Intervista a Luigi Manconi sul caso Lucano
di Angela Stella Il Riformista 7 ottobre 2021
Oggi
pomeriggio alle 17:30 a piazza Montecitorio a Roma, su impulso di Eugenio
Mazzarella, Luigi Manconi, Riccardo Magi, Sandro Veronesi, si terrà una
manifestazione dal titolo "Modello Mimmo. L'abuso di umanità non è
reato". L'iniziativa è sostenuta anche da Open Arms, Sea-Watch,
Mediterranea, Io Accolgo, Ero Straniero insieme a nomi eccellenti come Massimo
Cacciari, Dacia Maraini, Maurizio de Giovanni, Erri De Luca, Ascanio Celestini,
Luigi Ferrajoli, Vinicio Capossela, Pierfrancesco Favino, e molti altri. Gli
stessi organizzatori hanno fatto da pochi giorni partire anche una raccolta
fondi (A Buon Diritto Onlus, Banco di Sardegna, Causale: “Per Mimmo” IBAN: IT55E0101503200000070333347) per il risarcimento di oltre 700 mila euro a cui è stato
condannato Mimmo Lucano insieme ad altri imputati. Di tutto questo parliamo
proprio con il professore Luigi Manconi, già docente di Sociologia dei fenomeni
politici, e già presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del
Senato.
Professore perché questa manifestazione?
Abbiamo
avvertito una domanda di mobilitazione diffusa da parte di persone le più
diverse, sorprese e scandalizzate in particolare per l'entità così
sconsideratamente sproporzionata della pena inflitta a Mimmo Lucano; e, direi
ancor più, per quella imputazione di associazione a delinquere che rischia di
ridurre iniziative civili e politiche a fattispecie penale. Questo sentimento
si è manifestato non solo attraverso canali tradizionali come Repubblica o il manifesto ma ha coinvolto in maniera davvero notevole una testata come Avvenire
e i suoi lettori. Per tutto questo abbiamo pensato che fosse utile creare un
momento di aggregazione pubblica e visibile. Molto importante è anche la
raccolta di fondi a livello nazionale partita da qualche giorno per coprire la
sanzione pecuniaria inflitta a Lucano e ad
altri imputati. Se in Appello o in Cassazione venissero
assolti o se la sanzione venisse ridotta, destineremo i fondi raccolti a
progetti di accoglienza nelle stesse zone della Calabria dove è sorto il
modello Riace. Per assicurare trasparenza
all'uso di questo denaro abbiamo appena costituito un comitato così formato:
Marco Tarquinio, Gherardo Colombo, Armando Spataro, l'avvocato Cesare Manzitti
e il commercialista Cesare Fragassi.
Con questa sentenza la magistratura continua a
fare politica?
Secondo me più
che mai. Userei una formula appena diversa dalla sua: non è il 'fare
politica' classico, è piuttosto
'l’affermare una ideologia'. Ovvero la trasmissione di una concezione, di un sistema di idee e
di categorie che hanno per oggetto le
politiche per l'immigrazione. Si è voluto stabilire cioè che la politica dell’accoglienza,
perseguita dall'amministrazione di Riace, dovesse essere respinta e pesantemente
sanzionata a vantaggio, di conseguenza, di una concezione opposta di tipo tutto
formalistico-istituzionale tendenzialmente autoritaria. D’altra parte, ho letto la strabiliante intervista rilasciata qualche giorno fa a La
Stampa dal procuratore di Locri Luigi D'Alessio. Vi si leggono affermazioni
che oscillano tra l’eccentricità e il temerario: “Lucano è una delle
persone più potenti che abbia conosciuto”. E poi: “Sono progressista” e “la
legalità è un valore di sinistra”. Immagino che saranno contenti tutti coloro
che (magistrati compresi), per una ragione o per l’altra, non sono di sinistra.
E ancora: non sono state concesse le attenuanti a Lucano a causa del rifiuto di
farsi interrogare “opponendo un atteggiamento ostruzionistico”. Come si vede,
una illuminante interpretazione del concetto di ‘giusto processo’. C’è da
restare sbigottiti: quale idea di garanzie della difesa viene coltivata in
quella procura?
A proposito di magistratura, cosa ne pensa delle
diverse posizioni, sempre sul caso Lucano, prese dall'Anm
("un’inaccettabile mancanza di senso istituzionale" l’attacco
«mediatico» nei confronti dei magistrati di Locri) e Magistratura Democratica
con il Segretario Stefano Musolino (le sentenze si possono criticare e la pena
è eccessiva)?
Le affermazioni
del dottor Musolino mi sembrano di palese buon senso, condivise dallo
stesso Giancarlo Caselli, che non è certo un garantista peloso, anzi, e che
vede tuttavia in questo dibattito interno alla magistratura un segnale di
vitalità. Forse. Ma, in ogni caso, ritengo
positivo che una parte della magistratura possa rivendicare il diritto a non
essere una corporazione autoreferenziale, appunto come dice Musolino; e che, come dovrebbe essere acquisizione condivisa, le sentenze dei tribunali possono essere, serenamente o
meno, sempre discusse.
Cosa pensa invece di quanto detto dal presidente dell'Unione Camere
Penali Caiazza sempre su Lucano: "Il valore etico e morale della condotta
di Lucano è tale da non poter divenire oggetto di un burocratico giudizio di
conformità alla legge. Ma se le cose stanno così - e temo che stiano così -
ecco emergere la vera natura e la vera matrice ideologica di questo pur
legittimo fronte innocentista, che non ha nulla a che fare con il tema delle
garanzie difensive, della presunzione di colpevolezza, del diritto al giusto ed
equo processo"?
È un
ragionamento teoricamente condivisibile. Tuttavia si rischia, anche in
questo caso, di fare di tutta l'erba un fascio. Io ho sentito critiche molto
pesanti a quella sentenza anche da parte di numerosi, sì numerosi, magistrati.
In particolare su tre elementi: l'entità della pena,
l'imputazione di associazione a delinquere, l'esclusione delle attenuanti - non
dico di quelle per il particolare valore
sociale e morale - ma anche di quelle
generiche. Il tutto rivela un vero e proprio accanimento giudiziario. Poi ci
saranno anche coloro che criticano la sentenza in base a una presunzione di
innocenza fondata sulla valutazione della finalità
filantropica del reato commesso. Ma
insisterei, piuttosto, su un punto critico, che costituisce una tendenza
davvero perniciosa: la facilità e la rapidità con la
quale si qualificano come reati tutta una serie di atti che andrebbero valutati,
invece, sotto il profilo amministrativo e civilistico.
Riemerge il solito dibattito, sulla scia del caso
Morisi e poi di quello Lucano, dei politici garantisti solo con gli amici.
È un dibattito che ormai mi annoia e non suscita più in me il minimo
interesse. È un dato scontato che la tendenza prevalente
sia quella di esercitare il poco, o pochissimo,
garantismo di cui si dispone solo a tutela degli amici e non certo degli
avversari. A questo posso aggiungere solo una modesta glossa: da militante di
sinistra non posso non osservare che nella mia parte politica qualche dozzina
di persone sennate esercitano il garantismo a tutela dei propri sodali e dei
propri avversari. Ma ce ne fosse uno, anche uno solo, nel campo della destra,
che faccia altrettanto. E che, oltre a tutelare i diritti, come è giusto, di Silvio
Berlusconi e - mi voglio rovinare, di Matteo Salvini - proteggesse anche i
diritti dei migranti, dei tossicomani e delle
persone detenute.
Commenti
Posta un commento