Intervista al consigliere Giuseppe Marra

 di Valentina Stella Il Dubbio 7 gennaio 2022

La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e dell'ordinamento giudiziario non è approdata nell'ultimo Cdm. Ne parliamo con il consigliere del Csm Giuseppe Marra, di Autonomia e Indipendenza.

Che ne pensa di questa ennesima fumata nera?

Immagino che l'emergenza Covid abbia inciso sull'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Allo stesso tempo sono portato anche a credere che si stia prendendo tempo per cercare di superare quei dissidi all'interno della maggioranza in merito alla proposta governativa di modifica della legge elettorale del Csm. Inoltre, forse, con le elezioni del Capo dello Stato alle porte, e quindi in una situazione di contrapposizioni politiche, mettere sul tavolo un altro elemento diviso come la riforma del Csm non è sembrato opportuno.

Secondo Lei è plausibile come interpretazione il fatto che la politica non vada avanti per l'ostilità dell'Anm verso la riforma?

Non condivido questa lettura dei fatti che è peraltro priva di riscontri. L'Anm ha espresso le proprie posizioni in tutte le occasioni e auspico che insieme all'avvocatura venga ascoltata in sede parlamentare. Tuttavia, immaginare che i magistrati facciano  una attività di lobbying per bloccare le riforme è una ipotesi priva di fondamento, tanto per trovare un responsabile del ritardo. Quello che invece va detto è che da quando è stato approvato il testo base in Commissione Giustizia ci sarebbe stato tutto il tempo per portare a casa una riforma. Purtroppo governi multicolore hanno al loro interno visioni contrapposte e ciò è all'origine del ritardo a cui stiamo assistendo. Mi auguro quindi che il proposito della Ministra Cartabia di dare spazio al Parlamento per la discussione sarà concretizzato, scongiurando l'eventualità che una riforma così importante per un organo di rilevanza costituzionale come il Csm venga fatta a colpi di fiducia. Spero anche che questa volta non venga chiesto al Csm un parere quando la riforma è quasi in Cdm, come avvenuto per quella del penale e della magistratura onoraria. Nel rispetto della leale collaborazione tra organi dello Stato  la richiesta di parere dovrebbe essere fatta molto prima.

Lei addebita il ritardo alla politica divisa, altri dicono che è colpa di una politica ancora asservita alla magistratura. Lei come vede i rapporti di forza tra le due?

A volte i rapporti possono apparire critici, per colpa anche di circostanze inspiegabili, come le polemiche su singole vicende processuali, che danno adito ad attacchi alla magistratura. I rapporti invece dovrebbero essere quelli previsti dalla Costituzione: ognuno deve rimanere nel suo ambito di lavoro.  Mi collego al tema principale dell'intervista per dire che qualcuno continua ad addossare le responsabilità del ritardo ai magistrati distaccati al Ministero ma se siamo a questo punto è perché due Governi Conte sono caduti e i partiti non si sono più messi d'accordo. Ma in tutto questo cosa c'entra la magistratura? Penso che la maggior parte dei magistrati desiderino riforme che risolvano questioni cruciali come le cosiddette porte girevoli e lo strapotere delle correnti nelle elezioni del Csm.

Lei condivide la preoccupazione manifestata dagli onorevoli Zanettin e Costa per cui andando di questo passo la parte della riforma necessitante delle deleghe di attuazione potrebbe saltare?

Certo, condivido questo timore ma l'obiettivo più urgente è la modifica della legge elettorale del Csm. Anche se questa parte di riforma fosse da subito vigente, c'è comunque bisogno di un ulteriore passaggio, ossia l'adeguamento dei regolamenti interni del Csm. Quindi bisogna tener presente queste esigenze di celerità affinché il Consiglio si possa rinnovare a luglio in maniera compiuta.

Il procuratore Tescaroli  auspica maggiore attenzione da parte del legislatore per regolamentare le «molteplici situazioni di conflitto di interessi che ruotano attorno alla figura dell’avvocato difensore». Che ne pensa?

