Gogna mediatica fuori legge Ma ora attenti alle violazioni

 di Angela Stella Il Riformista 14 dicembre 2021

Oggi entra in vigore la norma di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. "Un provvedimento di portata storica" lo ha definito il responsabile giustizia di Azione, l'onorevole Enrico Costa, durante una conferenza stampa ieri alla Camera da lui convocata "insieme alla persone con cui abbiamo condiviso questo percorso". Costa infatti è stato un dei maggiori sostenitori della nuova norma che ora "non vorremmo venisse svilita sul campo". Per questo occorrerà vigilare in quanto "il pericolo più grande è l'elusione del provvedimento". Già qualche giorno fa, infatti, il Procuratore Nicola Gratteri aveva detto che la nuova legge "non mi chiuderà la bocca". Per questo Costa ritiene fondamentale l'apporto che tutti gli avvocati potranno dare dal territorio per verificare il rispetto della legge. Inoltre il parlamentare ha mostrato ai giornalisti un modulo, scaricabile dal sito presuntoinnocente.com, con cui qualsiasi cittadino potrà segnalare al Ministero della Giustizia eventuali violazioni della norma. Accanto a lui sedeva Gian Domenico Caiazza, presidente dell'Unione delle Camere Penali: "siamo in presenza di un passo avanti di civiltà inconfutabile grazie al quale verranno sanzionati comportamenti che erano diventati la normalità e permetterà di distinguere con chiarezza chi ha il culto della legalità e chi no", tra i Procuratori. Presente alla conferenza anche il professor Giorgio Spangher, emerito di diritto processuale penale all'Università La Sapienza di Roma, che ha rilanciato chiedendo la modifica di due articoli della Costituzione, il 27 e  il 13: «per mantenere viva la fiammella di questo cambiamento culturale che investe tutti, i politici devono assumere una iniziativa di modifica costituzionale perché due punti sono assolutamente inadeguati: trasformare la presunzione di non colpevolezza in "considerazione di innocenza" e sostituire la carcerazione preventiva in "misure cautelari". La semantica è importante. Dico questo perché la Ministra della Giustizia Cartabia è una costituzionalista e non credo che si troveranno ostacoli in Parlamento". Ma un cambiamento deve interessare anche la stampa, che non è direttamente coinvolta dalla nuova norma, come ha sottolineato il giornalista Alessandro Barbano: " l'altro corno del problema è la deontologia del giornalismo. La più grande riforma garantista deve essere quella che punti alla qualità del giornalismo pubblico televisivo, perché è il mezzo con cui si forma l'opinione pubblica. Volendo concepire una nuova responsabilità per i giornalisti, credo che sia indifferibile nella prospettiva di revisione costituzionale qualificare la mediazione giornalistica e attribuirle valore costituzionale, che significa ovviamente anche un impegno a regolare la formazione, il livello di controllo deontologico, senza violare ovviamente la libertà di pensiero". È seguito poi un dibattito, alimentato da una nostra considerazione: non essendo la direttiva la panacea di tutti i mali della cronaca giudiziaria, una criticità è l'inserimento nel fascicolo di atti non pertinenti ma che vengono sbattuti in prima pagina, ledendo la reputazione degli indagati, come avvenuto nel caso Renzi/Open. Per Costa "il legislatore deve assolutamente intervenire su questo perché, come ha detto anche il pm Albamonte in una intervista al vostro giornale, se non lo farà  egli non potrà agire diversamente". Per Spangher "occorre trovare uno strumento di stralcio come le intercettazioni a tutela della dignità della persona". Caiazza però sottolinea che "non c'è scritto da nessuna parte che materiale non pertinente debba essere inserito nel fascicolo di indagine. Dopo la perquisizione può essere restituito all'indagato perché irrilevante ai fini del giudizio". Sempre Caiazza ieri è stato tra i promotori di un'altra conferenza stampa, organizzata insieme all'Eurispes per presentare il 2°Rapporto sul processo penale in Italia. L’indagine ha preso in esame 32 Tribunali distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale ed ha monitorato 13.755 processi. Il leader dei penalisti ha sottolineato come "non è serio affrontare i temi del processo per slogan o per pregiudizi ideologici. Bisogna che parlino i dati statistici. Questa ricerca fotografa, come nessun’altra, le vere cause della durata irragionevole dei processi penali in Italia; che non risiedono nelle regole di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, ma in gravissime carenze strutturali della macchina amministrativa. Intervenire sui diritti dei cittadini imputati per ridurre i tempi processuali è dunque illusorio, oltre che pretestuoso. Questa ricerca smaschera chi da sempre vuole cogliere il pretesto dei tempi lunghi del processo penale per riscriverne le regole fuori dal quadro costituzionale definito dall’art. 111 della Costituzione". In pratica gli inediti risultati della ricerca dimostrano, ancora una volta, "che le disfunzioni del dibattimento penale, ed in particolare la sua abnorme durata, sono in primo luogo conseguenza del dissesto degli apparati giudiziari e della disorganica gestione degli stessi", non degli artifici degli avvocati azzeccagarbugli.  Mentre per il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara,  "la ragionevole durata del processo come diritto dell’imputato, ma anche delle vittime, rappresenta un principio costituzionale, purtroppo costantemente violato nel nostro Paese. La lunghezza abnorme dei processi rappresenta un ostacolo per la competitività del Paese, ma anche per il suo livello di civiltà complessiva". La ricerca sarà consegnata a tutti i parlamentari, alla Ministra Cartabia e ai capi degli uffici giudiziari perché, come ha detto l'avvocato Giuseppe Belcastro, "qualunque riforma si voglia mettere in campo non può che passare per l'esame del fatto, del dato" che spesso però il Ministero non possiede e non pretende dalle Corti di Appello. 


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