Buzzi contro l'ottusità della legge

 di Valentina Stella  Il Dubbio 15 marzo 2022

«Come temevo è giunta la notifica per le misure di prevenzione personali. Due anni e mezzo di sorveglianza speciale che hanno i seguenti obblighi: dimora in casa dalle 21 alle 7 del mattino, obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, presentazione una volta a settimana alla stazione dei carabinieri, ritiro della patente e obbligo di cercarsi un lavoro»: è amareggiato Salvatore Buzzi quando ci racconta di questo nuovo provvedimento a suo carico emesso dal Tribunale per le misure di prevenzione di Roma. «Quanto mi è stato notificato fa emergere l'ottusità della legge» in quanto «siamo dinanzi ad un incomprensibile paradosso: vengo obbligato a ricercare immediatamente un'attività lavorativa lecita ma la prescrizione di questa misura incredibilmente mi fa perdere il lavoro che già ho. Come è noto anche i magistrati - perché l'ho fatto mettere a verbale  -, io lavoro, assunto regolarmente, in un pub di cui sono il frontman, per usare una terminologia rock, e la mia attività lavorativa si svolge di sera e notte con chiusura del pub che va fino alle 2 del mattino nei giorni di venerdì e sabato e all’una negli altri giorni». Buzzi ci spiega che è riuscito «a conservare comunque la patente perché una sentenza della Corte Costituzionale del 2021 ne vieta il ritiro se può inficiare l'attività lavorativa e io ho facilmente dimostrato che ne avevo bisogno per recarmi al lavoro». L'uomo ci tiene a precisare: «non voglio passare per vittima, ma evidenziare la limitatezza del nostro sistema giudiziario eccessivamente burocratico e punitivo». Un'altra prescrizione del provvedimento che gli provoca sconcerto è quella per cui non può partecipare - leggiamo nell'atto - «a pubbliche riunioni senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria». Per questo Buzzi si dice «molto dispiaciuto perché non potrò prendere parte alle assemblee del Partito Radicale, a cui sono iscritto, se non mi danno il permesso».  Per lui, prosegue, «la ratio di questa misura risale all’epoca fascista, dove era solito dire che di notte girano ladri e puttane. Da quando sono uscito ho intrapreso un percorso, ho sempre rispettato quanto impostomi dall'autorità. Fino ad ora non potevo allontanarmi dal comune di Roma. Adesso neanche posso uscire la sera: sono tutte misure afflittive accessorie, imposte ad una persona che sta ricominciando a vivere». Buzzi poi precisa: «Le misure di sicurezza personali non sono altro che un addentellato delle misure di sicurezza patrimoniali, quelle necessarie per espropriarti il tuo patrimonio.  Nel mio caso: le cooperative che avevano un patrimonio di oltre 30 milioni di euro e davano lavoro a 1300 persone, miseramente fallite, come noto, e due appartamenti e altre proprietà con la motivazione che i redditi derivanti dagli stipendi percepiti dalle cooperative fossero tutti illegittimi. Misura questa, ovviamente, applicata soltanto a me». Come ci spiega l'avvocato Pier Gerardo Santoro, che assiste Buzzi insieme all'avvocato Alessandro Diddi, «pur essendo caduta l'accusa di mafia, le condanne per alcuni reati sono passate in giudicato. Quindi, venute meno le misure cautelari, è stata applicata quella di sorveglianza speciale. A parere nostro si tratta di una misura che ad oggi non ha più senso: Buzzi ha già scontato cinque anni di carcere, i collegamenti con possibili attività criminali sono recisi, ha rispettato tutte le prescrizioni e limitazioni fino ad ora disposti da parte dell'Autorità Giudiziaria. Noi chiederemo al Tribunale di poterlo autorizzare a lavorare, come fatto fino a questo momento. L'attività lavorativa è sintomo di un reinserimento sociale e della ricostruzione della propria vita». Parallelamente, «ci sarà la richiesta di un nuovo incidente di esecuzione per valutare oggi la posizione di Salvatore Buzzi che non può essere ritenuto un soggetto socialmente pericoloso a cui applicare misure di sorveglianza speciale».  Il nostro assistito«è stato arrestato nel lontano 2014. Ha scontato 5 anni, ha ammesso le sue responsabilità, si sta reinserendo e ricollocando in questa società. Che senso ha sottoporlo a tutta una serie di limitazioni che confliggono con la finalità rieducativa della pena? Si tratta di prescrizioni prettamente punitive». Tuttavia sul presente pende anche una prossima decisione della Cassazione che potrebbe addirittura riportare nuovamente l'uomo in carcere. Infatti il 9 marzo 2021 la sentenza d’Appello bis sul ‘Mondo di Mezzo’ rideterminò le pene per alcuni imputati: Buzzi fu condannato a dodici anni e dieci mesi, mentre per Massimo Carminati la pena è stata di dieci anni. «Se venisse accolto il nostro ricorso dalla Suprema Corte - ci racconta ancora Santoro -  si annullerebbe la precedente sentenza di appello bis di determinazione della pena. E si potrebbe chiedere per Buzzi l'istanza di affidamento in prova per fargli svolgere lavori socialmente utili, anche alla luce dei nuovi orientamenti della Ministra della Giustizia Marta Cartabia, volta a favorire istituti alternativi alla pena del carcere».

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