Il valore principale dal punto di vista costituzionale è il diritto elettorale passivo: occorre garantire a tutti i cittadini, quindi anche ai magistrati e agli avvocati, la partecipazione libera alla competizione elettorale. Tuttavia è legittimo disinnescare possibili conflitti di interesse, sia per gli avvocati che per i magistrati. Un magistrato che voglia fare politica è giusto che non la svolga dove ha esercitato le funzioni. Così come, ad esempio,  gli avvocati dovrebbero non poter patrocinare le cause contro lo Stato o esercitare mentre svolgono il mandato elettorale; basta prendere esempio da altri Paesi occidentali.

A Tescaroli ha replicato il professor Alessio Lanzi, consigliere laico del Csm. In particolare ha detto: " Non si capisce perché i pm possano partecipare alle valutazioni di professionalità dei giudici e non possano farlo gli avvocati. Sarebbe meglio non lo facessero né gli uni né gli altri". È d'accordo?

Si potrebbero creare in astratto dei conflitti di interesse qualora un avvocato, che continua ad esercitare l'attività professionale nel distretto del Consiglio giudiziario, fosse chiamato ad esprimersi in merito alle valutazioni di professionalità dei magistrati. Tanto è vero che gli avvocati che fanno parte del Csm non possono esercitare, come ha correttamente ricordato il professor Lanzi.

Che ne pensa però della proposta del Partito Democratico per cui, in caso di valutazioni professionali nel Consiglio Giudiziario, l'avvocato sarebbe un  delegato che si farebbe portatore di una decisione presa invece dal Consiglio dell'Ordine?

Questa certamente potrebbe essere una soluzione di compromesso in quanto il voto diventa impersonale. Ma la situazione attuale è già molto simile perché gli avvocati in qualsiasi momento, o singolarmente o come Consiglio dell'Ordine, possono fare degli esposti per segnalare delle criticità che, per quanto mi risulta, vengono presi in assoluta considerazione. Tornando alla sua precedente domanda, il professor Lanzi parte dall'idea comprensibile per l'avvocatura di separare le carriere tra pm e giudici. Ma adesso la magistratura ha una carriera unica e questo problema non sussiste.

Però come ci può essere una captatio benevolentiae di un avvocato verso un giudice, la stessa cosa potrebbe farla un pm nel momento del voto. Non ravvisa questa possibilità?

Sì, la ravviso in astratto però poi andrebbe considerata anche quella tra i giudici di primo grado e quelli di Appello perché analogamente il giudice di primo grado ha interesse che la sua sentenza venga confermata. A me pare che il sistema funzioni coerentemente così com'è al momento.

In conclusione non posso non farle una domanda sui fatti di Varese, anche perché la gip finita nella bufera mediatica è della sua stessa corrente. Che idea si è fatto di quanto accaduto? Uno scontro all'interno della magistratura non fa bene in questo momento forse.

Non posso entrare nel merito della vicenda in quando essendo componente della sezione disciplinare potrei essere chiamato ad esprimere una valutazione, visto che la Ministra ha già iniziato a richiedere accertamenti. In generale posso dire che i magistrati meno parlano e meglio è. Dovrebbero farlo solo con i provvedimenti giudiziari. Questi ultimi possono essere legittimamente criticati sui giornali ma se si montano polemiche raccontando cose che non corrispondono al vero  in merito ai passaggi procedurali, chiaramente anche un magistrato ha il diritto di difendersi quanto meno per spiegare come sono andati i fatti.  E poi c'è un altro aspetto: i magistrati non hanno la sfera di cristallo, alcune circostanze purtroppo spesso non sono prevedibili. E valutare con il senno di poi è un esercizio sterile. Non approfondire correttamente certe vicende - come invece ha fatto il vostro giornale -  inquina profondamente il clima e alla lunga crea danni incalcolabili alla serenità dei giudici nel prendere le decisioni, in balia dell'estrema polarizzazione tra i forcaioli e gli ipergarantisti. 

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