La lentezza dei processi non dipende dagli avvocati

 di Valentina Stella Il Dubbio 14 dicembre 2021

Il cuore del problema lo ha centrato l'avvocato Giuseppe Belcastro: "qualunque riforma della giustizia si voglia mettere in campo non può che passare dall'esame del dato". Ma se questi dati non sono in possesso del Ministero della Giustizia e del Legislatore come si può pretendere di rivoluzionare l'amministrazione della giustizia? Per questo, come ha sottolineato il Presidente dell'Unione delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza ieri durante una conferenza stampa organizzata con l'Eurispes, "il 2°Rapporto sul processo penale in Italia che oggi (ieri, ndr) presentiamo sarà inviato a tutti i parlamentari, alla Ministra Cartabia e ai capi degli uffici giudiziari". La prima ricerca era stata pubblicata nel 2008, questa fa riferimento ai dati raccolti fino al 2019. L’indagine a quattro mani ha preso in esame 32 Tribunali distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale ed ha monitorato 13.755 processi. Si tratta, ha proseguito Caiazza, di una "straordinaria ricerca, di dati primi che nessuno ha. Siamo entrati nelle dinamiche della lentezza del processo e abbiamo scoperto che le ragioni sono strutturali, sia fisiologiche che patologiche, e nulla c'entrano con l'attività della difesa".  Dei processi penali monitorati in primo grado solo un quinto (20,7%) arriva a sentenza. Nel 78,7% dei casi, il procedimento termina con il rinvio ad altra udienza. E la durata media del rinvio si attesta intorno ai 5 mesi per i procedimenti in Aula monocratica e 4 mesi per quelli davanti al Tribunale collegiale. La prescrizione è un motivo di estinzione del reato che incide per il 10% sui procedimenti arrivati a sentenza e rappresenta poco più del 2% del totale dei processi monitorati. Peggiorata la situazione per quanto riguarda i tempi di rinvio ad altra udienza che risultano ulteriormente allungati rispetto al 2008: da 139 nel 2008 a 154 giorni per i procedimenti in Aula monocratica e da 117 a 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale.  Prendendo in esame le ragioni di rinvio ad altra udienza, più frequenti sono il fatto  che  si  trattava  di  un’udienza  di  sola  ammissione  prove  (16,4%),  la prosecuzione  dell’istruttoria  (allorché  l’attività  istruttoria fissata  per  quella udienza si è regolarmente svolta e completata) (16,1%), la discussione (10,7%), l’assenza dei testi citati dal PM (8,3%), l’omessa o irregolare notifica all’imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l’assenza del Giudice titolare (3,3%). Inoltre "il risultato conoscitivo dello studio conduce a verità controintuitive sul processo penale. Solo per fare un esempio: accertato che le sentenze di prescrizione in dibattimento di primo grado ascendono al 2% circa dei processi celebrati e incrociato il dato con quello ministeriale, secondo cui il 65/70% delle prescrizioni totali matura prima del dibattimento, si può comprendere quanto poco provveduta sia" la legge 9 gennaio 2019 n.3 "che congela il corso della prescrizione a far data dall’emissione della sentenza di primo grado: essa sarà operativa in un numero di casi assai esiguo, cadendo completamente fuori dal perimetro di effettività del problema prescrizione".  Questi numeri, che sono solo la minima parte del Rapporto di oltre 600 pagine pubblicato con Rubbettino e scaricabile dal sito Eurispes, mostrano per il Presidente Caiazza che "non è serio affrontare i temi del processo per slogan o per pregiudizi ideologici. Bisogna che parlino i dati statistici. Questa ricerca fotografa, come nessun’altra, le vere cause della durata irragionevole dei processi penali in Italia; che non risiedono nelle regole di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, ma in gravissime carenze strutturali della macchina amministrativa. Intervenire sui diritti dei cittadini imputati per ridurre i tempi processuali è dunque illusorio, oltre che pretestuoso. Questa ricerca smaschera chi da sempre vuole cogliere il pretesto dei tempi lunghi del processo penale per riscriverne le regole fuori dal quadro costituzionale definito dall’art. 111 della Costituzione". Inoltre si chiede Caiazza "perché l'Ufficio statistico del Ministero non raccoglie dati importanti come le misure di richieste cautelari e la percentuale di accoglimento? E perché l'accesso ai dati statistici è precluso al cittadino, all'informazione, alle associazioni? Noi non conosciamo neanche i criteri con cui vengono selezionati quei pochi dati presentati nella rituale relazione al Parlamento". Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, ha concluso: "La ragionevole durata del processo come diritto dell’imputato, ma anche delle vittime, rappresenta un principio costituzionale, purtroppo costantemente violato nel nostro Paese. La lunghezza abnorme dei processi rappresenta un ostacolo per la competitività del Paese, ma anche per il suo livello di civiltà complessiva".

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