Carcere: anno nuovo stessi drammi

 di Angela Stella Il Riformista 13 gennaio 2022

«Da gennaio il carcere sarà la mia priorità» ha detto qualche giorno fa la ministra della giustizia Marta Cartabia. Nell'attesa di capire cosa ne farà delle proposte elaborate dalla Commissione presieduta dal professor Marco Ruotolo, l'insofferenza verso le criticità che affliggono il carcere aumenta. E non a torto: sono oltre 1.500 i detenuti positivi al Covid-19 negli istituti di pena italiani. «Erano meno di 200 all'inizio di dicembre», fa sapere Antigone che rileva: «a loro si aggiungono i quasi 1.500 operatori, anch'essi contagiati dal coronavirus. La variante Omicron ha portato ad un'impennata dei contagi anche in carcere, dove la popolazione detenuta non ha ancora ricevuto nella sua interezza la terza dose del vaccino e la cui situazione di salute, in molti casi, non è ottimale a causa di patologie pregresse». Su questo punto, però, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, vuole trasmettere messaggi non allarmistici: « Ieri (due giorni fa, ndr) i positivi era 1583, ma con un numero molto basso di sintomatici pari a 31 detenuti.  Questi dati ci fanno guardare con meno preoccupazione alla situazione. Ma va detta un'altra cosa: l'andamento del contagio che si registra all'esterno si verifica in carcere con un leggero ritardo. Quindi dovremmo attenderci un innalzamento nei prossimi giorni». A questo quadro, tuttavia, si aggiungono le informazioni che arrivano da alcuni istituti  dove, per quanto rileva sempre Antigone, «pare sia saltata la possibilità di separere positivi e negativi per l'assenza di spazi dove spostare proprio chi risulta contagiato. Inoltre, in altri casi, pare che le direzioni abbiano smesso di fornire mascherine nuove ai reclusi». Insieme all'emergenza sanitaria c'è sempre quella relativa al sovraffollamento: «dopo il calo registrato allo scoppio della pandemia - si legge sempre in una nota di Antigone -  la popolazione detenuta ha ripreso lentamente a salire fino a tornare stabilmente sopra i 54.000 reclusi, a fronte di una capienza ufficiale di 50.000 posti (ma quella effettiva sappiamo essere inferiore per via di reparti chiusi o in ristrutturazione). «Il quadro che ci offre questo inizio di 2022 - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - non è dei migliori. Per questo è importante prevedere misure urgenti per ridurre il sovraffollamento. Ci sono ancora migliaia di detenuti con pene al di sotto dei tre anni e che, perciò, potrebbero accedere alle misure alternative alla detenzione. Bisogna fare in modo che ciò avvenga». Per Gennarino De FazioSegretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, «la situazione è gravissima e, purtroppo, l’approccio del Governo al problema continua a essere del tutto inefficace e inadeguato. A fronte di focolai di vastissime proporzioni, cercare di contrastare il virus e le sue nuove varianti con un protocollo di sicurezza sanitario dell’ottobre 2020 e con 6.000 (leggasi seimila!) mascherine FFP2 è velleitario, pericoloso e persino sconsiderato». Inoltre dall'inizio dell'anno - come riporta Ristretti Orizzonti - vanno segnalati anche quattro suicidi: a Salerno, Vibo Valentia, Foggia, Brindisi. A Napoli è morto, dopo alcuni giorni di ricovero in ospedale, un detenuto che aveva subìto percosse dal compagno di cella, mentre a Sanremo è morto un detenuto, già affetto da tubercolosi, che il mese scorso aveva incendiato il materasso, ustionandosi e intossicandosi gravemente. «La questione dei suicidi mi preoccupa di più  - ci dice ancora Mauro Palma - perché in qualche modo, e non per responsabilità soggettive, sono anche il prodotto di un profondo stato d'ansia. Quella che abbiamo tutti noi si proietta maggiormente all'interno del carcere. Il ragazzo che si è suicidato oggi (ieri, ndr) a Brindisi era entrato alle 21 e si è suicidato alle 5. Questa idea di essere caduti in un baratro va allontanata. Non vedo più tanto dei suicidi da parte di reclusi di lunga detenzione ma suicidi espressione di debolezza soggettiva rispetto ad una situazione oggettivamente difficile che è quella degli istituti di pena, resa ancor più complessa dalla situazione del carcere in questo preciso momento». Ed è proprio per questa situazione drammatica che la radicale Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, dal 10 gennaio è di nuovo in sciopero della fame, dopo aver interrotto il precedente di venticinque giorni il 30 dicembre: «non è solo questione di pandemia: le condizioni di detenzione nel nostro Paese sono fuorilegge da sempre. Marco Pannella si è battuto per una vita e ci esortava "a non distrarci nemmeno un giorno". La pandemia ha aggravato all’inverosimile una situazione già fortemente compromessa dal punto di vista del rispetto dei principi costituzionali. E c'è sempre il furbo di turno che solennemente afferma “occorre costruire nuove carceri per assicurare condizioni di vita dignitose”; poi c’è il più furbo di tutti, Nicola Gratteri, che dice “bastano 4 carceri da cinquemila posti!”