Intervista a Vittorio Parsi sulla Polonia

 di Valentina Stella Il Dubbio 20 ottobre 2021

In merito alla discussione di ieri tra la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il premier polacco Mateusz Morawiecki, il professore Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ritiene che «se il governo polacco ha in mente la Turchia di Erdogan come punto di approdo istituzionale si colloca da solo fuori dall'Unione: dopo di che dovrà spiegarlo ai polacchi». Sulla eventualità di una Polexit aggiunge: «la Polonia se abbandona la Ue finisce nelle braccia dei russi».

Professore, come legge quanto accaduto ieri a Strasburgo?

La presidente Von der Leyen non poteva pronunciare altre parole. Giustamente ha richiamato la Polonia ad un aspetto fondamentale: la supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale che è scritta nel Trattati, firmati anche dalla Polonia al momento dell'adesione all'Unione Europea. Pensare -  come vuole fare il premier polacco -  di stare dentro la Ue da free rider è follia. Il principio dell'ordinamento giuridico unitario è una questione centrale nel caso della UE, ancora di più rispetto a quanto avviene negli Stati Uniti. Questi ultimi sono uno Stato sovrano, formato da Stati federali dove c'è un rapporto diverso tra la legislazione nazionale e gli ordinamenti statali. Mentre nell'Unione Europea l'ordinamento è quello che ha descritto la Von der Leyen, che i polacchi conoscevano bene quando hanno deciso di aderire alla Ue. La supremazia del diritto dell'Unione non deriva dal fatto che l'Unione Europea sia o non sia un ordinamento statuale, per cui è fuori luogo l'espressione del primo ministro polacco:  'l'Unione non è uno Stato'.

A Bruxelles hanno tre opzioni per rispondere a quanto avvenuto in Polonia (impugnare legalmente la sentenza della Corte costituzionale polacca, usare strumenti finanziari, procedura dell'articolo 7 del Trattato europeo). La Ue dovrebbe andare ad uno scontro duro o prima mettere in campo la diplomazia? C'è il pericolo di una Polexit?

E dove andrebbe la Polonia se lasciasse la Ue? Capisco che i polacchi abbiano il legittimo orgoglio della loro tribolata - e sottolineo tribolata - storia, tuttavia non possono pensare di essere la Gran Bretagna. La Polonia se abbandona la Ue finisce nelle braccia dei russi. È quello che vogliono? Si fa in fretta a dire 'noi polacchi abbiamo fatto una scelta irreversibile': queste scelte si dimostrano nei fatti. Riguardo la prima parte della sua domanda:  se un Paese compie determinati passi si mette nella condizione di essere sanzionato. Vorrei ricordare cosa successe, per infinitamente meno, all'Austria di Jorg Haider, leader del partito austriaco di estrema destra Bzö,  oltre 20 anni fa.  La Polonia sta portando avanti azioni intollerabili, a partire dalla violazione del principio di indipendenza della magistratura e dell'azione giudiziaria. Quindi ogni reazione è praticabile per far capire alla Polonia che il tempo delle 'sparate' è finito.

Il presidente della Commissione per le Politiche dell'Ue alla Camera Sergio Battelli chiede che venga congelato il piano Next Generation Ue polacco. Che ne pensa?

Si tratta di una prima misura che si potrebbe prendere. Così come l'Italia non riceverà i fondi europei se non rispetta la road map delle riforme, non vedo perché non si dovrebbe fare altrettanto con la Polonia che sta violando addirittura i principi base di un ordinamento democratico.

Il premier polacco, tra l'altro, ieri, sottolineando  il fatto che non accettano ricatti, ha replicato alla Von der Leyen dicendo: 'Abbiamo combattuto il Terzo Reich'. Che ne pensa di questa uscita?

La trovo una caduta di stile non perché si è ricordato di aver combattuto il nazismo -  ci mancherebbe - ma perché lo si è fatto  rivolgendosi al presidente della Commissione, che è una cittadina tedesca, mentre si accusava la stessa Commissione di calpestare l'indipendenza e la libertà polacca. Ciò induce a fare un collegamento allusivo. Non c'è niente di peggio delle allusioni, da cui non ci si può difendere, a differenza delle accuse dirette.

Lasciando la questione Polonia, e ampliando il discorso, in certi ambienti europei vi è insofferenza verso quello che viene considerato “l’attivismo” della Corte di Strasburgo ma ancora di più della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

In primis c'è un problema di ignoranza grossolana dei Trattati e delle Convenzioni europee. C'è poi talvolta una difficoltà a recepire le sentenze europee: in tal caso si innesca un dialogo, anche legittimo, tra l'istituzione politica nazionale e quella sovranazionale. In altri casi, i nostri ritardi di adeguamento li paghiamo con delle multe salate che ci vengono comminate.  Però nel caso della Polonia, stiamo parlando di violazione di principi fondamentali: non basta una procedura di infrazione. La situazione è molto più grave. Se il governo polacco ha in mente la Turchia di Erdogan come punto di approdo istituzionale si colloca da solo fuori dall'Unione: dopo di che dovrà spiegarlo ai polacchi.

I Radicali, con Marco Pannella e Emma Bonino, hanno spesso evidenziato come la strada da intraprendere sia quelli degli Stati Uniti d'Europa. Lei che ne pensa? Potrebbe essere questo il momento per rilanciare l'Europa con questa opzione?

Non è per nulla detto che l'Unione possa diventare uno Stato federale, soprattutto in questo momento in cui alcuni Paesi non accettano le norme fondamentali dell'Unione così com'è. Quello che è sicuro è che si deve convergere su alcune linee guida, su alcuni principi e anche su politiche di sicurezza e difesa. Ciò non necessita di una trasformazione in uno Stato federale; invece la convergenza consentirebbe in un tempo successivo di provare a mettere mano alla riforma dei Trattati. La soluzione del futuro sarà l'Europa a più velocità, a geometrie variabili, in cui un centro e una avanguardia facciano da massa critica e battistrada per attirare e indicare la direzione agli altri.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue