Intervista a Caiazza

 di Angela Stella Il Riformista 18 gennaio 2022

La decapitazione dei vertici della Cassazione da parte del Consiglio di Stato ha suscitato anche la ferma reazione dell'Unione delle Camere Penali Italiane. Per il presidente dei penalisti, l'avvocato Gian Domenico Caiazza, per evitare altre simili situazioni di «gravità inaudita» la strada da intraprendere è quella di riformare le valutazioni di professionalità: «l'obiettivo è scardinare questo sistema sostanzialmente automatico di avanzamento di carriera» che appiattisce i curriculum dei magistrati mettendo facilmente in discussione le nomine.

 Qual è la sua chiave di lettura di quanto accaduto  rispetto alle due decisioni assunte dal CdS?

La fotografia che abbiamo davanti è che, riguardo ai vertici della Cassazione, il Tar dichiara legittime le nomine, mentre il Consiglio di Stato no: quindi, nel merito delle decisioni, credo occorra una assoluta prudenza. Inoltre, non possiamo dire se apprezzare le due sentenze quali rigorosi e severi controlli di legittimità amministrativa, o invece quale ennesimo capitolo di un rapporto sempre più travagliato ed oscuro tra giustizia amministrativa e giustizia ordinaria. Sicuramente quanto successo rappresenta un fatto di una gravità inaudita che dimostra, tra le altre cose, che il sistema di avanzamento delle carriere dei magistrati non funziona in quanto crea un appiattimento e una indistinguibilità dei loro curriculum che si riverbera anche sui giudici apicali di Cassazione. Quando le differenze sono impalpabili e le promozioni vengono effettuate tramite un arbitrio valutativo,  è chiaro che le nomine possono essere messe in discussione in qualsiasi momento. E questa non è la prima volta che le nomine del Csm vengono contestate dinanzi ai giudici amministrativi, anzi sono moltissimi i casi. In tutto questo il cittadino non è più in grado di comprendere se il proprio magistrato inquirente o il proprio giudice esercitino legittimamente la propria funzione.

Il Csm sta trovando un modo per riconfermare Curzio e Cassano: tale prospettiva non indebolisce ulteriormente l'immagine della magistratura che sembrerebbe così non rispettare le sentenze che la riguardano?

In linea generale potrei dire di sì. Ma può darsi anche che la decisione del Consiglio di Stato non sia un secco annullamento delle due nomine ma indichi la strada per trovare nuovi criteri affinché il Presidente e la sua vice restino al loro posto.  Certamente però è apprezzabile che Curzio e Cassano abbiano rinunciato al ricorso per Cassazione.

Qualche mese fa, riguardo il ricorso di Prestipino e del Csm contro la sentenza del Tar che aveva accolto il ricorso di Viola, Luciano Violante ripropose l'idea dell'Alta Corte. Che ne pensa?

Al di là o meno dell'Alta Corte, ciò di cui non si può fare a meno, e che rappresenta la strada da noi indicata per evitare altri casi come questo, è la  riforma dei criteri di valutazione delle professionalità dei magistrati, come accennavo prima. L'obiettivo è scardinare questo sistema sostanzialmente automatico di avanzamento di carriera. Nella bozza di riforma del Governo su Csm e Ordinamento giudiziario, circolata nelle settimane precedenti, leggiamo che si starebbe pensando di articolare il giudizio positivo in  discreto, buono o ottimo. Ma non è sufficiente, è incredibile che non si sia pensato ad altro. Noi stiamo lavorando con un pool di giuristi ad una proposta di legge di iniziativa popolare su questo tema e tocchiamo con mano la complessità di una riforma di questo genere. Sicuramente andranno individuati dei criteri per i quali il magistrato chiamato ad essere valutato ogni quadriennio sia chiamato a rispondere, su grandi numeri, anche degli esiti processuali, dando conto, in pratica, anche delle inchieste che ha condotto e delle sentenze che ha scritto e che sono state riformate.  

Quanto accaduto non rende ancora più urgente l'inizio della discussione della riforma Cartabia del Csm e dell'ordinamento giudiziario ormai congelata a Palazzo Chigi da prima di Natale?

Il Csm è profondamente delegittimato e quindi è chiaro che sarebbe urgente la riforma. Tuttavia ci sono due grossi problemi, di merito e di metodo. Rispetto al primo, dalle bozze governative di riforma circolate fino ad ora, dobbiamo purtroppo ravvisare che siamo lontani anni luce dalla drastica, radicale, rivoluzionante riforma della quale ha bisogno la magistratura stessa, e l’intero Paese. Vanno affrontati con fermezza i nodi cruciali della questione: non solo smantellamento della automaticità delle carriere ma anche divieto di distacco dei magistrati nell’esecutivo, in nome di una rigorosa separazione dei poteri e la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, per garantire ai cittadini la terzietà del giudice pretesa dalla Costituzione. Sulla questione di metodo, denunciamo che la riforma è stata concepita a quattr'occhi con l'Associazione Nazionale Magistrati: mortificare la riforma ordinamentale, come oggi sta accadendo e come denunciamo da mesi, alla stregua di una trattativa bilaterale e parasindacale con la Magistratura associata costituisce una scelta rovinosamente sbagliata, mentre noi penalisti non siamo mai stati sentiti.

Lei condivide i timori di alcuni parlamentari come Zanettin e Costa per i quali andando di questo passo non si avrà il tempo per esercitare le deleghe sulla riforma dell'ordinamento giudiziario?

Assolutamente sì. Questo ritardo giova solo all'Anm che punta a mantenere lo status quo.

Nell'ampio contesto della vicenda Amara/Loggia Ungheria,  i magistrati di Brescia avrebbero voluto conoscere alcuni scambi di messaggi che forse ci sono stati tra il procuratore di Milano Greco e il Procuratore generale della Cassazione Salvi. Ma entrambi avrebbero smarrito i cellulari. Come legge questa circostanza?

Nella nota della nostra Giunta sugli accadimenti oggetto di questa intervista abbiamo voluto indicare anche questo episodio come uno dei tanti elementi sintomatici della profonda e grave crisi di credibilità che sta investendo la magistratura. Se la stessa obiezione, ossia i cellulari sono stati smarriti, fosse stata mossa da qualsiasi altra persona coinvolta in una indagine avrebbe provocato delle severe e rigide reazioni da parte degli inquirenti. E invece su quanto successo, tranne per qualche eccezione, è calato il silenzio.

L'Anm apre il processo per le chat di Palamara. Cosa si aspetta?

Se sarà un processo sommario come è stato quello per Palamara è inutile farlo.

Giancarlo Pittelli ha inviato al nostro direttore un telegramma dal carcere in cui scrive: « Caro Piero, porterò lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze contro una ingiustizia mostruosa. Grazie di tutto».

Senza entrare nel merito delle responsabilità, riteniamo mostruoso e indegno per un Paese civile che gli siano stati revocati i domiciliari solo per aver scritto ad un Ministro per denunciare lo stato di sofferenza della sua detenzione. Mi auguro che l'avvocato Pittelli non si faccia prendere dalla disperazione, anche se non è difficile immaginare che ci siano più ragioni affinché questo purtroppo accada, nell'attesa dell'esito del ricorso per Cassazione che i suoi legali avranno sicuramente presentato.  

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