Intesa tra i partiti sul decreto che frena le indagini- show

 di Valentina Stella Il Dubbio 21 ottobre 2021


Dopo non pochi sforzi di mediazione ieri finalmente le commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno approvato i pareri sul decreto legislativo che rafforza la presunzione d’innocenza ( e attua così la direttiva Ue in materia). A Montecitorio tutti favorevoli, FdI inclusa, fatta eccezione per L’alternativa c’è. A Palazzo Madama voto unanime. Cosa cambia rispetto al testo uscito dal Consiglio dei ministri? Nei casi di «particolare rilevanza pubblica dei fatti» rimane la possibilità di indire, da parte del procuratore capo o di un pm da lui delegato, conferenze stampa, ma la decisione di convocarle «deve essere assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano». Idem dicasi per la comunicazione della polizia giudiziaria: se non si chiede di eliminare, rispetto al testo originario, la previsione secondo cui «il procuratore può autorizzare gli ufficiali di polizia a fornire, tramite propri comunicati oppure proprie conferenze stampa, informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato», tuttavia – e questa è la novità – «l’autorizzazione è rilasciata» anche qui «con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse». Inoltre si deve «prevedere un procedimento più snello per la correzione dell’errore in riferimento alla salvaguardia della presunzione d’innocenza».


Un ulteriore aspetto molto importante è che «sia specificato all’articolo 314 del codice di procedura penale che la condotta dell’indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita».


Il relatore in commissione alla Camera Enrico Costa ( Azione, + Europa) aveva presentato la scorsa settimana un parere che imponeva una stretta più severa sui rapporti tra stampa e pm, eliminando


la facoltà di tenere conferenze stampa. Tuttavia si dice «contento che il lavoro e l’impegno abbiano portato a una condivisione». E aggiunge: «Il procuratore non potrà più svegliarsi la mattina e convocare i giornalisti, perché ci vuole un interesse pubblico, senza il quale deve limitarsi al comunicato». Bilancio positivo anche per Catello Vitiello ( Iv): «È un passaggio importante: tutti insieme abbiamo ribadito che i processi si fanno nelle Aule dei Tribunali e non sui media». Si dice «soddisfatto» anche il dem Alfredo Bazoli: «Abbiamo sempre lavorato per trovare l’unità nella maggioranza. Il parere è condivisibile e sono state fatte osservazioni che noi riteniamo utili. Siamo contenti di essere riusciti a far convogliare tutta la maggioranza su un parere relativo a un principio importante». Gli fa eco Anna Rossomando, che del Pd è la responsabile Giustizia: «Siamo soddisfatti che sia stata votata all’unanimità la formulazione su cui abbiamo lavorato. Un testo condiviso a sostegno dei principi che i processi si celebrano nei tribunali con le relative garanzie, non nelle piazze mediatiche, e che al contempo va tutelata la libertà di stampa al servizio del diritto dei cittadini a essere informati. Quando si lavora nel merito delle questioni senza forzature e paletti, le soluzioni si trovano. Questo è stato ed è il metodo del Pd». Per Federico Conte, deputato di Leu, si tratta di uno «stop alla gogna mediatica». L’unica forza a dire no al parere è stata L’Alternativa c’è, rappresentata in commissione alla Camera da Andrea Colletti: «Dopo la legge che per accorciare i processi li condanna a morte sotto la scure dell’improcedibilità, ecco che governo e maggioranza danno il via libera pure al bavaglio per i magistrati. Solo noi ci siamo opposti, neppure quel Movimento 5 Stelle che è sempre più supino ai diktat di Draghi», ha affermato.


Quello della presunzione d’innocenza è un tema molto caro alla guardasigilli Marta Cartabia: lo aveva citato alle Camere nell’illustrazione delle sue linee programmatiche. Ma il via libera di ieri su un parere che promuove in gran parte il testo di via Arenula è stato preceduto da un percorso difficile, con un doppio rinvio del voto perché le forze di maggioranza erano spaccate: da un lato Pd e M5S, dall’altro tutte le altre. L’ultima impasse si era registrata mercoledì della scorsa settimana, quando il banco era saltato all’ultimo. Da lì un lavoro di restyling al testo Costa, fino


a ieri, quando, dopo una serie di riunioni dei partiti con il sottosegretario Francesco Paolo Sisto, si è giunti alla mediazione. «Le modifiche su cui si è raggiunta l’intesa», commenta proprio Sisto, «consentono alla presunzione di non colpevolezza di essere maggiormente determinata per effettività e garanzia». Rivendica l’opera di sintesi condotta per l’esecutivo: «Il governo delle competenze ha colpito ancora», dice. E aggiunge: «L’obbligo di motivare scelte più invasive, come la conferenza stampa, mostra come, in difesa dei principi costituzionali, anche partiti con impostazioni diverse possano trovare un punto d’intesa».


Seppur non vincolanti, i pareri non potranno essere ignorati dal governo quando dovrà emanare ( entro l’ 8 novembre) i decreti attuativi in via definitiva: sarebbe uno sgarbo istituzionale, soprattutto alla luce degli sforzi che i partiti hanno fatto per rinunciare a parte delle loro pretese. Resta un filo d’incognita sulle conseguenze pratiche delle nuove norme. Sisto si dice convinto che «col provvedimento integrato in modo identico nelle due commissioni Giustizia, la notizia dovrà necessariamente accompagnarsi a una attenta riflessione e a una valutata necessità della sua diffusione». Ma siamo sicuri che la magistratura requirente non agirà dietro le quinte per frenare le modifiche?

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