazioni. Per Caiazza «l'avvento della Cartabia ha segnato senza dubbio una inversione di tendenza rispetto alla politica giudiziaria di Bonafede. Nel suo discorso alla Camera abbiamo sentito invocare tutti i principi costituzionali negletti nei due anni precedenti». Ciò nonostante riguardo a quello che la Ministra è riuscita a realizzare occorre una valutazione diversa per il leader dei penalisti: «per i condizionamenti fortissimi della propria maggioranza ha dovuto pagare dei prezzi altissimi rispetto a quelle linee programmatiche». Non dimentichiamo, prosegue Caiazza, che «la Ministra sta governando a parlamento invariato, ossia con lo stesso di quando a via Arenula c'era il suo predecessore». L'avvocato si riferisce in particolare alla riforma della prescrizione: «se è vero che ha superato la barbarie della Bonafede, tuttavia ha dato vita ad una soluzione pasticciata, complessa, anche a causa delle pressioni dei procuratori antimafia, su cui quasi sicuramente interverrà la Corte Costituzionale a partire dalla discrezionalità affidata al giudice di decidere sulla complessità dei procedimenti e quindi sulla lora durata». Che la Ministra abbia preso le distanze da questa soluzione si era capito quando lei stessa ha invitato i commentatori a definire la riforma del processo penale non come «riforma Cartabia» ma come «mediazione Cartabia». La differenza tra le due « ossia tra un coerente programma riformista e il risultato finale - ci dice Caiazza - equivale grosso modo allo scollamento tra il testo della Commissione Lattanzi  e quello della legge delega». Le critiche più esplicite e nette Caiazza le rivolge però alla riforma dell'ordinamento giudiziario, di cui ancora non si conoscono gli emendamenti governativi: «pensiamo che la Ministra abbia mostrato un atteggiamento troppo remissivo nei confronti della magistratura associata. Questa riforma non può essere scritta dalla magistratura» che pure è stata audita diverse volte al Ministero. «Noi invece non siamo mai stati ascoltati in merito - sottolinea aspramente Caiazza - E non è un caso. Su questo la delusione è molto forte ». Diversamente da quanto avvenuto per la fase di riforma del processo penale, durante la quale l'Unione Camere Penali è stata tra le maggiori interlocutrici della Commissione ministeriale e della Guardasigilli. L'unico aspetto positivo che il presidente dell'Ucpi registra su questo fronte «è la diminuzione dei fuori ruolo nel Ministero della Giustizia. Non basta, ma è già un segnale di cambiamento per un nostro cavallo di battaglia». Sul versante carcere Caiazza rileva una grande attenzione della Ministra: «la visita a Santa Maria Capua Vetere con Draghi ha rappresentato un importante gesto dal forte simbolismo. Però bisogna andare oltre. Ora che la Ministra sarà chiamata a valutare il lavoro della Commissione Ruotolo, auspichiamo che, rispondendo anche alla sollecitazioni della Relazione finale, faccia proprie le indicazioni già contenute nel progetto della Commissione Giostra e degli Stati Generali. Così come ci auguriamo che i decreti attuativi della riforma del penale rispettino le previsioni della delega». Anche per il professor Spangher «è chiaro che dal momento in cui è cambiata la maggioranza di Governo è cambiato anche il mood sui temi della giustizia, prima segnato da una impostazione fortemente autoritaria. Basti ricordare le scuse di Di Maio ad Uggetti. Quando nella maggioranza, che non è più quella Pd Cinque Stelle, sono entrate forze politiche di segno diverso, non necessariamente tutte garantiste, alcuni esponenti, ad esempio come Enrico Costa, hanno trovato più spazio e costituito il traino di alcune importanti iniziative legislative, come quella sul recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza». Non c'è dubbio anche per l'accademico che «è chiaramente emersa una impostazione garantista sulla giustizia. Se da un lato molte riforme attuate in questi mesi  sono state imposte dall'Europa è evidente che si avverte l'impronta  di spinte opposte a quelle del precedente dicastero. Non scordiamoci che i precedenti Governi non avevano voluto introdurre nell'ordinamento la norma sulla presunzione di innocenza. Cartabia invece l'ha inserita nella sue linee programmatiche e quindi è stato più facile il lavoro parlamentare. In pratica alcune idee circolano più facilmente, riscontrando meno ostruzionismo. Questi rappresentano sicuramente gli elementi positivi» ma ci sono anche le ombre per Spangher: « la Ministra cerca di accreditarsi come garantista, i suoi intenti sono più favorevoli rispetto a quelli di Bonafede ma volendo giudicare il suo operato in termini di effettività i limiti sono piuttosto forti, se solo pensiamo alle soffocate spinte innovative della Commissione Lattanzi e alla improcedibilità. La Cartabia è una costituzionalista  e sul terreno dei principi si muove molto bene, ma i meccanismi della giustizia penale sono strumenti molto sofisticati. E poi tutte le iniziative delle commissioni ministeriali sono state azzerate, non si sa ancora se per effetto dell'apparato ministeriale o di alcune forze politiche; come è accaduto quando Costa ha chiesto tre giudici per autorizzare l'utilizzo del trojan ma il Governo ha espresso parere negativo. E, nonostante l'emergenza che vive il carcere, ancora non vediamo azioni concrete. Evidentemente ci sono delle dinamiche politiche e delle incrostazioni ministeriali che neanche la Ministra riesce a scardinare. E se a ciò aggiungiamo la difficoltà di tradurre le idee in atti normativi, di sottoporli al Cdm tutto si allontana dai desiderata iniziali». 

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