Intervista a Manes su decisione Consulta su 41bis

 di Angela Stella Il Riformista 25 gennaio 2022

Viola il diritto di difesa sancito dalla Costituzione la norma, contenuta nell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, che impone il visto di censura sulla corrispondenza tra il detenuto sottoposto al “carcere duro” e il proprio difensore: lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 18 depositata ieri (redattore Francesco Viganò), accogliendo la questione di legittimità sollevata dalla Corte di Cassazione. La sentenza osserva che il diritto di difesa comprende - secondo quanto emerge dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo - il diritto di comunicare in modo riservato con il proprio difensore e sottolinea che di questo diritto è titolare anche chi stia scontando una pena detentiva. E ciò anche per consentire al detenuto un’efficace tutela contro eventuali abusi delle autorità penitenziarie.  È vero che questo diritto - scrive la Corte -  «non è assoluto e può essere circoscritto entro i limiti della ragionevolezza e della necessità - purché non sia compromessa l’effettività della difesa - qualora si debbano tutelare altri interessi costituzionalmente rilevanti. Ed è anche vero che i detenuti in regime di 41 bis sono ordinariamente sottoposti a incisive restrizioni dei propri diritti fondamentali, allo scopo di impedire ogni contatto con le organizzazioni criminali di appartenenza».  Tuttavia, la Corte ha ritenuto che il visto di censura sulla corrispondenza del detenuto con il proprio difensore «non sia idoneo a raggiungere questo obiettivo e si risolva, pertanto, in una irragionevole compressione del suo diritto di difesa». Ne parliamo con il professore avvocato Vittorio Manes, Ordinario di Diritto penale presso l'Università degli Studi di Bologna.

Professore perché è importante questa decisione della Consulta?

Ritengo che sia importante da due prospettive: quella del detenuto e quella del difensore. In merito alla prima: quale che sia il regime a cui è assoggettato, e senza distinzioni tra imputato e condannato, costui conserva sempre il diritto di avere diritti.

Quali sono?

La propria dignità personale, ossia quel diritto che non si acquista per meriti e non può mai perdersi per demeriti. E ovviamente, in posizione preminente per chi si trova in una posizione di particolare vulnerabilità, come quella del detenuto, il diritto di difesa, nella sua particolare articolazione di diritto a colloquiare con il difensore. 

Invece perché è pregevole per la prospettiva del difensore?

La Corte Costituzionale riconosce irragionevole, ma prima ancora - mi sentirei di dire - eticamente inaccettabile, una norma che prevede un visto di censura sulle comunicazioni tra l'avvocato e il proprio assistito. La norma impugnata nascondeva un gravissimo fraintendimento della funzione difensiva, gettando un'ombra di sospetto o persino una presunzione di collusione tra il difensore e il proprio assistito, tanto da imporre un monitoraggio dell'autorità. Come del resto aveva già riconosciuto una circolare del DAP nel 2017.

Lei fa riferimento al paragrafo 4.4.2 della sentenza quando leggiamo: « la disposizione censurata si fonda su una generale e insostenibile presunzione – già stigmatizzata dalla sentenza n. 143 del 2013 – di collusione del difensore con il sodalizio criminale, finendo così per gettare una luce di sospetto sul ruolo insostituibile che la professione forense svolge per la tutela non solo dei diritti fondamentali del detenuto, ma anche dello stato di diritto nel suo complesso».

Esatto. Finalmente si riconosce -  in tempo di populismo penale, di retorica giustizialista, di discorso becero che addirittura tende a vedere nell'avvocato un sodale del proprio assistito -  che l'avvocato prima di difendere cause e persone - prima e più in alto - difende il Diritto. Quindi, tornando alla sua domanda iniziale, questa sentenza della Consulta è importantissima perché qui in gioco c'era il diritto di difesa in uno dei suoi contenuti essenziali, quello di comunicare liberamente con il proprio assistito, senza alcuna inibizione, come riconosciuto anche dalla Corte Edu. Quello che le Mandela Rules chiamano la full confidentiality, che quindi non può essere compressa da un visto di censura. 

Mi sembra di aver capito che questo visto di censura sia irragionevole sotto più punti di vista.

Il punto centrale della decisione è l'irragionevolezza sul piano dei valori della norma anche se poi la Consulta unisce a questo argomento anche una irragionevolezza sul piano degli scopi. Considerato che il difensore può avere dei colloqui liberi e non intercettati con il detenuto, limitare la corrispondenza non varrebbe ad impedire il tramite con le organizzazioni criminali di appartenenza. Vorrei aggiungere un'altra considerazione.

Prego

Il messaggio di questa sentenza dovrebbe irradiarsi a tanti altri ambiti dove il rapporto tra assistito e difensore è oggetto di pericolose intrusioni, e di ingerenze illegittime. Penso innanzitutto alle intercettazioni telefoniche tra l'assistito e il difensore in spregio ad una regola, espressamente codificata all'articolo 103 comma V cpp, che vieta non solo l'intercettazione ma anche la sua trascrizione. Invece spesso la regola viene trasgredita nella prassi. Ad essere conseguenti con le affermazioni di questa importante decisione, la rubrica attuale dell'articolo 103 cpp, che è 'Garanzie di libertà del difensore', dovrebbe essere riscritta così: 'Garanzie di libertà nello Stato di Diritto' o 'Garanzie a tutela dello Stato di diritto'. Non si tratta di privilegi del difensore, ma di prerogative in uno Stato di Diritto.

Professore il 41 bis è stato spesso oggetto di decisioni della Corte Costituzionali. Per alcuni si tratta di un regime illegale e incostituzionale, che va oltre l'obiettivo per cui è nato. Che ne pensa?

Tutti gli istituti derogatori rispetto ai principi vanno confinati in chiave di stretta eccezionalità, riferiti a contesti emergenziali davvero tali. Quando questa eccezionalità tende a trasformarsi in regola chiaramente la frizione con i principi costituzionali tende ad acutizzarsi. 

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