. Ma questi furbissimi lo sanno che, già oggi, non ci sono i direttori, gli educatori, gli agenti, gli assistenti sociali, gli amministrativi, i magistrati di sorveglianza? Chi ci mettono a lavorare nelle nuove fantomatiche carceri da costruire?». Il riferimento è anche a quello che ha detto ieri il presidente di Fratelli d'Italia  Francesco Lollobrigida a margine del Convegno sulla Giustizia promosso da FdI, commentando lo sciopero della fame di Bernardini: se è vero che «le proteste sulle condizioni carcerarie sono corrette» però «non è condivisibile  liberare i detenuti perché le carceri sono strapiene. Nelle carceri si deve stare in condizioni dignitose, vanno costruite nuove carceri per ospitare più persone e in modo adeguato». Nonostante sia sotto di 7 chili e non abbia recuperato ancora le forze Bernardini va dunque avanti con la sua iniziativa nonviolenta «soprattutto per me stessa perché mi aiuta a concentrarmi sul fenomeno, devastante per una democrazia, della violazione dei diritti umani in luoghi privativi della libertà. E, oggi, con una ragione di speranza in più: il dialogo mai interrotto sia con la ministra della Giustizia Marta Cartabia, sia con il nuovo capo del Dap Bernardo Petralia». Intanto la buona notizia è che «il Ministero sta valutando con particolare attenzione le proposte di legge sul tema della liberazione anticipata speciale»  aveva detto due giorni fa a Radio Uno Rai, il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Su tale soluzione è d'accordo anche il garante Palma:  «io ero stato promotore della liberazione anticipata speciale quando presiedevo la commissione istituita per rispondere alla sentenza Torreggiani: se allora rappresentava uno strumento per la secca diminuzione dei numeri dei reclusi, oggi è anche altro, ossia il riconoscimento della maggiore penalità che è data dall'essere in carcere in queste condizioni. Una giornata di pena scontata in queste condizioni, in un certo senso, ha un surplus di penalità maggiore che non una giornata di pena in condizioni normali».Critiche arrivano anche dall' avvocato Gianpaolo Catanzariti, co-responsabile dell'Osservatorio Carcere dell'Unione delle camere Penali: « siamo costretti a registrare, ancora una volta, l'ignavia della politica dinanzi all’emergenza carcere, un magma pronto ad esplodere con gravi conseguenze per tutti. Avere lasciato al caso la quotidianità penitenziaria credo sia stato l’ennesimo imperdonabile errore. Il tempo delle riflessioni, degli studi, delle elaborazioni è finito da un pezzo. L'abbandono fragoroso del carcere di Torino da parte della direttrice pro tempore e i 4 detenuti suicidi rappresentano l'ennesimo segnale di una disperata “fuga per la dignità”». Il penalista si riferisce al fatto che ieri Rosalia Marino, direttore reggente della casa circondariale Lorusso e Cutugno del capoluogo piemontese, ha lasciato la direzione del penitenziario non senza polemiche: «non ci sono più le condizioni per andare avanti - ha detto la Marino a Repubblica - Quando ho letto del carcere di Torino come ''il peggiore di tutta Italia, il carcere della vergogna'', mi sarei aspettata un moto di indignazione, di rabbia, una qualsiasi reazione da parte di coloro che vivono e lavorano in questo carcere da anni, anche e soprattutto dopo i gravi fatti che continuano a ferire questo istituto e l'intera amministrazione. Ma questo non è accaduto e ho capito che il mio lavoro a Torino era finito. Ero davvero da sola». Per tutto questo, conclude Catanzariti: «è il momento di agire. Le dichiarate attenzioni della ministra Cartabia sul dossier “carceri” dimostrano, ancora una volta, che la direttrice di marcia intrapresa nel recente passato è stata del tutto errata. Timidi segnali di pentimento delle forze politiche si intravedono all’orizzonte. Ma adesso è il momento della collaborazione “utile e rilevante” da parte di tutti, a partire dalle maggiori forze presenti in Parlamento. Occorre adottare misure urgenti e necessarie ancor prima che inizino le operazioni di voto per l’elezione del nuovo  Capo dello Stato. Svuotare immediatamente le carceri e potenziare presidi a tutela della salute di operatori e detenuti è la vera priorità democratica di inizio anno. Basta volerlo!».

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