Ampliare uso del trojan: ma il blitz 5stelle non va a segno

 di Valentina Stella Il Dubbio 7 ottobre 2021

Il contrattacco anti-garantista del Movimento Cinque Stelle in tema di giustizia non si è lasciato attendere. Se qualcuno ha creduto in un ravvedimento, è caduto in errore. A dimostrazione di ciò basta dire che i grillini hanno prospettato di estendere l'uso del trojan per indagare sui fatti di riciclaggio. Era questa la previsione avanzata dell'ex sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, in Commissione Giustizia della Camera nella proposta di parere, in quanto relatore, dello Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale (Atto n. 286): «Appare pertanto opportuno adeguare le norme nazionali, affinché anche nelle indagini e nell’azione penale in materia di riciclaggio si possa fare ricorso agli strumenti previsti per i gravi reati di criminalità organizzata, quali le disposizioni in materia di intercettazioni, di cui al comma 2-bis dell’articolo 266 nonché ai commi 1 e 2 dell’articolo 267 del codice di procedura penale, e le operazioni sotto copertura, di cui alla legge 16 marzo 2006, n. 146». La ratio sottesa è quella per cui il riciclaggio rappresenta "un importante reato-spia dell'infiltrazione delle mafie". Ma ieri abbiamo appreso che tale aspettativa proposta da Ferraresi non entrerà nel parere dal momento che tutte le altre forze politiche sono contrarie. Però, fonti parlamentari cinque stelle, ci fanno comunque sapere che" non era una invenzione di Ferraresi ma una indicazione data dall’articolo 11 della direttiva che chiede di introdurre degli strumenti investigativi (agente sotto copertura, trojan… ) che già vengono utilizzati in altri campi nel contrasto alla criminalità organizzata". La soluzione sarebbe stato comunque mal digerita da coloro che già a settembre dello scorso anno, quando è entrata in vigore la riforma delle intercettazioni, l'hanno fortemente criticata perché in parte accentuava l'uso delle stesse a discapito della prova dichiarativa e, inserendosi sull’onda lunga della legge spazza-corrotti, ampliava il raggio di operatività del captatore ai reati di criminalità economica. L'altro fronte sul quale il Movimento Cinque Stelle ha fatto riemergere il suo lato giustizialista riguarda il recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. Partiamo dal parere stilato dal relatore Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, che va in direzione opposta ai grillini e restringe, rispetto a quanto già proposto dal Governo, i margini di operatività mediatica di inquirenti e investigatori: mentre lo schema di decreto uscito dal Consiglio dei Ministri limita i rapporti del procuratore con la stampa "esclusivamente  tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa", Costa vorrebbe eliminare queste ultime. Impensabile per il M5S che, invece, sulla scia di quanto detto in audizione anche dal Presidente dell'Anm Santalucia, vorrebbero emendare il testo togliendo 'esclusivamente' e sostituendolo al massimo con 'preferibilmente'. I grillini poi chiedono anche la modifica dell'articolo 4 comma 2 per cui "nei provvedimenti che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti" di legge. Per i Cinque Stelle invece il giudice deve avere piena libertà di espressione nelle motivazioni, senza alcuna restrizione.  Tornando al parere di Costa, egli va anche oltre perché mira al  "divieto di comunicazione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati". Insomma un modo per interrompere la costruzione di carriere e l'acquisizione di fama sulle spalle degli indagati. Inoltre, Costa vorrebbe restringere  la facoltà di interlocuzione con gli organi di informazione al solo procuratore della repubblica, escludendo che "gli ufficiali di polizia giudiziaria o gli uffici stampa delle forze di polizia" "siano autorizzati a fornire informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato".  Fine delle inchieste show a colpi di video autocelebrativi.  Inserisce poi nel suo parere un riferimento all'articolo 7 della direttiva europea non preso in considerazione nel testo uscito da via Arenula. Esso tutela il diritto al silenzio e il diritto a non autoincriminarsi: "seppure si tratti di diritti riconosciuti nel nostro ordinamento - scrive Costa -  la giurisprudenza talvolta fa discendere dal loro esercizio effetti sulla commisurazione della pena, sulla concessione delle attenuanti e sulla riparazione per ingiusta detenzione"; pertanto auspica che " si chiarisca che nella commisurazione della pena e nella concessione delle attenuanti non possono essere tratte conseguenze dal silenzio " e che "sia specificato all’articolo 314 del codice di procedura penale che la condotta dell'indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita". Intanto però ieri le votazioni su entrambi i pareri di recepimento sono state rimandate alla prossima settimana, perché il Governo ha concesso ai partiti, rispetto alla scadenza dell'8 ottobre, ancora qualche giorno per mettersi d'accordo.

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